Elenco blog personale

giovedì 31 agosto 2017

VITTORIO FELTRI


L'immagine può contenere: 1 persona

VENEZUELA


VENEZUELA

Lettera dal Venezuela alle italiane e agli italiani

images
Pubblichiamo una importante lettera sottoscritta da diversi connazionali in Venezuela e inviata agli italiani, sulla strumentalizzazione della “presenza italiana” in questo paese – fatta in più occasioni anche da dirigenti politici e di Governo – e sulla (dis)informazione a senso unico che è rilanciata dai maggiori media italiani sul paese sudamericano. (Segue testo integrale)
“Care italiane, cari italiani, cari connazionali,
leggendo nei siti on line di gran parte dei quotidiani italiani ed ascoltando i report radiofonici e televisivi emessi dalla Rai e da altre catene, abbiamo purtroppo registrato che rispetto ai fatti venezuelani, vige una informazione a senso unico che rilancia esclusivamente le posizioni e le interpretazioni di una delle parti che si confrontano.
Abbiamo anche letto e ascoltato spesso che l’attenzione prestata alla situazione venezuelana viene giustificata per la presenza in Venezuela di una ‘consistente comunità italiana o di origine italiana’ in sofferenza e che sembrerebbe essere accomunata in modo unanime alle posizioni dell’opposizione.
Noi sottoscrittori di questa lettera, siamo membri di questa comunità. Ma interpretiamo in modo assai diverso l’origine e le cause della grave situazione che attraversa il paese dove viviamo da tanti anni e dove abbiamo costruito la nostra vita e formato le nostre famiglie. Siamo in questo paese perché vi siamo arrivati direttamente o perché siamo figli e nipoti di emigrati italiani che raggiunsero il Venezuela nel dopoguerra per emanciparsi dalla situazione di povertà o di mancanza di opportunità e di lavoro in Italia.
In tanti abbiamo condiviso e accompagnato il progetto di socialismo bolivariano proposto da Chavez e proseguito da Maduro, sia come militanti o elettori, sia partecipando direttamente il progetto di un Venezuela più giusto e solidale.
Ciò che era ed è per noi inaccettabile è che in un paese così bello e ricco di risorse e di potenzialità, decine di milioni di persone vivessero da oltre un secolo in una situazione di oggettiva apartheid, al di fuori da ogni opportunità di emancipazione sociale e quindi senza i diritti essenziali che sono quelli di una vita dignitosa, cioè quello delle reali condizioni di vita, di lavoro, di educazione, di servizi sanitari pubblici, di pensioni per tutti.
Questa situazione è durata in Venezuela per oltre 100 anni e bisogna chiedersi perché, soltanto all’inizio di questo secolo, con Hugo Chavez, per la prima volta nella storia di questo paese, questi problemi sono stati affrontati in modo deciso. E come mai, prima, questo non era accaduto. Chi oggi manifesta nelle strade dei quartieri ricchi delle città del nostro paese, gridando ‘libertà!’ dove stava, cosa faceva, di cosa si occupava, prima che Chavez fosse eletto in libere elezioni democratiche?
In questi anni, diverse agenzie dell’Onu e l’Onu stessa, hanno certificato che il Venezuela è stato tra i primi paesi al mondo nella lotta alla povertà, all’analfabetismo, alla mortalità infantile, raggiungendo risultati che non hanno confronti per la loro entità, rapidità e qualità.
Si citano la mancanza di prodotti di primo consumo e di farmaci, ma nessuno dice che è in atto una azione coordinata di accaparramento e di speculazione che ha fatto lievitare i prezzi e fatto crescere in modo esponenziale l’inflazione. Chi ha in mano il settore dell’importazione di questi prodotti? Alcune grandi e medie imprese private per giunta sovvenzionate dallo Stato. La penuria di questi prodotti è in realtà l’effetto dell’inefficienza di questi gruppi privati nel migliore dei casi, o piuttosto dell’uso politico che essi stanno operando, analogamente a quanto avvenne in Cile, nel 1973 per abbattere il governo democratico di Allende.
