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sabato 19 ottobre 2013

PREVISIONI...

Sono dovuti passare venti anni prima che Silvio Berlusconi venisse condannato in via definitiva. Non è la fine della crisi di un paese che è considerato tra i più belli del mondo, ma la conferma di un fallimento politico ed economico.

Italia, un paese senza futuro


Frankfurter Allgemeine Zeitung
Sono dovuti passare venti anni, prima che Silvio Berlusconi venisse condannato in via definitiva. Non è la fine della crisi di un paese che è considerato tra i più belli del mondo, ma la conferma di un fallimento politico ed economico.
“Guarda cosa è diventata l’Italia!”. Questa esclamazione, pronunciata a tavola durante una normale e pacata cena tra conoscenti, ricorda le solite esclamazioni nostalgiche delle persone di una certà età, che tendono a idealizzare i bei tempi della gioventù.  ”Una volta la televisione  trasmetteva, in prima serata, spettacoli teatrali ogni settimana e il responsabile artistico era Andrea Camilleri. Poi trasmettevano anche concerti e documentari. E adesso? La Rai non offre niente altro che pubblicità, ragazze seminude e talk show colorati da urla e liti.” La denuncia arriva dal presidente di una prestigiosa accademia del Nord Italia. La moglie gestiva una farmacia, entrambi sono benestanti, con appartamento in città, casa per il fine settimana e possibilità di viaggiare molto. Effettivamente potrebbero essere soddisfatti dei risultati raggiunti nel corso della loro vita e lamentarsi, come accade ovunque, del livello dei mezzi di comunicazione. Poi però il dirigente dell’accademia mi parla di sua figlia. Si è laureata in lettere e giurisprudenza con il massimo dei voti, ma non trova lavoro. Attualmente lavora in un call center. Se decide di prendere in affitto un appartamento di second’ordine in un triste sobborgo di Milano, il padre deve intervenire e farle da garante all’atto della firma del contratto, per una cifra esorbitante. Matrimonio? Nipoti? La figlia, dice tristemente l’uomo, si limita a scuotere il capo: non riesce nemmeno a mantenere se stessa. E’ chiaro che è lui che deve ancora mantenerla. “Presto, mia figlia compirà quaranta anni. Che razza di paese abbiamo lasciato ai nostri figli?”
Via dal paradiso
Storie simili nell’Italia di Berlusconi se ne possono raccontare a bizzeffe. Si potrebbe parlare di una ragazza di talento, con laurea in architettura di interni, che nonostante i suoi trentacinque anni vive ancora con i genitori e che, anche dopo aver inviato centinaia di domande di assunzione, non può che sperare in un lavoro come commessa in un mobilificio. O di studenti in università sovraffollate e fatiscenti che regalano al paese la più alta densità al mondo di avvocati e architetti – e allo stesso tempo uno dei più alti tassi di disoccupazione giovanile. Il figlio di un’amica ha una laurea in ingegneria, ma non vuole emigrare, e ora sta lavorando come skipper, con grande soddisfazione, in una scuola di vela per turisti . Prima di tutto – emigrare! Questa parola compare sempre più spesso nelle conversazioni sulla politica, sul lavoro, sui sistemi sociali, proprio nel paese più bello del mondo, che ha dato all’umanità l’arte più splendida, il cibo più squisito, i vestiti più eleganti, il design più raffinato. Su qualsiasi pianeta, questo paradiso dovrebbe spiccare luminoso come un faro sulla roccaforte del saper vivere, ma la gente vuole emigrare.
 La famiglia è l’ultimo collante
C’è, per esempio, una coppia di sposi, li chiameremo Silvia e Paolo, che in realtà dovrebbero appartenere alla élite creativa: lei lavora come avvocato occupando un’alta posizione nella guardia di finanza, mentre lui disegna mobili, allestisce musei. Silvia non ne può più, da quando è stata trasferita in un’altra città. Lì ci sono molti finanzieri che arrotondano lo stipendio impartendo lezioni semi-legali sull’evasione fiscale a quegli imprenditori che in realtà dovrebbero controllare. Lo stesso capo-pattuglia è stato accusato di frode, ma ha goduto dell’immunità in quanto deputato di Berlusconi – e continua a detenere un certo potere sulla sua clientela. “Queste persone”, ha detto Silvia, “sono ovunque, si sono ramificate nello Stato infiltrandosi nelle istituzioni.” Chi si mette per traverso a questo flusso di soldi illegali, può andare incontro a problemi, può essere vittima di mobbing, essere trasferito d’ufficio, o trovarsi addosso una denuncia anonima. Silvia dorme poco, ma ha bisogno di tutte le sue forze per i due bambini piccoli. Paolo è ora alla ricerca di una scuola internazionale, così almeno i figli potranno coltivare il proprio talento fuori dall’Italia. Giudica l’istruzione pubblica pessima; si deve pagare da sé le lezioni di lingue straniere, la specializzazione e il soggiorno all’estero. La sua azienda se la cava ancora abbastanza bene nonostante la crisi, ma spesso deve darsi da fare per dodici ore al giorno, viaggiare molto e trovare nuovi contatti di lavoro. Tuttavia, la maggior parte degli ultimi concorsi si sono già conclusi.   “La generazione dei nostri genitori”, dice Paolo, “poteva benissimo vivere con questo titolo di studio e relativa collocazione nel mondo del lavoro, potevano permettersi di comprarsi un appartamento al mare, andare al ristorante due volte alla settimana.” Lui e Silvia se la cavano appena. Ora i suoi genitori si sono ammalati, sono completamente esauriti, perché durante tutti e tre i mesi di vacanze estive hanno dovuto correre di qua e di là per andare a prendere i bambini da una famiglia all’altra, per occuparsi dei nipoti. Per quanto riguarda gli asili nido, scuole a tempo pieno, centri estivi, se la Germania si colloca ben alle spalle della Francia e della Svezia – proprio nella cattolica Italia, sembra che per le famiglie, soprattutto per le donne, le cose vadano molto peggio. è come se l’intero paese dipendesse dal denaro, dalle qualifiche, dalle case di proprietà, dalle pensioni e dall’utilizzo nel mondo del lavoro di nonni, zie, suoceri. La famiglia è l’ultimo collante.
Uno sguardo pieno di speranza al di là delle Alpi
Ci sono dei buoni motivi. Da quando il valore dell’Euro è calato, una coppia monoreddito riesce a malapena a tirare avanti. E se lavorano entrambi, resta in sospeso il problema della prole. E milioni non hanno trovato ancora lavoro, non hanno alcun appoggio, nessuna assistenza sanitaria, e un domani nessuna pensione. L’entroterra siciliano si sta spopolando, mi ha raccontato un vicino mentre prende il caffè della mattina, vogliono tutti trasferirsi in Germania lasciando il lavoro qui. E un altro si lamenta della situazione a Roma. L’amministrazione comunale di sinistra ha bisogno di quasi un miliardo di euro per pagare i funzionari, subito [in italiano nel testo ndt]. In poche parole, non hanno intenzione di risparmiare. Alla maggior parte degli italiani si illuminano gli occhi quando si parla della “Germania”. Là si che c’è lavoro, là si che lo stato funziona. Ma si fa fatica a convincerli, che in Germania non va poi così bene e non tutto è così in regola [come si pensa ndt] – e la grigia situazione che permane può deludere amaramente le aspettative degli italiani più esigenti. Comunque, a differenza della Grecia, i sentimenti antitedeschi non sono ancora radicati nelle loro menti, anche se molti politici non perdono occasione per scatenarli. Ma gli italiani sanno esattamente con quali soggetti hanno a che fare.
