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martedì 27 marzo 2012

LIBRI...IL SOTTOBOSCO...

Il sottobosco. Berlusconiani, dalemiani, centristi. Uniti nel nome degli affari
Un libro di Claudio Gatti Ferruccio Sansa , edito da Chiarelettere, 2012

Descrizione
I due autori vanno dritti al cuore del problema: gli affari della politica, che non hanno colore e se ne infischiano delle ideologie. Tutto comincia dalle incredibili convergenze tra Berlusconi e D'Alema, dalla famosa Bicamerale fino ad arrivare ai loro scudieri, De Santis e Dell'Utri. Le intercettazioni e gli atti di diverse indagini consentono di ricostruire i legami e gli incroci tra schieramenti opposti. Anche la prostituzione non ha colore: Tarantini procura donne al Cavaliere dopo averlo fatto per gli uomini del "cerchio magico" di D'AIema. Ma le combinazioni sono tante. Da Pranzato a Monchini e Lazzarini fino allo scandalo Enav, passando sempre per Italbrokers, il più grande broker assicurativo italiano. Naturalmente non poteva mancare lui, l'onnipresente Bisignani, amico di tutti e infaticabile manovratore. Gli autori non fanno sconti a nessuno. Ecco il sottobosco italiano, dalle seconde e terze linee, quelle che contano davvero e decidono dove la politica deve andare.
fonte qui

DAL SOLE 24 ORE
Pubblichiamo di seguito un estratto del libro Il Sottobosco da oggi disponibile nelle librerie
L'affare del petrolio venezuelano
... Figlio di un falegname di Martano, in provincia di Lecce, De Santis entra giovanissimo in politica. «Avevo tredici anni quando morì mio padre. Famiglia di artigiani, entrai nella Lega delle cooperative. Nel mio comune, Martano, sono stato anche assessore. Pci, 1989. Tessera nel portafoglio. Ma finiti il Pci, il Pds, i Ds, ho chiuso con la militanza» ha spiegato in una lunga intervista concessa il 30 settembre 2011 a Guido Ruotolo de «La Stampa».
Si definisce imprenditore. E ha uffici di rappresentanza nel cuore di Roma, in via del Conservatorio (anche se continua a recarsi spesso in Puglia, dove risiede la sua famiglia). Ma quale sia la sua impresa non è chiaro. A noi lo spiega così: «Sono una persona nata professionalmente nell'ambito del settore commerciale, della promozione, del marketing, delle relazioni istituzionali. E il settore commerciale è fatto di relazioni, di ricerca di possibilità di lavoro». Insomma, fa affari. Per lo più legati a permessi e concessioni pubbliche nei campi più svariati. Ultimamente si è concentrato sulle cosiddette energie alternative: biomasse, eolico, fotovoltaico. Ma si occupa anche di petrolio e gas...
... Il suo rapporto con D'Alema, ci spiega, nasce nella seconda metà degli anni Settanta, quando da Roma il Pci invia D'Alema a Bari a fare il segretario regionale. «Io ero iscritto all'università a Bari e militavo nel partito barese. Da lì si cementa un'amicizia». Nella citata intervista a «La Stampa», De Santis è andato oltre, definendo D'Alema «qualcosa di più di un semplice amico: Massimo, per me, è un fratello maggiore».
Quest'intimità con l'ex ministro degli Esteri diessino non ha in alcun modo impedito la costruzione di un rapporto con Marcello Dell'Utri, l'uomo che più di ogni altro in Italia rappresenta le viscere del berlusconismo...

E sullo sfondo altre due figure-chiave

Il faccendiere delle 'ndrine Aldo Micciché
... Micciché è un vecchio democristiano reggino riuscito in qualche modo a farsi notare sulla scena politica romana degli anni Settanta e Ottanta dopo il trasferimento nella capitale. Di quel suo periodo ama ricordare l'impegno editoriale: «Io sono un giornalista. E tanti se lo ricordano, visto che dirigevo la Montecitorio, l'agenzia di cui ero proprietario» ha dichiarato al «Corriere della Sera» il 12 aprile 2008.
A Roma chi si ricorda ancora di lui rammenta piuttosto il suo ruolo di gestore-cerimoniere di 31 al Vicario, un ristorante vicino a Montecitorio frequentato dai politici. «Viveva ai margini della Dc romana. Ma il ristorante era un punto di ritrovo di parlamentari e quindi conosceva molta gente di quel mondo» dice un ex politico reggino che chiede l'anonimato.
Di fatto Micciché non riesce a sfondare né come giornalista, né come ristoratore, né tantomeno come politico, anche perché una serie di procedimenti giudiziari per bancarotta e millantato credito lo spinge alla latitanza in Venezuela. Ma a noi interessano i suoi legami con la criminalità organizzata, e in particolare il suo rapporto con una delle maggiori cosche mafiose della sua zona natale, la 'ndrina dei Piromalli-Molé...