E’ evidente che l’obiettivo principale di questa specie di rivolta dei ricchi (perché dovete sapere che le rivolte sono situate solo nei quartieri ricchi delle nostre città) sia rimettere in discussione tutte le conquiste sociali raggiunte in questi anni, svendere la nostra impresa petrolifera e le altre imprese nascenti che operano in settori strategici, come il gas, l’oro, il coltan, il torio scoperti recentemente e in grandi quantità nel bacino del cosiddetto arco minero: l’obiettivo di questi settori sociali è tornare al loro mitico passato, un passato feudale in cui una piccola elite godeva di tanti privilegi e comandava sul paese, mentre decine di milioni languivano nell’indigenza.
Noi non abbiamo una ‘verità’ da trasmettervi; abbiamo però tante cose che possiamo raccontare e far conoscere agli italiani in Italia. Che possiamo dire ai vostri giornalisti e ai vostri media. A partire dal fatto che la comunità italiana non è, come oggi si vuol dare ad intendere, schierata con i violenti e con i vandali che distruggono le infrastrutture del paese o con i criminali che hanno progettato e che guidano le cosiddette proteste che non hanno proprio nulla di pacifico.
La comunità italiana in Venezuela è composta di circa 150 mila cittadini di passaporto e oltre 2 milioni di oriundi. Questi cittadini, che grazie alla Costituzione venezuelana approvata sotto il primo governo di Hugo Chavez possono avere o riacquisire la doppia cittadinanza, hanno vissuto e vivono insieme agli altri venezuelani i successi e le difficoltà di questi anni. Gran parte di loro hanno sostenuto e sostengono il processo di modernizzazione e democratizzazione del Venezuela. Molti di loro sono stati e sono sindaci, dirigenti sociali e politici, parlamentari della sinistra, imprenditori aderenti a ‘Clase media en positivo’, ad organizzazioni cristiane come Ecuvives ed hanno sostenuto e sostengono il processo bolivariano. Diversi di loro hanno partecipato alla stesura della Costituzione, che molto ha preso dalla Costituzione italiana. In gran parte hanno sostenuto Hugo Chavez e sostengono Maduro, opponendosi alle manifestazioni violente e vandaliche organizzate dai settori dell’ultra destra venezuelana.
Un’altra parte, limitata, come è limitata l’elite venezuelana, è sulle posizioni dell’opposizione. Grazie a sostegni finanziari esterni svolgono una continua campagna di diffamazione del Venezuela bolivariano in molti paesi, compresa l’Italia.
L’Ambasciata italiana censisce una ventina di associazioni italiane in Venezuela. Si tratta di associazioni costituite sulla base della provenienza regionale dei nostri emigrati (veneti, campani, pugliesi, abruzzesi, siciliane, ecc.) che aggregano circa 7.000 soci e che intrattengono relazioni stabili con l’Italia e le proprie regioni. Solo alcune di queste associazioni, insieme a qualche giornale sovvenzionato con fondi pubblici italiani, hanno svolto in questi anni, in piena libertà, una campagna di informazione contro l’esperienza bolivariana; esse hanno costituito talvolta le uniche ‘fonti di informazione’ privilegiate e accreditate da diversi organi di stampa italiani.
Ma questa non è ‘la comunità italiana’ in Venezuela. Ne è solo una parte limitata, le cui opinioni vengono amplificate da alcuni organi di informazione. Il resto della comunità italiana e il resto del mondo degli oriundi italo-venezuelani si organizza e si mobilità in questo paese nello stesso modo in cui si mobilita e si organizza il resto del paese. Vi è chi è contro e chi è a favore del processo bolivariano.
Da questo punto di vista, non vi è alcun pericolo per la collettività italiana in Venezuela. Come in ogni paese latino americano, e come dovunque, si parteggia e si lotta con visioni politiche e sociali differenti.
Strumentalizzare la presenza italiana in Venezuela è un gioco sbagliato, pericoloso e che non ha alcun fondamento se non l’obiettivo di alimentare lo scontro e la menzogna.”
Caracas, Venezuela, 23 giugno 2017
*. Colectivo de Italovenezolanos Bolivarianos
* V.O.I. – Venezolanos de Origen Italiana;
* CEIC – Colectivo Estudiantes de Origen Italiano
* Circulo   Bolivariano Antonio Gramsci
E-Mail: CBantoniogramsci@hotmail.com
[seguono 83 firme individuali]