La crisi ha un nome: Berlusconi
Un’amica benestante scrive da settimane lettere di protesta al sindaco di sinistra di Milano, perché sono stati recentemente dimezzati i contributi comunali previsti per i servizi assistenziali destinati agli anziani più poveri della città; Milano è una delle città più care d’Europa. La nostra amica pensa indignata alla sua vecchia madre, cui non era rimasto più nulla dopo il fascismo, la fuga e i bombardamenti: “E’ tornato tutto come prima. Il nostro benessere è stato solo una bolla di sapone”. Tutti questi italiani amareggiati e disillusi sono unanimamente d’accordo : la colpa va addossata ai politici, la colpa è della” cast”, che occupa la maggioranza dei seggi in parlamento, con gli stipendi più alti, l’intreccio più tentacolare, il nepotismo più radicato. Silvio Berlusconi è solo l’incarnazione di questa crisi. Ma gli italiani lo hanno sempre rieletto – così come la sua incompetente, e non di meno corrotta opposizione [politica]. In effetti, Berlusconi ha messo insieme il suo impero fatto di imprese edili, agenzie pubblicitarie, case editrici, emittenti televisive, finanziando squallidi politici. Il suo modello, il corrotto socialista Bettino Craxi, è riuscito a sfuggire alla giustizia italiana rifugiandosi in una località balneare tunisina con un’enorme fortuna accumulata. Sul filo della legalità, spesso circondato da oscuri finanziatori, a volte grazie a modifiche legislative, spesso sotto la spada di Damocle dei processi, il figlioccio [di Craxi ndt]  e padrino Berlusconi ha continuato a farla franca. Rampollo di un piccolo funzionario di banca è riuscito ad affermarsi, esponendosi in prima persona nel campo del commercio  e sostenendo apertamente il principio di illegalità. Ha sbeffeggiato il malvagio stato che lo perseguita, ha promesso una vita senza tasse, senza controllori, senza rimorsi. Ed è riuscito a superare tutto ciò. Che ci siano voluti ben 20 anni prima di essere condannato in via definitiva, che nessun governo di sinistra sia riuscito a fare una legge per porre fine al suo eterno  conflitto di interessi tra imprenditore e politico, che sia riuscito comunque grazie alle elezioni a mettersi al di sopra delle leggi – questo è il vero scandalo in un’Italia ormai ridotta fondamentalmente a uno stato di diritto a pezzi.
Miracolosamente senza rughe
Silvio con il suo sorriso ha conquistato almeno un terzo degli italiani. Il geniale editorialista Massimo Gramellini ha fatto il punto sulla “Stampa” di Torino sullo stanco sarcasmo della maggior parte degli italiani per le rinnovate minacce di Berlusconi: è da vent’anni che questo uomo  contribuisce alla crisi di stato con i suoi sporchi affari privati. Continua a usare la tivù per rivolgersi alla popolazione, seduto davanti ad una libreria di un finto soggiorno. “I miei libri”, ha detto Gramellini, “sono impolverati e sciupati dal tempo, mentre quelli di Berlusconi sono sempre intatti, perché sono di cartone e non si tratta del suo salotto, ma sempre dello stesso studio televisivo.” In questi anni bui in cui tutti si sono ridotti male, le rughe di Berlusconi sono miracolosamente sparite, i capelli sono ricresciuti e il sorriso gli si è stampato in volto, mentre gli italiani sono sempre più corrugati dalle gravi preoccupazioni, diventano sempre più calvi e dimenticano il sorriso. Come si è arrivati ​​a questo? Il diabolico mago Berlusconi ha semplicemente trasformato l’affascinante, a volte sfacciato anarchismo di molti italiani in un obiettivo di Stato. Il Parlamento e le elezioni erano solo un mezzo per i suoi scopi egoistici, manipolabili da colorite promesse e bugie, attraverso compravendite nelle stanze oscure del potere e con continue agevolazioni fiscali. Non ha toccato l’apparato, ha adescato deputati per il proprio tornaconto – gli immensi privilegi dei politici di sinistra e destra non sono mai stati tagliati, non è mai stato licenziato un funzionario pubblico corrotto. In caso di necessità Berlusconi ha semplicemente pagato la sua maggioranza.  Molti italiani ammirano tale audacia, non si accorgono delle partite di calcio truccate, fino a quando la propria squadra vince.
Fine della Dolce Vita
E la qualità della vita di questo paese con una polizia disinvolta e un traffico un po’ caotico non sono proprio così seducenti per questa specie di nonchalance? Non si vive meglio senza la supervisione meticolosa dei cantieri e senza orologio marcatempo all’uscita delle fabbriche? Senza una giustizia inesorabile e soprattutto senza ispettori fiscali, che senza pietà incassano soldi per uno stato che alla fine non offre alcuna possibilità? Le strade italiane sono ormai a pezzi, le scuole sono degradate, le università sovraffollate, gli ospedali fatiscenti, ma i municipi e le facoltà sono piene di funzionari ben pagati, consiglieri, assessori e portaborse. Per chi fa parte di questa schiera perché parente o legato da conoscenze – e a partire dagli ex-comunisti fino agli strepitanti della Lega Nord non sono così pochi – il ventennio di Silvio è stato un periodo glorioso. Ora la festa è finita, il buffet si è svuotato. Un paese che potrebbe esportare la moda, il cibo, i mobili, i vini, ma anche le vetture da corsa, moto e apparecchi di grande diffusione per la cucina, è sull’orlo della bancarotta. Non solo Beppe Grillo crede che in autunno l’Italia non si potrà più permettere di pagare i suoi troppi impiegati statali e può solo sperare che il connazionale Mario Draghi stampi moneta a Francoforte. Ora l’Italia è uno dei Paesi più cari d’Europa, e nonostante la crisi i prezzi aumentano e di pari passo anche le tasse. Ci sarebbe bisogno non solo delle dimissioni di un Berlusconi che spunta continuamente fuori all’improvviso, ci vorrebbe una sostituzione radicale di un’intera casta di politici che per anni ha con noncuranza allevato una popolazione italiana rilassata ed anarchica.  C’è da aspettarselo da un nuovo governo di centro formato da ex democristiani, rassegnati berlusconiani e cinici tecnocrati di banca? L’immagine del paese una volta paradisiaco è senza dubbio sbiadita. “Un tempo il nostro paese era così seducente. Avevamo Fellini e Visconti, Mastroianni e Strehler, Milva e l’Arte Povera. E anche se lavoravamo duramente, le nostre vite avevano sempre uno splendore di Dolce Vita.” Così dice il nostro malinconico direttore d’accademia durante una deliziosa cena in una mite serata di fine estate. Di tutta la grandezza che egli ricorda, dopo una lunga generazione perduta, è rimasta solo la fama mondiale del Belpaese. Ma ora da un televisore dimenticato sul muro gracchia la volgare canzone che parla di bunga bunga e camorra, Berlusconi e Schettino. Il telecomando per spegnerla non si trova più.