De Caro, l'ex comunista in cerca di una collocazione
... Prima di entrare nel vivo della vicenda del petrolio venezuelano dobbiamo aggiungere un ultimo tassello al nostro mosaico: Marino Massimo De Caro, nato a Orvieto, ma di origini pugliesi. Uomo polivalente – bibliofilo, politico, manager e console onorario (seppur di un «non paese» quale la Repubblica democratica del Congo) – De Caro è a strettissimo contatto con tutti e tre gli altri protagonisti di questa vicenda...
... De Caro ha poi un rapporto professionale con De Santis attraverso la Avelar, una società ginevrina controllata dall'oligarca russo Viktor Vekselberg, magnate dell'alluminio e del petrolio e uno degli uomini più ricchi della Russia putiniana. Avelar si occupa di fonti energetiche, dai combustibili tradizionali (petrolio, gas) alle energie alternative (solare, eolico). De Caro ne è vicepresidente-consulente, mentre De Santis siede nel suo consiglio di amministrazione....


IN LIBRERIA
Il grande male italiano
La politica degli affari e gli affari della politica, un intreccio di interessi che raramente emerge, ma che condiziona in modo decisivo la vita del nostro Paese: ecco il sottobosco, il cuore politico-economico dove il business è tale indipendentemente dal partito di appartenenza, e l'interesse
di pochi, i soliti, piega l'interesse generale.
Esemplare l'affare del petrolio venezuelano che nel volume viene ricostruito con tutte le connessioni nei diversi schieramenti politici.
Claudio Gatti, giornalista del Sole 24 Ore, e Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano, provano a spiegare come D'Alema e Berlusconi – due politici apparentemente schierati uno contro l'altro – in realtà alimentino un nucleo di potere che da vent'anni incombe sull'Italia
Le regole del merito e della sana competizione sono falsate e i grandi investimenti con risorse pubbliche decisi senza garanzie di trasparenza. Nessun rilancio – sostengono gli autori – sarà possibile finché al potere rimarranno gli uomini del sottobosco

domenica 5 febbraio 2012

FONDAZIONE ITALIANIEUROPEI


LA FONDAZIONE
Italianieuropei, una via pubblico-privato per le grandi opere

Una via allo sviluppo delle infrastrutture in Italia «tra opportunità per la finanza privata e ruolo dell' azione pubblica». La cercano i principali operatori e la sostiene la Fondazione Italianieuropei che al tema ha dedicato ieri il primo seminario a Milano (dopo la grande kermesse di settembre a Sesto San Giovanni) in occasione dell' inaugurazione del nuovo centro della Fondazione in Corso Italia. Il think tank creato da Massimo D' Alema e Giuliano Amato ha ospitato un confronto sulla crisi delle infrastrutture a più voci, animato da manager (Vito Gamberale, presidente del Fondo 2i, Maurizio Basile, amministratore delegato di Adr, Stefano Parisi amministratore delegato di Fastweb), politici (il viceministro dei Trasporti Cesare De Piccoli, Maurizio Lupi, responsabile infrastrutture Forza Italia e il presidente della provincia di Milano, Filippo Penati) e uomini della finanza milanese (tra gli altri Francesco Mengozzi direttore infrastrutture di Lehman Brothers e il presidente del fondo Classidra, Claudio Sposito). A fare gli onori di casa il responsabile della Fondazione Carlo Cerami.

Pagina 39
(10 luglio 2007) - Corriere della Sera

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DAGOSPIA
FONDAZIONI CON DOPPIOFONDO? - A COSA SERVONO TUTTI QUESTI THINK TANK DE' NOANTRI, A RACCOGLIERE LE IDEE O A RAGGRANELLARE I SOLDI? - DA FINI A MATTEOLI, DA BASSANINI A LUPI E SOPRATTUTTO LA MITOLOGICA ITALIANIEUROPEI DEL MAGO DALEMIX: SOLDI & PENSIERO MA NIENTE DOMANDE (GRAZIE ALLA PRIVACY) - L’ULTIMO NUMERO DELLA RIVISTA DALEMONA CONTIENE 16 PAGINE DI PUBBLICITÀ DA COLOSSI COME ENI, ENEL, SKY, MPS, BARCLAYS, ALLIANZ, FINMECCANICA (NON MANCA MAI), LOTTOMATICA…


Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"


MASSIMO DALEMA Italianieuropei ha aperto la strada, nel 1998. Allora non fu notato il ricorso alla forma giuridica della fondazione. Si celebrava la nascita dei cosiddetti "pensatoi". I partiti non erano più giudicati in grado di produrre contenuti politici "alti", e per primi Massimo D'Alema e Giuliano Amato si inoltrarono lungo gli eleganti viali dei pensosi convegni, sempre trasversali, possibilmente internazionali. L'idea è piaciuta, e vedremo perché.