VENEZUELA

Storia_ Il 27 febbraio 1989 il CARACAZO in Venezuela

La vittoria e la conferma di Hugo Chávez viene da lontano, molto lontano.
27 FEBBRAIO 1989 CARACAS (VENEZUELA).
di Davide Matrone
CARACAZO 27 - 28 febbraio 1989 a Caracas in Venezuela
CARACAZO 27 – 28 febbraio 1989 a Caracas in Venezuela
Il 27 febbraio del 1989 ha inizio, nella città di Guaranas (40 km da Caracas) una delle più grandi ribellioni popolari mai registratesi in Venezuela. La protesta ben presto si allargò fino alle strade della capitale del paese, dove migliaia di persone scesero in piazza per protestare contro le misure liberiste del presidente venezuelano Carlos Andrés Pérez che aveva annunciato alcune politiche economiche antipopolari quali:
– liberalizzazione di tutti i prodotti in commercio (con alcune eccezioni)
– aumento delle tariffe dell’acqua, dell’energia elettrica, del gas domestico e del telefono
– aumento delle tariffe dei trasporti del 30%
– sottomissione ad un programma economico, sotto la supervisione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) con il fine di ottenere un  prestito di 4500 milioni di dollari in 3 anni.
In due giorni si registrarono dure contrapposizioni tra l’esercito e la popolazione civile. Il 28 febbraio, si terranno gli scontri più duri che porteranno alla morte di centinaia di persone. Il bilancio finale di questo massacro fu enorme. Le cifre, ancora oggi, non coincidono e vanno dai 300 morti (secondo le fonti ufficiali) ai 3500 morti (secondo le denunce avanzate da organizzazioni non governative).
La repressione durante il CARACAZO
La repressione durante il CARACAZO
Anche il Venezuela, ebbe la sua porzione di  desaparecidos (scomparsi) come in Argentina o in Cile degli anni precedenti. Secondo le relazioni di alcune O.N.G. in difesa dei diritti umani, tra le quali la COFAVIC, si calcolarono approssimativamente circa 2000 desaparecidos e 68 morti ritrovati in alcune fosse comuni.
I protagonisti principali di questa pagina dolente della storia del Venezuela, poco conosciuta nel primo mondo civile e democratico, furono il Presidente Carlos Andrés Pérez del partito Acción Democrática (partito social – democratico che insieme al Copei di ispirazione social – cristiano si sono alternati al potere per 50 anni dal 1958 al 1993) e il popolo che paralizzò l’intera città. Tra i responsabili figura anche l’italo – venezuelano, Italo del Valle, all’epoca Ministro della Difesa Venezuelana, che fece mobilitare interi reparti della Polizia Metropolitana, delle Forze Armate e dell’esercito.
Questa sollevazione popolare prese il nome di CARACAZO dalla città Caracas, ricordando un altro episodio di violenza passato in Colombia il 9 aprile del 1948 con l’uccisione di Gaitán (candidato indipendente per il Partito Liberale per le presidenziali): il BOGOTAZO.
Il BOGOTAZO avvenuto nell'aprile del 1948 a Bogotà (Colombia), sarà l'inizio di una lunga guerra civile
Il BOGOTAZO avvenuto nell’aprile del 1948 a Bogotà (Colombia), sarà l’inizio di una lunga guerra civile
Eppure di queste sollevazioni e di questi massacri nel nostro occidente non vi è traccia, non si ricordano immagini come invece accadde nel caso delle proteste di Piazza tien an men nella Cina Comunista (forse è questo l’elemento che fa la differenza) proprio nel 1989 tra il mese d’aprile e il mese di giugno.
Le proteste in Piazza Tien an men in Cina 1989
Le proteste in Piazza Tien an men in Cina 1989
Il nostro occidente sceglie, attraverso i suoi mezzi di informazione, quali stragi e massacri bisogna dar da bere ai propri popoli e quali no. E’ evidente che i massacri avvenuti in America Latina, con il bene placito dei vari Presidenti corrotti e fantocci degli Usa, non hanno mai avuto spazio nei nostri telegiornali perché ritenuti scomodi e imbarazzanti.
Questo del 17 febbraio del 1989, quando al governo non c’era nessun dittatore o populista pericoloso come Hugo Chávez (che vince ininterrottamente e democraticamente dal febbraio del 1999 attraverso elezioni popolari) ma un Presidente civile e democratico (che fece massacrare centinaia o forse migliaia di civili inermi), è solo uno dei tanti massacri nascosti.