martedì 30 ottobre 2012

Roma, tragico gioco in bagno:
bimbo di 10 anni muore impiccato
nella casa dei nonni a San Giovanni

Il bambino, figlio unico. 

Lo hanno trovato legato al tubo dello sciacquone con una sciarpa al collo


di Marco De Risi e Maria Lombardi Messaggero



ROMA - La sciarpa della nonna intorno al collo, i piedi che ciondolano nel vuoto, le braccia immobili. L’hanno trovato così in bagno, appeso al tubo dello scarico. Aveva solo dieci anni e chissà quali pensieririncorreva quando si è chiuso a chiave e ha stretto il foulard di lana che avrebbe dovuto proteggergli la gola arrossata. Forse un maledetto gioco, un gesto visto in tv o sul web da imitare. Forse il bambino è scivolato con le scarpette di pezza che indossava per stare a casa in un pomeriggio come tanti. O forse per lui non era un pomeriggio come gli altri e tutto questo non era un gioco. Forse il bambino non voleva giocare ma morire, gli investigatori non escludono alcuna ipotesi.

Era figlio unico, un bel bambino sveglio con i capelli biondo scuro. Viveva con la mamma in una casa nello stesso palazzo dei nonni materni, a San Giovanni. I genitori si erano separati da quattro anni consensualmente, nessuna firma davanti al giudice. Impiegati tutti e due, lavorano fino al tardo pomeriggio e il figlio passava gran parte del tempo con i nonni. Ieri mattina lui non è andato a scuola per via del raffreddore. Frequenta la prima media, nuovi compagni e nuovo ambiente: ora si cerca di capire se avesse qualche problema a scuola, nonostante i voti abbastanza buoni, se nascondesse il dolore di una lite con i compagni o l’umiliazione subita da un bullo. Dopo pranzo, intorno alle due, il bambino non è andato nella sua camera a studiare, ma si è chiuso in bagno. Con il passare dei minuti gli anziani hanno cominciato ad allarmarsi. Hanno bussato alla porta, nessuna risposta, ci hanno riprovato più volte, il silenzio.

Il nonno ha preso uno stuzzicadenti e l’ha infilato nella serratura, con fatica è riuscito a far cadere giù la chiave. Ne ha presa un’altra e ha aperto la porta. Il bambino penzolava dal tubo d’acciaio, stretta al collo la sciarpa che gli aveva dato la nonna per il mal di gola. I nonni lo hanno liberato, il respiro ormai un sibilo, il volto cianotico. Lo hanno trascinato dal bagno in salone, poi hanno chiamato i genitori, gli zii, «sta male, sta male», nessuno di loro capiva bene cosa fosse successo. La richiesta di soccorso è arrivata al 118 intorno alle 14,30. Il medico ha provato a rianimare il bambino, non c’era più ormai niente da fare. Sono arrivati la madre e il padre dal lavoro, gli zii e gli altri parenti. I nonni senza più la forza di alzare gli occhi, hanno ancora davanti l’immagine del nipote in bagno, per sempre li accompagnerà. «Sembrava tranquillo, non ci siamo accorti di niente di strano», hanno raccontato alla polizia. La mamma è rimasta un po’ fuori dal salone prima di entrare a vedere il figlio, l’hanno trattenuta i parenti per cercare di calmarla. Impossibile per chi era lì spiegarle cosa sia accaduto, impossibile per lei rassegnarsi a una morte così, a soli dieci anni.

martedì 24 luglio 2012

AMERICA DENVER...CHE DIRE? ENNESSIMA FOLLIA...


SI POSSONO COMPRARE ARMI COME FOSSERO CARAMELLE...POVERO RAGAZZO E POVERE VITTIME...MA DI CHE E' LA COLPA?

martedì 1 maggio 2012

GIULIANO AMATO...


GIULIANO AMATO TORNA AL GOVERNO, OCCHIO AI PORTAFOGLIO

di LEONARDO FACCO


José Ortega y Gasset ha scritto che “l’intervento statale è il più grande pericolo che minaccia la civiltà: esso è l’assorbimento di tutti gli sforzi sociali spontanei da parte dello Stato; intendo riferirmi alla spontanea azione storica, la quale nel tempo sostiene, nutre e dirige il destino umano”. Herbert Spencer, con meno grazia, ma più efficacia, sostenne che “la vita, la proprietà e la libertà di un individuo non sono al sicuro ogni volta che si riunisce il parlamento”.

Beh… da quando s’è inchiodato alla sedia di Palazzo Chigi Mario Monti, le due massime di cui sopra suonano come proverbiali ammonimenti, benché il professore sia stato presentato dalla vulgata massmediatica come un tecnico. Ieri, finalmente, anche questa mistificazione ideologica è giunta al capolinea, perché il governo “iperpolitico” presieduto dall’amico dei banchieri centrali ha scelto altri “tecnici” per mettere mano ai conti italiani. La notizia: “Il consiglio dei ministri si è dedicato alla spending review – che per noi poveri masticatori di lingue vernacolari significa revisione della spesa pubblica – opera appannaggio personale del ministro Giarda. L’importo complessivo di riduzione della spesa pubblica è di 4,2 miliardi di euro, importo che dovrà servire per evitare l’aumento dell’Iva di due punti percentuali previsto per il prossimo ottobre, anche se per il momento la misura introdotta nel decreto Salva Italia non è scongiurata”.

Mentre Giarda parlava, i suoi colleghi erano erano ovviamente tutt’orecchi. La prima annotazione che mi sovviene, però, me l’ha suggerita l’amico Rodolfo Nasini: “Tagliare 4,2 miliardi su 550 di spesa pubblica è come se io decidessi di ridurre il mio sperpero di 9 euro al mese. La capacità di mio figlio di non pisciarsi nel pannolino avrà effetti almeno tripli sul mio budget familiare rispetto ai tagli di Giarda sulle finanze statali”. Per la cronaca, il mio amico non se la tira da tecnico.

Ripresa la parola, Monti “ha poi annunciato incarichi ‘speciali’ anche per Giuliano Amato (sulla spesa relativa al finanziamento pubblico ai partiti) e per il professore Francesco Giavazzi, chiamato ad analizzare il sistema dei contributi pubblici alle imprese. Entrambi presteranno la loro opera a titolo gratuito, mentre Bondi – ha detto Monti – ‘rifiuta qualsiasi remunerazione, ma speriamo almeno di imporgli il rimborso spese’ (in realtà effettuando attività non di studio, come gli altri due, ma gestionale l’esecutivo dovrà comunque corrispondergli gli emolumenti da alto dirigente, nonostante il rifiuto del diretto interessato)”. Per la serie, nessun pasto è gratis.

Mi si conceda, a questo punto, qualche considerazione personale. Partiamo da una domanda? Ma “Rigor” Monti non era il capo di un governo di tecnici? A cosa gli servono altri tecnici? Pensando a Bondi e Giavazzi viene alla mente il regista francese Marcel Pagnol che affermava che “bisogna diffidare dei tecnici; cominciano con la macchina da cucire e finiscono con la bomba atomica”. Che rapportato ai giorni nostri vorrà dire un’altra gragnuola di tasse.

Un discorso speciale, invece, merita Giuliano Amato, l’uomo da 31.000 euro di pensione al mese, cresciuto a stretto contatto con le terga di Bettino Craxi e passato alla storia per essere paragonabile ad un qualsiasi malfattore di strada che organizza rapine in banca. Nel non così lontano 1992, ci defraudò del 6 per mille di quanto possedevamo sui conti correnti. Lo fece – un po’ come Monti – per “salvare l’Italia” e i risultati son qui da vedere. Era una notte di mezza estate. Di Amato, ad abundantiam, van ricordate le articolesse vergate sui più “prestigiosi” giornali del Belpaese nel 2011 – mentre Berlusconi frequentava ancora Palazzo Chigi (oltre all’Olgettina) – nelle quali predicava l’esproprio coatto della ricchezza. Il “dottor sottile” propugnava di fottere, via patrimoniale, 30.000 euro ad ogni cittadino in modo da riportare il debito pubblico ben sotto la soglia del 100% (all’80% per l’esattezza), giusto per permettere ai suoi sodali di casta di tornare a sperperare. Per nome e per conto del governo, codest’uomo – cresciuto nel PSI dei ladroni – dovrebbe occuparsi di finanziamento pubblico ai partiti, fattispecie di reato per la quale vennero condannati, da Craxi in giù, una sequela di suoi compagni durante gli anni di Tangentopoli. Domanda innocente: Amato che faceva? Dormiva? Delle due l’una: se di quei fattacci degli Anni Novanta non s’accorse di nulla allora è un incapace; se – invece – ha fatto finta di non vedere, la scelta di Monti è paragonabile a quella di chi ha scelto di mettere una volpe a guardia di un pollaio.

Tertium non datur!

