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lunedì 26 novembre 2012

LA TRAGEDIA DELL'ILVA ...TARANTO

L’Ilva: «Chiude Taranto»
Doria: «Scenario drammatico»

26 novembre 2012 Taranto - A quattro mesi esatti dal sequestro degli impianti della più grande acciaieria europea, esplode la bomba Ilva: l’azienda, dopo l’ennesimo provvedimento giudiziario nei confronti dei vecchi e nuovi vertici e il sequestro di tutti i prodotti «finiti e semilavorati», annuncia la chiusura «immediata e ineluttabile» dello stabilimento. Con la conseguenza che a partire da stasera 5mila operai rimarranno a casa: il badge per accedere in azienda è già stato disabilitato.
E, a questo punto, pare anche difficile che il governo possa risolvere la questione in tempi brevi, nonostante la convocazione per giovedì a Roma delle parti sociali e delle istituzioni locali. Ora bisognerà vedere come reagirà la città alla decisione dell’azienda che, di fatto, la mette in ginocchio: lo spettro è quello di un’apocalisse occupazionale che coinvolgerebbe, compreso l’indotto, non meno di 12 mila lavoratori.
Il primo segnale che arriva dai sindacati non è incoraggiante: «l’atteggiamento ricattatorio non esiste - dice la Fiom - Invitiamo i lavoratori che devono finire il turno a rimanere al loro posto e quelli che montano domani mattina di presentarsi regolarmente». E non è affatto escluso che nelle prossime ore la situazione possa precipitare. La Confindustria evidenzia che con la chiusura dell’Ilva i costi per la collettività, tra Cassa Integrazione, Imposte ed Oneri Sociali, «saranno pari a quasi un miliardo di euro l’anno».
A far saltare il tappo, le due ordinanze di custodia cautelare e il decreto di sequestro preventivo - con contestuale iscrizione nel registro degli indagati dell’attuale presidente Bruno Ferrante e del direttore dello stabilimento Adolfo Buffo, per non aver rispettato quanto disposto dall’autorità giudiziaria - emessi dal Gip di Taranto che ha accolto buona parte delle richieste della procura.
Complessivamente sono sette le persone destinatarie dei due provvedimenti: le accuse, diverse da indagato a indagato, vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione in atti giudiziari, alla concussione: in carcere vanno il vicepresidente del gruppo Riva Fire, Fabio Riva, che non è ancora stato rintracciato, l’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso e l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, l’uomo che - secondo l’accusa - aveva intessuto una fitta rete di rapporti con politici, sindacalisti e funzionari degli enti locali, primo tra tutti il presidente della Regione Nichi Vendola.
E proprio del governatore, sostiene il Gip, sarebbe la «regia» messa in piedi per «far fuori» il direttore dell’Arpa (Agenzia regionale di protezione ambientale) Puglia Giorgio Assennato, il funzionario sgradito all’Ilva per aver firmato una relazione sul rapporto tra livelli d’inquinamento e produzione dello stabilimento.
«Mai fatto pressioni - ha replicato in serata Vendola - ho operato per la massima tutela dell’ambiente e con cautela per evitare quello che purtroppo stiamo per vedere nelle prossime ore». Ai domiciliari vanno invece Emilio Riva e l’ex perito del tribunale di Taranto Lorenzo Liberti che avrebbe intascato una mazzetta da 10mila euro da Archinà per ammorbidire una perizia sulle fonti dell’inquinamento.
«Al di là dei dati tecnici e giuridici - dice il procuratore di Taranto Franco Sebastio - in questo procedimento viene alla luce chiaramente che il diritto alla vita e alla salute non accetta compromessi di sorta e tutti devono cedere il passo. Anche il diritto al lavoro». E per far capire quanto, a quelli dell’Ilva, poco interessi del diritto alla vita, il procuratore cita un’intercettazione tra Fabio Riva e uno degli avvocati dell’Ilva in cui il primo dice al secondo: «due casi di tumore in più all’anno? una minchiata».
Arresti domiciliari anche per l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva e per l’ingegner Carmelo Dellisanti, titolare di una società di consulenza: il primo avrebbe favorito il secondo, imponendo di trattare con lui a tutte quelle aziende che si rivolgevano all’assessorato per ottenere un’autorizzazione ambientale.
Il provvedimento più grave, però, quello che ha fatto saltare in aria tutto provocando la reazione immediata dell’azienda, è stato il decreto con cui il gip dispone il sequestro preventivo dei prodotti «finiti e semilavorati», vietandone la commercializzazione e, anche, il trasferimento negli altri stabilimenti del gruppo. «È evidente che se continuassero a produrre altri beni - mette subito in chiaro Sebastio - verranno bloccati anche quelli».
L’azienda replica nella maniera più dura: il decreto di sequestro è in contrasto con la nuova Aia ministeriale e, dunque, lo impugneremo. In attesa della decisione del Riesame, però, «ottempererà all’ordine del gip» e questo comporterà «in modo immediato e ineluttabile» l’impossibilità di vendere i prodotti e, «di conseguenza, la cessazione di ogni attività nonchè la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono da quello di Taranto».
La palla passa ora al governo, che si trova a dover affrontare una situazione tutt’altro che semplice. Anche perché è sempre più evidente il contrasto tra il ministro dell’Ambiente Corrado Clini e la procura tarantina. «L’intervento di oggi della magistratura - dice non a caso - chiude le lavorazioni a valle. A questo punto si crea una situazione di blocco degli impianti e, per questo, in conflitto con l’Aia. Io non ho aperto conflitti con la magistratura, sto cercando di capire se la magistratura li ha aperti con noi». Parole che non disinnescano la bomba né forniscono una soluzione ai 5mila operai da stasera a casa e ad una città che non può esser costretta a scegliere se morire di malattia o di lavoro.
Grondona: «Rischia anche a Genova»

E con la chiusura dell’impianto a freddo rischiano di restare a casa, a cascata, i circa 2.500 lavoratori degli stabilimenti Ilva di Genova, Novi Ligure e Marghera per un totale di 7.500 lavoratori, oltre il 20% degli occupati nel settore dell’acciaio in Italia.
Lo ha sottolineato il segretario della Fiom di Genova, Francesco Grondona, commentando la nota dell’Ilva di Taranto che annuncia la chiusura dello stabilimento tarantino.
«Senza Taranto, Genova ha un’autonomia di quattro giorni - ha spiegato -. Aspettiamo per capire meglio quanto sta accadendo, ma una cosa è certa: non saremo gli agnelli sacrificali di nessuno. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di chiusura. Se così fosse, allora muoia Sansone con tutti i filistei».
Nel frattempo, Genova si accinge a vedere in piazza domani, in occasione dello sciopero unitario dei metalmeccanici, un corteo dei lavoratori di Ansaldo Energia. Raggiungeranno la sede del Consiglio regionale, dove è prevista una riunione straordinaria congiunta dei consigli comunale e regionale.
Il governo in serata ha convocato per giovedì prossimo alle 15 a palazzo Chigi le parti sociali e le istituzioni locali per discutere del dossier Ilva. È quanto riferisce l’Ufficio stampa attraverso twitter.
fonte: IL SECOLO XIX

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