martedì 15 agosto 2017

FRANCESCO MERLO - MARCO TRAVAGLIO

Marco Travaglio per Il Fatto


15 8 2017 - Se c' è una cosa che invidiamo, segretamente, a Francesco Merlo è la mira: per lui chi comanda è sempre bello e buono, chi non conta nulla è brutto e cattivo. Il colore dei sommersi e dei sal(i)vati non conta nulla: conta il potere. Ai tempi di Craxi, gli piaceva Craxi: "Un applauso alla fatica, al sudore, alla rabbia, quasi al dolore. Il mento di Craxi gocciola come nei versi di Palazzeschi: 'plic ploc' sulla carta" (Corriere, 28.6.1991).

Ai tempi di B., detestava i nemici di B. e amava neppur tanto segretamente Marina, "primogenita di cinque cuccioli" che "regge la Fininvest con vigore" e "le cose vanno molto bene": "i capelli giustamente li preferisce biondi" su quel "viso piccolo, un po' geometrico che vuole addolcire", ma purtroppo "una volgarità gratuita si accanisce sui suoi capelli e su di lei, sul fatto che porta i tacchi alti ed è piccolina di statura"; invece "la femminilità che vi si indovina è una grazia giovanile alla ricerca di una solidità fittizia", "e c' è l' amore protettivo per il fratello minore Pier Silvio", eppoi "le piace il giornalismo d' autore".


Insomma - concludeva il Merlo marinato - una "ragazza fragile che, come una piccola Atlante, si mette il mondo sulle spalle" (11.10.1999).

Peccato per quei brutti oppositori che, come Luigi Pintor sul manifesto, invitavano gli italiani a rimandare al mittente Una storia italiana, il fotoromanzo autoagiografico spedito in 12 milioni di copie dal Cavaliere: "Un uomo colto che manda indietro un libro è come una donna che manda indietro i fiori Se il libro è la più alta forma della civiltà politica, come si può dichiarare guerra a un libro, invitare a non leggerlo? Berlusconi sperava solo nella provocazione. Come Luttazzi, contava sulla reazione indignata". Il censore e il censurato sullo stesso piano, infatti respingere il fotoromanzo era "una reazione khomeinista e talebana" (13.4.2001).



Nacque così il Merlusconi, che parlava come Silvio, anche quando passò a Repubblica: "La cultura di sinistra, nei suoi anni postcomunisti, ha prodotto il giustizialismo, il moralismo, la subordinazione all' etica dell' economia e della politica, lo statalismo e l' assistenzialismo" (17.6.2005). Nel 2011 ecco Monti e Merlo dietro: "Con l' inedito 'chiamatemi agenda', che è il tempo del dovere, Monti diventa il gerundio d' Italia con la veste sobria e rigorosa della virtù l' insicuro sicuro di sé che sale in campo per scendere in campo rivela l' efficienza e la disciplina del servitore dello Stato La conferenza stampa ha avuto più eco di quanta in Inghilterra un discorso della regina incontro con i giornalisti magnifico, ordinato e appassionato".

Praticamente un' autobiografia preventiva. Poi, alla vigilia della sconfitta referendaria del 4 dicembre, Merlo volò via dal Titanic che affondava senza lasciare gran traccia di sé, avendo scoperto con gran prontezza di riflessi che la politica interferiva ancora (l' avreste mai detto?).



Nacque il governo Gentiloni.
E noi pensammo subito che l' anti-Renzi piacesse a Merlo almeno quanto Renzi. Invece i mesi passavano e lui ci lasciava orbi dell' usuale incenso sul premier pro tempore. Temevamo avesse perso la lingua o rinunciato a completare l' album delle figurine. Invece ieri, con 8 mesi di ritardo sulla tabella di marcia, ha ipersalivato da par suo per un' intera pagina sull'"Invisibile Gentiloni, il grigio anti-leader che piace all' Italia stufa degli eccessi". "Rassicurante e affidabile, Gentiloni può davvero farcela", perché "con l' esempio mette in dubbio che il modello vincente debba essere quello del piacione, del gradasso, del Brancaleone".