FONTE QUI

giovedì 29 marzo 2012

TROPPE TASSE - SI DA FUOCO

Troppe tasse, un muratore si dà fuoco
davanti all'Agenzia delle entrate: è grave
Un 58enne ha parcheggiato l'auto davanti alla sede del Fisco di Bologna e si è dato fuoco. Boom di suicidi per motivi economici. Schiacciati dal peso fiscale? Raccontateci la vostra storia: segnala@ilgiornale.it


Troppe tasse, un muratore si dà fuoco davanti all'Agenzia delle entrate: è grave
di Raffaello Binelli
L'uomo, un 58enne, ha lasciato due lettere, una alla commissione tributaria, in cui fa riferimento alle proprie pendenze tributarie, l'altra alla moglie. Ricoverato all'ospedale di Parma, versa in gravissime condizioni. Il sindaco di Bologna Merola: "E' un fatto sconvolgente che deve far riflettere tutti"
FONTE: IL GIORNALE

mercoledì 28 marzo 2012

ARTIGIANO SI DA FUOCO DAVANTI LA AGENZIA DELL'ENTRATE

Bologna. Artigiano si dà fuoco davanti all’Agenzia delle entrate

BOLOGNA – Un uomo, un italiano di 58 anni, si e’ dato fuoco questa mattina alle 8 dentro una vettura parcheggiata davanti alla sede della agenzia delle entrate a Bologna. L’uomo e’ ricoverato al centro grandi ustionati di Parma, ha ustioni su tutto il corpo ed e’ gravissimo. Il sospetto e’ che a muoverlo siano stati problemi economici, giacche’ ha lasciato tre lettere, una proprio indirizzata alla commissione tributaria.

L’uomo di 58 anni che si e’ dato fuoco e’ un artigiano edile con un’impresa individuale, in sofferenza ultimamente per la crisi economica, come molti suoi colleghi del settore. In particolare si occupava di lavori di piccola manutenzione nelle case. ”Una persona molto equilibrata”, lo definisce Ermanno Merli, responsabile Cna di Ozzano Emilia, comune della Provincia di Bologna dove da molti anni l’artigiano originario del Casertano si era trasferito, legandosi all’associazione di categoria.


Nelle lettere in cui spiega le ragioni del suo gesto l’uomo che si e’ dato fuoco davanti alla Agenzia delle Entrate di Bologna chiede perdono, oltre che alla moglie, anche all’Agenzia stessa. Lo ha spiegato l’agente della polizia municipale che ha spento le fiamme. ”Mi ha detto: ‘ho tentato di uccidermi, voglio morire, voglio morire’ ”.

Merli non e’ a conoscenza delle lettere in cui l’uomo parlava della propria situazione: ”Qualche anno fa so che aveva avuto dei contenziosi legati al fatto che non aveva pagato alcuni tributi – prosegue il responsabile dell’associazione – e per quello che sappiamo nell’ultimo periodo aveva piu’ difficolta’ del solito”. Problemi che comunque ”coinvolgono tutto il settore da un anno e mezzo. Sono molte le imprese fallite nel nostro territorio. Molte anche le persone che erano venute qui a lavorare e sono dovute ritornare al sud”, perche’ non ce la facevano piu’.

”Ho sentito un gran boato, sembrava un incidente, un tubo saltato. Ma affacciandomi alla finestra ho visto l’auto in fiamme, una palla di fuoco. A 25-30 metri i vigili urbani erano accanto a una ‘cosa’ a terra. Un vigile cercava di spegnerla con il giaccone; sembrava un pezzo dell’auto… poi mi sono accorto che era un uomo”. Cosi’ Moreno Masotti, che stamani alle 8.15 affacciandosi dal suo ufficio e’ stato testimone del salvataggio dell’uomo che si e’ dato fuoco davanti all’Agenzia delle Entrate a Bologna.

Masotti ha spiegato che quando ha visto le fiamme ha preso un estintore ed e’ sceso per aiutare i vigili urbani, non pensando che ci fosse una persona coinvolta. ”Quando sono arrivato giu’ ho visto che era un uomo, e che era completamente nudo, come se i vestiti fosse completamente bruciati, la pelle era carbonizzata e viva. Era a terra, si lamentava e alzava la testa, ma era distante e non ho capito se tentasse di parlare”. Poco dopo e’ arrivata la Croce rossa e hanno portato via l’uomo in ambulanza. ”Sono stati molto rapidi, mi sento di fare i complimenti ai vigili che spero siano riusciti a salvare quella persona”.

L’episodio dell’uomo che oggi si e’ dato fuoco a Bologna, davanti alla sede dell’Agenzia delle entrate, ”e’ il segno evidente di come la crisi economica sia diventata oramai anche crisi sociale”. Lo afferma il Presidente Codacons, Carlo Rienzi, che aggiunge: ”Gesti estremi da parte di artigiani e piccoli imprenditori schiacciati dai debiti e dalle tasse sono purtroppo sempre piu’ frequenti, e danno vita in Italia ad una vera e propria emergenza sociale”. Secondo Renzi, ”il Governo non puo’ limitarsi ad elevare le tasse e inasprire il fisco, ma deve anche intervenire per dare sostegno agli imprenditori in crisi – prosegue Rienzi – studiando provvedimenti in grado di aiutare chi ha un carico troppo elevato di debiti e, per questo, non riesce a pagare tasse e scadenza varie entro i termini di legge”.


venerdì 16 marzo 2012

CORRUZIONE...

E SE LI ARRESTASSIMO TUTTI? POLITICI, GIORNALISTI, CHI DEVE CONTROLLARE E NON CONTROLLA...E SULLA RAI?...ancora non si riesce a fare nulla, il magna magna va avanti!

lunedì 27 febbraio 2012

MA CHE PALLE!


ITALIA STIPENDI PIU' BASSI D'EUROPA...sai che novita'...

L'economia comincia la mattina con il dentifricio, se ne deve consumare sempre meno, poi si passa al caffe', si risparmia anche sul caffe', la colazione, si cerca di riempirsi la pancia con pane o fette biscottate economiche non di marca, quelle costano troppo. il pranzo? noioso e ripetitivo...sempre pane o pizza o cio' che è in offerta speciale o prossimo alla scadenza, costa la meta' e si gode un po'...la verdura, se si ha la fortuna di poter andare al mercato ed avere tempo di cucinare, per esempio i pensionati al minimo possono risparmiare con minestre di verdure, se le verdure non stanno piu' di un euro al chilo altrimenti ti attacchi e vai sul famoso brodino col dado. La carne, a parte che fa schifo, acquosa e insapore quella dei grossi supermnercati intorno casa, si trova piu' buona se si compra magari al mercato ad un banchetto che lavora la carne chianina, ma costa cara quindi la possiamo mangiare solo ogni tanto come una volta, che si mangiava il pollo solo la domenica!
Il latte per chi è intollerante al lattosio costa euro 1.65 al litro, quindi è caro.
La frutta oramai si compra presso banchetti o negozi tenuti da egiziani o marocchini, ad un euro al chilo.
Detersivi: vanno usati con parsimonia, quello dei piatti è meglio concentrato ne serve meno e frutta di piu', deodoranti personali costano assai cari bisogna usarli con parsimonia meglio lavarsi spesso ma anche l'acqua costa, un po' di profumo fresco e poco costoso si trova ai grandi magazzini Upim, con 6-7 euro trovi una boccia di profumo, te lo metti ma svanisce subito.
Un paio di scarpe? possiamo scordarci un paio di scarpe di cuoio e pelle, noi "poveracci" abbiamo accesso solo alle scarpe cinesi, oppure alle scarpe francesi ma fatte in cina...(...) prodotti italiani fatti in cina...imbrogli continui e danni alla salute e piedi puzzolenti...fanculo ai cinesi!
Un abito italiano? siamo impazziti? guardare ma non toccare...riviste piene anzi stracolme di pubblicita' di abiti borse scarpe gioielli meravigliosi ma non per noi, per loro, loro chi? i soliti noti...chi sta a stipendio fisso e per quelli che hanno culo, per quelli che non vanno per il sottile, per chi non ha una grossa moralita', per i cooptati per eredita' familiare, nomi e cognomi che girano e rigirano da anni per esempio in Rai, quelli hanno veramente culo...
ogni tanto ne pizzicano uno che spende e spande soldi pubblici tra ristoranti gioiellieri mercerie...vuoi che mettano mutande cinesi poveri cocchi? per esempio Rositani cosi anziano e consigliere della Rai ha bisogno di mutande di puro cotone, vuoi che si irriti il pisellino con mutande cinesi? gia col peperoncino che mangia per fare pubblicita' al suo paese avra' il culo in fiamme lasciamogli le mutande di puro cotone prese in merceria con la carta di credito della Rai, una volta vecchie e bucate le dara' in beneficenza alla chiesa e ai poveri!
Potremmo fare la fine della Grecia, quindi mettiamoci in ginocchio e ringraziamo il governo Monti..."ricchi messosi a disposizione per la salvezza dell'Italia"...come dire la pacchia per i soliti noti è finita?






venerdì 24 febbraio 2012

ANTONIO MANGANELLI...