Oggi ci sono più fondazioni che partiti. Gianfranco Fini, prima di uscire dal Pdl si era dotato di FareFuturo. L'ex presidente del Senato Marcello Pera aveva costituito Magna Carta (senza h), oggi passata al suo ex delfino Gaetano Quagliariello. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha dato vita alla Fondazione per la libertà per il bene comune, il cui membro più noto, oltre al presidente, è il tesoriere Giovanni Battista Papello. Poi c'è Riformismo e libertà di Fabrizio Cicchitto e Gianstefano Frigerio, protagonista quest'ultimo, suo malgrado, dell'inchiesta Mani Pulite.


MAURIZIO LUPI In area Pd ci sono anche Astrid, di Franco Bassanini e Gianclaudio Bressa, e Democratica, di Walter Veltroni. Al centro c'è Liberal, la fondazione di Ferdinando Adornato che pubblica l'omonimo quotidiano, in area Udc. A destra c'è la fondazione Free del ministro Renato Brunetta: notevole il titolo, nella home page del sito, "Ieri pomeriggio sono stato insultato".


Bassanini
E c'è Costruiamo il futuro di Maurizio Lupi, che per il mese di luglio segnala un solo evento, il "Brianza Blues Festival". Per non dimenticare l'imperdibile Fondazione Cristoforo Colombo, fondata e presieduta (forse) da Claudio Scajola, che sulla home page ci regala il seguente intervento: "La giustizia italiana tanto diversa dalla francese e americana". Eh sì.


GAETANO QUAGLIARIELLO
Sul sito della dalemiana Italianieuropei si legge che "la Fondazione ha svolto il proprio programma in condizioni di indipendenza e autonomia grazie a donazioni private e contributi di imprese e associazioni". Una frase non logica. Sarebbe meglio dire "nonostante le donazioni private di potenti finanzieri come Diego Della Valle, Francesco Micheli e Carlo De Benedetti e contributi di imprese come la Philip Morris, l'Alitalia, la Pirelli".



Questi nomi si possono ricostruire attraverso gli archivi del passato perché oggi Italianieuropei non pubblica l'elenco dei contributi ricevuti. Come ha scritto D'Alema ieri al Fatto, "dai finanziamenti si potrebbe desumere l'orientamento di chi ha elargito il contributo".

Apparentemente si tratta di una interpretazione eccentrica della legge sulla privacy, per cui si è obbligati a rendere pubblici i propri finanziamenti a un partito, ma si ha diritto alla riservatezza quando si finanzia una Fondazione, perché l'azione rischia di disvelare un dato sensibile come l'orientamento al pensiero.


WALTER VELTRONI La questione è semplice: sulle fondazioni non c'è alcun obbligo di pubblicità di niente. Devono solo registrare in prefettura atto costitutivo e statuto. Perciò Magna Carta rende noto di sua iniziativa, fregandosene della privacy dei donatori, di campare anche grazie a Francesco Bellavista Caltagirone, British American Tobacco, Mediaset, Finmeccanica, Wind.


FONDAZIONE ITALIANIEUROPEI
E quando D'Alema scrive al Fatto che "bilancio e dati relativi saranno resi pubblici in base alle procedure previste dalla normativa vigente" dice in realtà che nulla sarà reso pubblico di Italianieuropei. Questa è vera privacy. Di cui è facile capire il prezioso valore.


LA RIVISTA ITALIANIEUROPEI
Basta guardare l'ultimo bilancio noto di Solaris, la società di Italianieuropei che pubblica riviste e libri, obbligatoriamente pubblicato. Nel 2009 ha incassato 582 mila euro di pubblicità, 74 mila euro dagli abbonamenti e 32 mila euro dalle vendite in libreria. L'ultimo numero della rivista Italianieuropei conteneva 16 pagine di pubblicità provenienti da svariate cooperative, tra cui la Cmc, quella della Tav in Val di Susa, e colossi come Eni, Enel, Sky, Montepaschi, Barclays, Allianz, Finmeccanica (non manca mai), British American Tobacco, Allianz, Lottomatica.

Non manca più nessuno, come nella canzoncina dei liocorni. Sarà tanta corale partecipazione a garantire l'equilibrio, e quindi indipendenza e autonomia.