Elenco blog personale

venerdì 28 settembre 2012

FRANCO MASTROGIOVANNI...TRATTATO IN MANIERA DISUMANA...



Così hanno ucciso Franco Mastrogiovanni
di Gianfrancesco Turano
Dalle 12.32 di oggi L'Espresso on line trasmetterà integralmente le 82 ore di agonia di Mastrogiovanni, l'uomo morto dopo essere stato legato e tenuto senza acqua né cure all'ospedale di Vallo della Lucania, in Campania. Un'iniziativa dei familiari della vittima e dell'associazione 'A Buon diritto' di Luigi Manconi
(26 settembre 2012)
Il 31 luglio 2009 il maestro elementare Franco Mastrogiovanni viene ricoverato al Centro di salute mentale dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania (Salerno) per un trattamento sanitario obbligatorio (Tso). Secondo i vigili urbani di Pollica, la sera prima Mastrogiovanni ha invaso con la sua auto la zona pedonale del Comune cimentano, provocando feriti e incidenti. Non è vero ma basta a scatenare una caccia all'uomo che si concluderà il giorno dopo, quando il maestro sarà bloccato nel campeggio dove sta trascorrendo le vacanze e portato all'ospedale San Luca.

Sebbene non sia violento e anzi collabori con il personale del reparto psichiatrico, una volta ricoverato, viene sedato pesantemente e, mentre dorme, legato al letto.

Sarà liberato 93 ore dopo, da morto. Per tre giorni e mezzo, starà a digiuno, non potrà bere, né sarà visitato dai medici. I suoi parenti saranno tenuti fuori dal reparto e sulla cartella clinica, il diario di bordo del malato, non sarà annotato che il paziente era in stato di contenzione.

L'Espresso, in collaborazione con l'associazione "A buon diritto" di Luigi Manconi e con l'accordo dei familiari di Mastrogiovanni, mostra per la prima volta in esclusiva il filmato integrale registrato dalle telecamere di sorveglianza all'ospedale San Luca.

«Dopo tre anni», dice Manconi, «la famiglia di Mastrogiovanni ha deciso, con grandezza civile, che il suo dolore intimo diventi pubblico affinché la crocifissione del loro congiunto non si ripeta».

Il video, terribile documento di un delitto, partirà domani alle 12.32. E' lo stesso orario in cui, nel luglio di tre anni fa, Mastrogiovanni è entrato nel reparto psichiatria del San Luca. La trasmissione si concluderà la mattina di martedì 2 ottobre, quando il pubblico ministero del tribunale di Vallo della Lucania, Renato Martuscelli, incomincerà la requisitoria del processo contro sei medici e dodici infermieri del San Luca accusati di sequestro di persona, falso in atto pubblico e morte come conseguenza di altro reato.

Sul settimanale in edicola venerdì 28 settembre sarà inoltre pubblicata un'ampia inchiesta riguardante la morte del maestro elementare di Castelnuovo Cilento, ex attivista anarchico mandato ingiustamente in carcere per due volte e per quasi un anno complessivo di detenzione. L'uomo, schedato come sovversivo dalle informative delle forze dell'ordine locali, aveva già subito due Tso. L'ultimo, quello che si concluderà con la sua morte, porta la firma di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica che il 5 settembre 2010, tredici mesi dopo il decesso di Mastrogiovanni, sarà a sua volta ucciso con nove colpi di pistola in un attentato che non ha ancora colpevoli.

I lettori dell'Espressonline e dell'Espresso sono invitati a commentare la vicenda di Franco Mastrogiovanni e a segnalare casi analoghi. Nelle successive edizioni il giornale pubblicherà una selezione di questi interventi e approfondirà le segnalazioni di casi simili a quello di Franco Mastrogiovanni. Perché non succeda mai più.


IN ITALIA CI SONO ANCORA LE VOTAZIONI?


VOTAZIONI...

Il popolo potra' esprimersi ancora?