Il capo della polizia, Antonio Manganelli, ha uno stipendio lordo annuo pari a 621.253,75, paga un'imposta personale sul reddito di 260.309,11 ed ha quindi un reddito mensile netto pari a 26.842,65, cioè 15 volte più dello stipendio medio di un insegnante con ventidue anni di anzianità, 31 volte di più di un cassintegrato, 54 volte di più di un pensionato al minimo.

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FONTE: CISL VENETO.IT 19 OTTOBRE 2011

La Polizia ridotta a elemosinare soldi Manca benzina per le volanti. Un cittadino regala carta da ufficio I vigili del fuoco non hanno 700 euro per riparare l´autopompa
Una volante sfreccia nella via cittadina: gli equipaggi saranno costretti a restare in questura ... Tristezza e rabbia. Ma la vergogna resta di altri. Di quelli che questo Paese lo governano e altro non dovrebbero provare se non vergogna nel vedere poliziotti e vigili del fuoco che distribuiscono volantini per chiedere fondi.



E non per l´aumento di stipendio, ma per essere messi nelle condizioni di lavorare. Ieri mattina tra piazza Bra e Scalette Rubiani ha manifestato una delegazione di sindacalisti rappresentanti della polizia di Stato (Siulp, Sap, Ugl polizia e Consap), della peniteniaria (Sappe, Uil-penitenziari, Fns Cisl, Ugl penitenziaria), del corpo forestale dello Stato (Sapaf, Ugl forestale, Fesifo, Fns Cisl e Uil forestali) e di vigili del fuoco (questi con soli rappresentanti del Conapo in piazza, ma anche con Fns Cisl, Uil vigili fuoco e Ugl vigili fuoco). Distribuivano fac-simili di obbligazioni per avere una maggiore sicurezza. Titoli nominativi che i cittadini possono fare in modo che non restino carta straccia, ma si trasformino in benzina per le pattuglie e i mezzi.

COORDINATE. Chiunque può donare qualsiasi cifra, alta o bassa non importa. Sono tante gocce a formare un oceano. Il codice iban è IT 30101 0050337 4000000200003. Il conto corrente postale è il numero 52945003. Ma attenzione, è fondamentale mettere la causale: «Fondi per l´acquisto di benzina per la sicurezza, la difesa e il soccorso pubblico». Ci sono un mucchio di cose che non funzionano in questo Paese. E non si vede una grande volontà di risolverle, soprattutto quando si tratta di forze dell´ordine. I nostri politici sono bravi a grandi proclami, distribuiscono medaglie al valore ai caduti in servizio, ma poi poco fanno per non farli cadere in servizio.

I GIUBBOTTI SALVAVITA. Ce la ricordiamo tutti la storia dei giubbotti salvavita da mettere sotto le camicie mai arrivati. Dopo l´omicidio di due poliziotti vennero chiesti giubbotti meno ingombranti per poterli usare anche alla guida della volante. Tante promesse da Roma, l´impegno del Governo. Risultato: i poliziotti se li sono acquistati da soli.

AUTOSCALA POMPIERI ROTTA. I vigili del fuoco veronesi per esempio hanno un´autoscala che costa due milioni. Al momento non hanno 700 euro per farla riparare.

BICICLETTE INUTILIZZATE. Ricordate la consegna della biciclette ai poliziotti di quartiere? belle mountain bike donate da un privato per agevolare i servizi nelle nostre vie pedonali. Le avete più viste in giro? No, sapete perchè? Perchè l´amministrazione (quella della Polizia), non assicura i poliziotti perchè le bici non sono mezzi dell´amministrazione.

IL CITTADINO REGALA CARTA. Qualche giorno fa in questura è arrivato un cittadino, uno qualsiasi con una risma di carta. Al piantone ha detto: «Ho sentito che non ne avete, ve ne regalo un po´». Ieri in piazza l´anedottica si sprecava. Ma i fondi per le auto delle scorte si trovano.

LE SCORTE E LE AUTO. In Italia ne abbiamo dieci volte tante gli Stati Uniti. E l´opinione dei tanti poliziotti che ieri erano in piazza assieme ai vigili del fuoco è che per le questure come la nostra, lontane da Roma i tagli ci siano eccome. E ancora per quale ragione la polizia e i vigili del fuoco pagano accise più alte sul carburante?

OFFICINA E BENZINA. Auto danneggiate e in garage perchè non ci sono soldi per ripararle. Il parco auto delle forze di Polizia è decimato. Da mesi i sindacati lo denunciano.

C´era tanta gente che ieri in piazza Bra s´è fermata a parlare con i manifestanti. La gente ieri era pronta ad aprire il portafogli, bisogna vincere un po´ di pigrizia per andare in posta o in banca. Così quando poi noi facciamo il 113 o il 115, loro possono venire a salvarci. E noi possiamo far vergognare lo Stato.

Alessandra Vaccari

giovedì 23 febbraio 2012

LIDIA UNDIEMI - ECONOMISTA



Tutto è iniziato a Linea Notte, la trasmissione condotta da Maurizio Mannoni su RAI 3. Una decina di giorni fa si parlava di crisi economica, ovviamente. In studio i soliti economisti ripiegati su se stessi e sui soliti principi di sistema. Poi appare una giovane, capelli biondi, viso serio. La grafica la presenta come Lidia Undiemi, “Studiosa di diritto ed economia” presso l’Università di Palermo. Ci si attende la solita tiritera convenzionale, e invece la giovane studiosa stupisce.

«La politica di Monti e di Obama è semplicemente fallimentare», esordisce, ed è già un buon inizio. Spiega, poi, apparentemente compendiando anni di analisi del Ribelle, che il fallimento è dovuto alla mera iniziativa del pompaggio di liquidità nei mercati, senza affrontare alla radice il problema principale: la speculazione finanziaria. Stanti così le cose tutto si riduce nel buttare valanghe di denaro pubblico dentro «un secchio bucato», come la Undiemi definisce sostanzialmente la pancia insaziabile delle banche. Sarà inevitabile, con un’emorragia tale di risorse, che gli stati intraprendano iniziative di austerità. Ed è infatti in quel secchio bucato che finiranno, tramite il Fondo Salva-Stati, i 125 miliardi di euro che Monti sta spremendo dagli italiani.

Prosegue la Undiemi, stranamente senza essere interrotta: «il Fondo Salva-Stati non sarà gestito dalle istituzioni comunitarie ma da un’organizzazione finanziaria intergovernativa. E i soggetti che gestiranno questo fondo godranno di totale immunità». Una cosa di cui sia Bruxelles che i singoli governi, Monti in testa, e anche i partiti, dovrebbero rendere conto ai cittadini, e di cui invece non si parla minimamente. Probabilmente, dice l’economista, le istituzioni comunitarie hanno paura dei propri creditori internazionali. Ma soprattutto si sta profilando quella che la Undiemi non ha paura di definire una «dittatura economica».