Ah, quella "rassicurante normalità", perfetta per "la voglia di normalità degli italiani"! Basta con "carismi, paternalismi, divismi" e quelle "famiglie invadenti ed esagerate fatte di 'mammeta, pateto, frateto e sorete', di conflitti di interesse, sesso e banche". Allusione pornosoft agli scandali Renzi-Consip e Boschi-Etruria.
Che poi è quello che diciamo anche noi, ma da sempre, senz' aspettare il disastro referendario.

Merlo invece all' inizio stravedeva per le caratteristiche renziane opposte a quelle che ora esalta in Gentiloni: "L' ambizione esibita è la facoltà migliore di Renzi Anche Spadolini fu toscanaccio come lo è Matteo e non toscanuccio come Letta" (15.2.2014).

Quando Matteo salì al Colle da Re Giorgio, perse la testa: "Mogherini, Boschi, Madia, Guidi, Lanzetta e Pinotti sono la dolcezza della gens nova rassicuranti e pacificanti custodi dell' irruenza del capo Renzi ha imposto al passo lento di Napolitano il suo peso di libertà a volte baldanzosa e a volte birichina l' allegria del rilassamento, l' evviva del dopo-partita, la felicità della vittoria è rimasto l' attor giovane con il bellissimo torto di prendersi il futuro Il vecchio e il giovane, appaiando la spada che ferisce e separa con la spada che cuce e ripara hanno tenuto a battesimo la nuova classe dirigente" (22.2.2014).
Poi bastò che l' iperpresenzialista Re Giorgio abdicasse perché la lingua del Merlo si posasse rapita sull' iperassenteista Mattarella, "vedovo dolente e creativo tragico e superbo che brancatianamente vede il nero anche nel sole Sono così i siciliani muti, nodosi, solitari, sobri, schivi e diffidenti Il suo colore è il celeste, che può essere raccontato come un blu stinto, un blu indebolito, il gozzaniano 'azzurro di stoviglia' oppure come il cielo: ed è vaniglia la sua personalità: dolciastra indecisione o sobrietà e festa di nuances?". Ah saperlo.
Di certo "è un umbratile e sensibile siciliano fenicio" (31.1.2015): non un siciliano sumero o assiro-babilonese: fenicio.



Poi bastò che Matteo perdesse il referendum e il governo perché Merlo ne scrivesse tutto ciò che gli era rimasto fin lì nella penna: un "bullo bellimbusto", "pacchiano", "un potente spavaldo che si è gonfiato di boria", "l' uomo che non può che farsi scarafaggio" (8.12.2016). E ora, mentre Matteo rosica per la discesa dal carro dei leccaculi, Merlo slurpa San Paolo: "Discrezione e misura persino nelle foto al mare, con un lungo costume rosso che è il costume dell' italiano qualunque E quando torna dalla montagna, che è il suo ambiente operoso, organizza la cena dei Würstel che solo a noi, che li troviamo dozzinali, paiono tutti uguali" (invece, chez Paolo, non ce n' è uno uguale all' altro). E poi la "monogamia", "valore che in Italia è diventato di sinistra contro i disordini della destra (Berlusconi, Fini, Casini, Grillo, Bossi, Salvini)", tutti poligami.



Gentiloni no: lui solo "Manuela Mauro che, da quando il marito è al governo ha quasi smesso di lavorare. Gira ancora in motorino e si occupa con grande attenzione della mamma", mica come quei poligami di destra che la mamma l' ammazzano a mani nude; "affronta i vertici internazionali senza rinunciare ai pantaloni" (il marito invece è sempre in costume rosso); e "vorrebbe che non si scrivesse neppure il suo nome di battesimo".

Ma l' intrepido Merlo lo scrive lo stesso. Paolo il monogamo ha "la lentezza dell' Adagio di Albinoni, e il sorriso dolente della ragion di Stato", ma alieno da "una delle più vili e veloci abitudini nazionali: il voltafaccia" (notoriamente ignoto al Merlo). Ecco a voi "l' italiano che può salvare la patria senza essere il salvatore della patria".
E noi al posto di Gentiloni, visti i precedenti, una grattatina ce la daremmo.