RENATO FARINA...SE QUESTO CIALTRONE E' UN GIORNALISTA...



-----------------------

L'articolo sotto su Renato Farina, non è di Travaglio ma di Filippo Facci.


di Filippo Facci
18 novembre 2006

Questo articolo è il risultato di una lunga inchiesta condotta consultando carte, verbali e intercettazioni inedite; si racconta, in particolare, del ruolo di Renato Farina, vicedirettore di Libero già inquisito per favoreggiamento e sospeso dall’Ordine dei Giornalisti per 12 mesi. Anche se c’è chi vorrebbe radiarlo a vita.

Di qualcosa (in sostanza di una lite tra me e Vittorio Feltri) avete già letto qua.

Ma questa è tutta l’incredibile storia.


Dapprima, come nome in codice, Renato Farina aveva pensato a Cedro: ma rinunciò per non confondersi con un amico libanese. Il nome in codice di Pio Pompa, invece, era Pino De Santis. Betulla e Pino: quando si dice il sottobosco.

Cìò risulta dalle carte, come tutto il resto: la storia di un giornalista che pareva già disperato prima ancora che l’inchiesta lo investisse come un treno: “Scusa la mia depressione, penso che la mia parabola si stia spegnendo nell’indifferenza generale”, scrive in un inquietante sms del 26 maggio. Non è ancora successo niente, ma questo è Farina, la sua perenne lacerazione, la sua bulimia esistenziale, il suo cattolicesimo carsico tra tormento ed estasi: Farina è un personaggio che fu visto tirare testate nel muro (letteralmente) perchè non gli riusciva un articolo.

Il giorno prima, 25 maggio, aveva riferito al Sismi di una presunta opinione di Gad Lerner su Tronchetti Provera; il giorno dopo, 27 maggio, aveva seguito per l’ennesima volta le istruzioni del funzionario del Sismi Pio Pompa: c’era da scrivere che un attacco su Gaza era solo una questione palestinese, che Israele non c’entrava. Renato, scrivilo.

Sono le carte a dimostrare che le veline dei servizi segreti venivano cotte e mangiate così com’erano. Farina ogni tanto smistava ad altri, ma le cose importanti, come quel pezzone del 14 maggio sul caso Abu Omar, le scriveva con Claudio Antonelli. Il caso più clamoroso rimarrà quello del 9 giugno successivo, con Libero ad annunciare “rivelazioni” e a spiegare che era stato Romano Prodi, da presidente della Commissione europea, ad autorizzare i voli segreti della Cia in Italia.
Titolo: “Sorpresa, dietro le missioni Cia il visto Prodi”.
Negli uffici del Sismi verrà reperito l’originale della velina trasmessa da Pompa sulla faccenda: identica all’articolo pubblicato da Libero. Non una verifica, non uno scrupolo per una notizia già falsa nelle premesse: mai l’Unione europea potrebbe autorizzare voli o altre cose, ovvio, non avendo il potere di sovrapporsi agli stati nazionali. C’è scritto nel trattato di Maastricht, ma non occorre averlo letto.

Farina al tempo non se cura.
Proprio quel 14 maggio dice al suo cronista Antonelli di procurargli un incontro con il pm Armando Spataro: viene fissato in Questura per domenica 21 maggio, nell’ufficio del capo della Digos Bruno Megale. C’è Spataro, c’è il pm Ferdinando Pomarici e ci sono dei microfoni nascosti.

Pio Pompa era stato chiaro, Farina doveva inscenare una specie di falsa intervista con due obiettivi: capire se il Sismi fosse coinvolto nell’inchiesta su Abu Omar e depistare le indagini fornendo false informazioni. Le domande erano concordate con il Sismi, ma Farina da principio le prende troppo alla lettera: “Il Sismi c’entra con Abu Omar?”, esordisce, facendo tremare i cornicioni. “I primi dieci minuti sono stati un crescendo di tensione”, racconterà Antonelli, “anche perché Farina fece subito cenno a D’Ambruoso”.
E’ il depistaggio: inventarsi un ruolo del pm Stefano Dambruoso nel rapimento di Abu Omar. “Le mie fonti, vicine agli americani, mi dicono che insomma D’Ambruoso non poteva non sapere”, dice Farina ai magistrati. “Verbalizziamo”, risponde Spataro. E Farina ad Antonelli: “Butta giù due appunti”.
Antonelli non lo sa, ma sta compilando un’informativa per il Sismi.