Non c’è alcuna istituzione pubblica, comunitaria o meno, dietro al Fondo. C’è un soggetto di cui non è chiara la natura, se non che sarà irresponsabile rispetto alle situazioni debitorie nazionali e alla necessità di risanamento in tutta l’area europea, avendo invece come unici referenti il pozzo senza fondo dei creditori internazionali. Niente più sovranità, insomma. La giovane studiosa stupisce due volte: sia perché dice le cose come stanno, sia perché le viene consentito di dirle in TV, sebbene a un orario non certo da prime-time.

Sui diritti del lavoro, non si fa stringere all’angolo, e persevera nell’approccio sistemico: si tratta di temi irrilevanti nel momento in cui la finanziarizzazione dell’economia ha preso il sopravvento sull’economia di produzione. Uno dei motivi per cui la flessibilizzazione del lavoro, già estrema in Italia come altrove, ha sostanzialmente fallito. Le imprese non se ne sono giovate nei termini e nelle proporzioni che speravano, semplicemente perché la produzione non conta più nulla. Contano ormai solo i numeri sui monitor dei vari broker. Toccare i diritti dei lavoratori, in questo contesto, non migliora le prestazioni aziendali, peggiora solo la condizione delle persone.

E fin qui, almeno sulla teoria, tutto bene. Parlando della Grecia, poi, la Undiemi non sembra conseguente con le elaborazioni critiche esposte fino a quel momento. E iniziano i dolori: per uscire dalla crisi, dice, servono «piani di sviluppo industriale», per il rilancio della produzione e dell’impresa, imbrigliando contestualmente la finanza speculativa. Diagnosi perfetta, ma cura sbagliata. Da economista, la Undiemi non riesce a uscire dallo schema classico, e di fatto auspica la prosecuzione delle logiche improntate alla crescita fine a se stessa. Al momento propizio, insomma, non getta il cuore oltre l’ostacolo, ignora la palese insostenibilità di un modello che ha le fondamenta nella produzione e consumo illimitato di beni. Le abbiamo chiesto un’intervista, proprio per chiarire questa contraddizione, ma al momento non abbiamo avuto risposta.

Tuttavia, va detto, il suo intervento è già qualcosa. Certe analisi sistemiche così critiche non si erano mai sentite in televisione, non avevano mai raggiunto un’ampia platea. Inevitabilmente la cosa si è riflessa sul web. La Rete traboca di suoi interventi video e il suo profilo Facebook è stato preso d’assalto da estimatori, persone smaniose di fare qualcosa, e dalla ampia e variegata fauna internettiana di cospirazionisti o soggetti con la monomania del signoraggio. In ogni caso un esercito cospicuo, che di condivisione in condivisione ha dato la carica all’economista.

Grazie al passaparola e alla notorietà acquisita, la Undiemi sta facendo circolare infatti, con grande successo, una mozione che ha elaborato per chiedere al Parlamento italiano, a Monti e a Napolitano, di opporsi alla ratifica del Piano Salva-Stati, magari discutendone prima con la società civile del paese. Una vera chiamata alle armi di tutti, perché si associno alla mozione e la portino all’attenzione delle istituzioni. La mozione è stata preparata anche in inglese, per condividerla con le opinioni pubbliche degli altri paesi europei. Pur se pacata e misurata nei toni, il documento della Undieni è una dichiarazione di guerra alla servitù delle istituzioni nei confronti della finanza. Come tale, considerata in sé, la mozione è condivisibile.

Il problema, come in molte altre iniziative di “resistenza” civica, è che, al momento, non c’è spirito programmatico. Nella mozione si dice chiaramente cosa si vuole per il presente (discutere pubblicamente se associarsi o no al Fondo Salva-Stati) e anche cosa non si vuole (istituzioni asservite alla finanza). Non è esplicitato cosa si auspichi per il futuro. Stando all’exploit della Undiemi a “Linea Notte”, si direbbe che ci si augura un ritorno a quando le aziende producevano a nastro, in tanti lavoravano, o meglio: vivevano lavorando e consumando, come se le risorse fossero infinite. Un punto dirimente, che vorremmo che la Undiemi, o chi per lei, magari all’interno dell’IDV, partito di cui fa parte, chiarisse, prima di sposare e caldeggiare la diffusione della sua mozione. Che rimane comunque un sorprendente macigno gettato in uno stagno intollerabilmente immobile.

Davide Stasi - La voce del ribelle

mercoledì 22 febbraio 2012

PAZZESCO...UNA PENSIONE DA 519 MILA EURO L'ANNO


Tra i sottosegretari il pensionato più ricco è decisamente Antonio Malaschini, che in quanto ex segretario generale del Senato prende 519 mila euro all’anno, cui si somma il compenso governativo (188 mila euro) per un totale di 708 mila euro lordi, anche se ha rinunciato per tutta la durata dell’esecutivo all’ulteriore compenso da consigliere di Stato. Anche Malaschini, come altri suoi colleghi di governo, rivela di preferire lo scooter (un Honda Jazz 250 cc del 2003) per i suoi spostamenti.

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Ci sono diritti acquisiti che andrebbero messi in discussione, accidenti, 1400 euro al giorno circa di pensione!

CORRADO FORMIGLI...



Annozero, Rai e Formigli condannati:
7 milioni a Fiat per critiche ad Alfa Mito


La sentenza su un servizio tv del 2010. L'azienda impugnerà la sentenza. Federazione stampa: sentenza intimidatoria

TORINO - Il tribunale civile di Torino ha condannato la Rai e il giornalista Corrado Formigli a risarcire con oltre cinque milioni di euro Fiat Group Automobiles e a pagare 2 milioni per la pubblicazione della sentenza sui giornali. La sentenza si riferisce a un servizio trasmesso da “Annozero” il 2 dicembre 2010 in cui era stata criticata una vettura prodotta dalla casa torinese, la Alfa Mito, in un modo che il giudice Maura Sabbione ha definito “denigratorio”. Fra i convenuti c’era anche Michele Santoro, il quale, però, secondo il magistrato non ha responsabilità. Nel servizio la vettura del gruppo torinese veniva messa confronto in un test con auto di altre marche automobilistiche.

Un'informazione «non veritiera e denigratoria», «incompleta e parziale» ha cagionato alla Fiat, e in particolare al sub-brand Alfa Romeo Mito, un danno patrimoniale e non patrimoniale che è stato quantificato in 7 milioni di euro. È la motivazione con la quale il giudicE della 4/A sezione del Tribunale Civile di Torino ha condannato Formigli e la Rai.

Assolto Santoro. Ritenuto «estraneo alla organizzazione della gara». Il comportamento di Formigli è stato giudicato «denigratorio perché - si legge nella sentenza - scredita il valore di un'auto che è il simbolo di una casa automobilistica produttrice e difforme dal vero, in quanto atto a rappresentare una falsa realtà». Quanto alla Rai, è stata ritenuta corresponsabile «per il solo fatto di avere messo a disposizione i suoi mezzi di organizzazione e diffusione, conservando, quale datrice di lavoro, la potestà di dettare regole di comportamento e di adottare le concrete decisioni circa i modi di svolgimento della prestazione».

Danni per milioni di euro. Il danno patrimoniale è stato calcolato in 1 milione 750 mila euro, quello non patrimoniale in 5 milioni e 250 mila. Due milioni potranno essere riconosciuti alla Fiat attraverso la pubblicazione a spese dei condannati della sentenza, entro 15 giorni, sui quotidiani La Stampa, La Repubblica e Il Corriere della Sera e, entro 45 giorni, sul periodico Quattroruote. Il giudice, infine, ha disposto la rimozione immediata del filmato dal sito di Annozero.

La Rai impugnerà la sentenza. «In merito alla sentenza del Tribunale di Torino sulla vicenda Fiat/Rai/Annozero, ogni commento sarà articolato nell'atto di impugnazione in corso di predisposizione» ha comunicato la Rai.

Federazione stampa: sentenza intimidatoria. «È meglio che l'informazione non parli in modo critico di un'auto, soprattutto quando a produrla è una grande casa che è anche un grande inserzionista pubblicitario?»: se lo chiede il presidente della Fnsi, Roberto Natale, spiegando che «è questo l'interrogativo che suscita la sentenza con la quale la Rai e Corrado Formigli sono stati condannati. Sconcertante, tra l'altro, è il carico finanziario spropositato messo sulle spalle di un singolo giornalista. Il risultato non potrà che essere quello di disincentivare ulteriormente ogni tipo di critica a prodotti commerciali, in un settore informativo in cui già non mancano servizi di sperticato elogio ad ogni nuova vettura. Il sindacato dei giornalisti considera come sempre con grande rispetto il lavoro della magistratura, ma questa sentenza rischia di essere un altro grave bavaglio all'informazione. La Fnsi si augura che il giudizio d'appello possa riconoscere meglio le ragioni dell'attività giornalistica».
FONTE: IL MESSAGGERO

LA MARCEGAGLIA DICE: BASTA DIFESA DEI SINDACATI DI LADRI E NULLAFACENTI


C'è Emma e Emma...


Più informazioni su: Confindustria, Emma Marcegaglia, paradisi fiscali, Procura di MilanoIl lifting fiscale della Marcegaglia
La presidente di Confindustria si dice contraria all'idea proposta in Francia di una tassa per i super ricchi. Ma la sua azienda risparmia in Lussemburgo e Irlanda.
Un’imposta straordinaria a carico dei super ricchi, manager e imprenditori dal reddito multimilionario? Non se ne parla, “serve solo a far pagare di più chi le tasse già le paga, con un prelievo che ormai sfiora il 50 per cento”. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, stronca l’idea lanciata in Francia da alcuni Paperoni desiderosi di contribuire al risanamento delle finanze pubbliche. “In Italia la situazione è diversa”, spiega la numero uno degli industriali in un’intervista pubblicata mercoledì da La Repubblica. Da noi servirebbe solo ad alimentare “uno Stato inefficiente e sprecone”. E allora, se le cose cambiano, disponibili a parlarne, ma prima di allora meglio aumentare l’Iva, che si scarica sull’intera platea dei consumatori, e magari dare un taglio alle pensioni.

Così parlò Marcegaglia, che in effetti a casa propria, nell’azienda di famiglia, la Marcegaglia spa, ha trovato il modo di risparmiare sulla bolletta da pagare al Fisco. Una holding in Irlanda, un’altra in Lussemburgo e il gioco è fatto. Tutto a termini legge, per carità. Gli esperti la chiamano ottimizzazione fiscale. Significa che gli imprenditori sfruttano i benefici assicurati dalle legislazioni di Stati compiacenti allo scopo di diminuire il peso delle imposte nel bilancio aziendale. Nel 2009, per dire, il gruppo Marcegaglia ha cavalcato gli ottimi risultati della sua controllata lussemburghese, la Sipac sa. Grazie a una non meglio precisata “operazione finanziaria” la società con base nel Granducato ha realizzato un utile di 24,3 milioni. Tutti profitti esentasse, perché la legge lussemburghese prevede un’imposizione praticamente nulla sugli utili societari. Difficile capirne di più, perché il bilancio della Sipac, depositato alcune settimane fa, consiste in cinque paginette in tutto. Niente di nuovo sotto il sole: da sempre così vanno le cose nel paradiso fiscale del Lussemburgo. Sta di fatto che nel 2009 l’intero gruppo Marcegaglia ha fatto segnare 14,5 milioni di utili su 2,5 miliardi di ricavi. Morale: se non ci fosse stata la provvidenziale plusvalenza esentasse della Sipac, l’azienda della presidente di Confindustria due anni fa avrebbe chiuso il bilancio in perdita.

Poi c’è il capitolo irlandese. A Dublino troviamo la Marcegaglia Ireland, che è una holding di partecipazioni. Proprio a questa società fa capo il cuore produttivo del gruppo, la Marcegaglia spa. Traslocare in Irlanda conviene. Da quelle parti l’aliquota massima sugli utili societari ammonta al 12,5 per cento. Un bel risparmio, visto che in Italia, quando va bene, si parte dal 30 per cento per arrivare fin verso il 50. Insomma, tra Irlanda e Lussemburgo, Emma Marcegaglia e famiglia si sono messi nelle condizioni di pagare il meno possibile a “questo Stato inefficiente e sprecone”, per dirla con le parole della presidente di Confindustria. Il caso del gruppo Marcegaglia non è certo un’eccezione. Tra i grandi gruppi industriali e finanziari i tour internazionali alla ricerca delle aliquote migliori sono una pratica diffusa e anche legale, almeno entro certo limiti.

Altra cosa è la vera e propria evasione fiscale, con i tesoretti di famiglia nascosti all’ombra di qualche paradiso off shore. In casa Marcegaglia ne sanno qualcosa. Secondo un’inchiesta della procura di Milano chiusa un paio di anni fa, il gruppo controllato dalla famiglia della presidente di Confindustria tra il 1994 e il 2004 ha accumulato fondi neri all’estero ricavati grazie al trading internazionale di acciaio. Il denaro veniva depositato in quattro depositi bancari aperti all’Ubs di Lugano. I beneficiari dei conti, su cui sono transitati nel tempo svariati milioni di euro, erano Steno Marcegaglia e i figli Emma e Antonio. Quest’ultimo nel 2008 ha patteggiato una pena (sospesa) di 11 mesi e ha restituito 6 milioni di euro. Non ha potuto farne a meno. I soldi sono andati in cassa allo “Stato inefficiente e sprecone”.

da Il Fatto Quotidiano del 25 agosto 2011



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mercoledì 1 febbraio 2012

BERSANI CASCA DAL PERO...


MESSAGGERO - Lusi: «Ecco la verità sui soldi spariti
Mi assumo le colpe di tutti»

L'ex tesoriere della Margherita sarebbe pronto a patteggiare
la pena in tribunale: «Restituisco 5 dei 13 milioni spariti»

di Valentina Errante e Sara Menafra
ROMA - Ha parlato delle responsabilità di «tutti», che adesso pesano sulle sue spalle, Luigi Lusi il 17 gennaio scorso, quando il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Stefano Pesci l’hanno convocato in procura, per chiedergli dei tredici milioni...
IL PERSONAGGIO/ Un anno fa Lusi si scagliava contro la cricca: «Vergogna» LE REAZIONI/ Rutelli: rabbia e dolore. Bersani evoca l'espulsione LA SCHEDA/ Quei rimborsi elettorali che durano oltre la legislatura IL CASO/ Il senatore Conti e quella palazzina comprata e ceduta in un giorno

ALESSANDRO GILIOLI ...E IL LADRO DELLA MARGHERITA...ANZI DEL PD...


Scrive il giornalista Gilioli sul suo blog: PIOVONO RANE
A me interessa poco sapere quanto costerà al Pd, in termini di consenso, la storia del tesoriere della Margherita che si è fregato 13 milioni di contributi pubblici.

Il problema semmai è che il senatore Lusi è un parlamentare in carica – con relative immunità – e che i soldi che si è portato a casa facevano parte dei contributi elettorali che lo Stato continua a erogare per anni anche ai partiti che non ci sono più (e la Margherita si è sciolta nell’ottobre del 2007).

Due elementi che messi insieme fanno gridare vendetta a Dio, o più semplicemente sono destinati a interrare sotto un’altra tonnellata di vergogna quella stessa classe politica che ha appena beffato i suoi cittadini con il primo caso al mondo di taglio dello stipendio in cui la busta paga netta non cala di un euro.

Il tutto in un Paese dove già il 96 per cento degli elettori non ha alcuna fiducia nei partiti.

Già: a questo punto il problema non è più questo o quel partito. E’ che a forza di antipolitica – quella che fanno loro, s’intende – qui della democrazia rischiano di restare solo macerie.




Il ladro è il senatore Lusi, la foto non la metto è troppo brutto!

mercoledì 25 gennaio 2012

ANGELA MERKEL


DAVOS – Un altro “no” del cancelliere tedesco Angela Merkel sulla strada del “salvataggio” dell’euro, le viene chiesto da mesi e da più parti di sganciare miliardate di euro per mettere in sicurezza il sistema economico europeo, aggredito dai mercati sul fianco scoperto dei debiti pubblici nazionali. Le sue esitazioni e i suoi stop hanno affossato la Grecia e messo in serie difficoltà Spagna, Italia e in ultimo la Francia del sodale Nicolas Sarkozy.

L’ultima richiesta che le è stata fatta viene dal Fondo Monetario Internazionale, Fmi per gli amici, che spinge l’Europa ad aumentare il “Fondo Salva Stati” a 700 miliardi di euro. La Merkel ha risposto con un discorso pieno di buone intenzioni: non solo austerità, ma anche riforme strutturali e più posti di lavoro, non solo disciplina di bilancio, ma anche crescita sostenibile. E nessun raddoppio delle risorse del fondo salva-Stati. Ma se gli Stati si sfiancano per non farsi divorare dagli interessi sul debito, con quali risorse possono finanziare la crescita? Così si è aperto un altro degli appuntamenti “cruciali” sulla strada dell’Euro, il Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera. Un altro “grande” vertice che promette di non passare alla storia.

Queste le parole della cancelliera: ”Dobbiamo far funzionare l’euro ed essere pronti a dare più competenze all’Europa. Il vero messaggio del fiscal compact, o Patto di bilancio, è che tutti dobbiamo introdurre principi sui conti pubblici in Costituzione. Non ci devono essere più, altrimenti perderemmo credibilità. Nei prossimi anni servono altri passi verso l’integrazione. Sono convinta che possiamo tenere insieme questa Europa comune. L’Europa è un grande e magnifico progetto. Siamo fortunati ad essere uniti e a condividere stesso futuro. Non saremo felici se non riusciremo a condividere questo impegno”.

”La gente non crederà all’Europa se la disoccupazione sarà troppo alta”, ha detto il cancelliere, ”dobbiamo fare qualcosa. Abbiamo imparato che dobbiamo costruire più Europa. Stiamo parlando di sostenibilità e crescita stabile. I settori dei conti pubblici e della competitività legata al lavoro saranno cruciali. Quello che è stato fatto in Portogallo, Grecia, Spagna e Italia è molto di quello che è stato fatto in passato”, ha detto Merkel. Secondo il cancelliere c’è ”bisogno di ripensare alla lezione che abbiamo tratto dalla crisi economica e finanziaria globale del 2008-2009. E la risposta che abbiamo non è ancora sufficiente. C’è ancora spazio per ripensare e migliorare. Nonostante l’esperienza del 2008-2009 abbia dimostrato l’interdipendenza tra i Paesi siamo riusciti a finalizzare il ‘Doha Round’ ma ci sono segnali crescenti di protezionismo. Abbiamo fatto progressi sulla regolamentazione delle banche, ma per una sufficiente regolamentazione sullo ‘shadow banking’ dobbiamo aspettare altri due anni”. L’Europa, ha quindi rilevato Merkel, ha il ”problema del debito pubblico e abbiamo difficoltà e debolezze sulla competitività in numerosi Paesi”.

Quindi sì, la Germania è disposta ad aiutare il resto dell’Unione, ma non è disposta ad accollarsi i debiti di nessuno. Se già precedentemente aveva chiarito che “Con tutti gli aiuti miliardari ed i meccanismi salva-Stati, noi in Germania dobbiamo stare attenti che alla fine neppure a noi vengano a mancare le forze, perché neanche le nostre possibilità sono infinite e questo non servirebbe a nessuno in Europa”, da Davos torna a sottolineare che “La Germania non intende prendere impegni che non potrà mantenere”.

Merkel rivendica come tedesca la promozione del fondo salva-Stati, prima Efsf e poi Esm, ma chiarisce che ”dobbiamo fornire aiuto sulla base dei trat­tati dell’Unione monetaria, che dicono con grande chiarezza che nessun Paese può farsi carico dei debiti dell’altro”. Quindi nessun raddoppio del fondo da 500 a mille miliardi come chiesto dall’Italia, o aumento fino a 700 miliardi come chiede l’Fmi. ”Abbiamo detto fin dall’inizio che vogliamo sostenere l’euro, ma non vogliamo una situazione in cui siamo forzati a promettere un qualcosa che non saremmo capaci di mantenere”, ha detto Merkel. ”Il fatto che la Germania sia l’economia più forte dell’Europa non deve voler dire che può fare quello che le pare o che non vuole esporsi. Se il mercato davvero ci attacca non saremo in grado di sopravvivere”, ha aggiunto il cancelliere, sottolineando che ”quello che abbiamo mostrato è che siamo in grado di mostrare solidarietà. Sulla solidarietà e sugli impegni da prendere abbiamo dimostrato in molte occasioni che siamo seri”.

Mentre Merkel teneva il suo discorso d’apertura al meeting di Davos, il presidente del Consiglio Mario Monti parlava alla Camera, dopo aver parlato al Senato, in occasione del voto sulla mozione unitaria di Pdl, Pd e Terzo Polo per impegnare il governo in una nuova politica europea, in vista del Consiglio europeo del 30 gennaio.

Da Roma Monti sembra aver voluto mandare un messaggio a Berlino: “Quando, in parallelo ai pesanti sacrifici per i cittadini, il governo chiede che l’Europa dia un segno di riconoscimento, non stiamo chiedendo denaro alla Germania: chiediamo che la governance dell’eurozona evolva in modo da consentire una ragionevole riduzione dei tassi di interesse”. Monti ha chiesto “che la governance dell’eurozona evolva in modo tale da consentire a quei Paesi che stanno facendo progressi che vengano riconosciuti i progressi nel loro risanamento e di vedere questo riflesso in termini di una ragionevole diminuzione dei tassi di interesse con la rimozione del rischio euro, che c’è per tutti, ma ovviamente grava su quei Paesi che per colpa loro o della loro storia hanno uno stock di debito particolarmente elevato”.

Il nuovo premier spagnolo Mariano Rajoy sarà giovedì a Berlino per incontrare Merkel in preparazione del vertice Ue di Bruxelles della settimana prossima. Rajoy illustrerà al cancelliere le prime misure di austerità e di riforma varate dal suo governo, confermerà l’impegno di Madrid a raggiungere l’obiettivo di riduzione del deficit per ora previsto per il 2012 al 4,4% e chiederà l’aiuto dell’Ue per i Paesi ‘virtouosi’ nel risanamento finanziario. Sarà la terza missione all’estero di Rajoy da quando è diventato capo del governo di Madrid a fine dicembre.

Sul fronte Grecia si discute ancora, ma il commissario Ue Olli Rehn ha sottolineato che ”C’è già un forte coinvolgimento degli istituti pubblici nel piano salva-Grecia che coinvolge i privati e la posizione Ue non è cambiata”.
FONTE: http://www.blitzquotidiano.it/

lunedì 23 gennaio 2012

ABBIAMO PERSO UN ALTRA AZIENDA ALIMENTARE...LA Ar...


I POMODORI PELATI ITALIANI DIVENTANO GIAPPONESI
COLDIRETTI FA' SAPERE CHE Ar ALIMENTARI,PRIMO PRODUTTORE ITALIANO DI POMODORI PELATI NOSTRANI PASSA NELLE MANI
DELLA SOCIETA' ANGLO NIPPONICA PRINCES CONTROLLATA DAL GIGANTE MITSUBISCHI.
LA Ar una azienda italiana del sud con un fatturato notevole e con una vendita a livello mondiale...bene, non è piu' nostra.