E in serata, infatti, Antonelli gira gli appunti a Farina che ne aggiunge di suoi e gira il tutto a Pompa, che gira il tutto a Nicolò Pollari, direttore del Sismi. Farina si finge giornalista, Antonelli crede di farlo.

Pio Pompa, per molti aspetti, era comunque una fonte come un’altra,: lo chiamano anche Tony Capuozzo del Tg5, Pino Buongiorno di Panorama, Claudia Fusani di Repubblica, Antonio Padellaro e Andrea Purgatori dell’Unità (incontrarono Pompa insieme al direttore del Sismi, Niccolò Pollari), Stefano Cingolani del Riformista e della Stampa, Mario Sechi e Gian Marco Chiocci del Giornale, Massimiliano Boccolini dell’AdnKronos, Gigi Riva dell’Espresso, Vincenzo Sinapi dell’Ansa, Christian Rocca del Foglio. Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera e Luca Fazzo di Repubblica invece parlavano con gli 007 Mancini e Murgolo (arrestato per il caso Abu Omar) che aveva contatti quotidiani con Pompa.
Qualcuno aveva con Pompa un rapporto sin troppo amicale, ma il caso Farina è diverso: c’era un’amabile e personalissima confusione nella doppia vita di un vicedirettore già ingordo di suo di contatti e riconoscimenti: infinite come sempre, om quel periodo, le telefonate per segnalare i propri articoli, la spedizione di sms con antifone sui santi a personaggi che magari non sentiva da anni.
E’ la routine di un vicedirettore bulimico: gente che chiama, Edoardo Raspelli che gli chiede di essere assunto, chiacchiere con Monsignor Maggiolini e Paolo Bonaiuti, ovviamente ringraziamenti a Pio Pompa che gli farà avere dei biglietti gratuiti per le partite dei mondiali: dopo Italia-Ghana, è noto, Farina ringrazierà direttamente su Libero: “Ho usato amici che la sanno lunga. Fatta! Grazie a Pio e a Dio”.

Urrà. E infatti il rapporto con Pompa prosegue giocoso come sempre. Farina, a fine luglio 2005, gli aveva chiesto una consulenza persino per duellare con Marco Travaglio a Primo Piano, sui Raitre.
Può accadere che la qualità delle informative talvolta làtiti: il 10 giugno Farina riferisce a Pompa che il pm Spataro aveva interrogato diversi ufficiali del Sismi, ma lo sapevano tutti; un’altra volta Antonelli gli riferisce che Spataro è negli Usa per un convegno: e basta per farne un’informativa. “Mai avrei immaginato”, dirà Antonelli, “che notizie tanto banali quanto riservate potessero uscire dalla redazione”. Ma Farina con Pompa metteva le mani avanti: “Io ti do anche la pattumiera, poi sei tu a scegliere, perchè molte cose che girano nell’ambiente giornalistico sono anche tentativi di depistaggio, no?”.

Insomma tutto bene. I due non hanno sospetti neppure quando la sorte pare avvertirli. Pio: “Senti, perchè c’è ‘sto rumore?”. Farina: “Io non sento nessun rumore. C’era un rumore?”. “Sì”. “Che rumore?”. “Niente”. “Un ronzio?”.

Le prime notizie sono sui quotidiani del 6 luglio: si parla di un ufficio clandestino del Sismi dove il funzionario Pio Pompa gestiva migliaia di dossier screditanti. Il direttore di Libero, Vittorio Feltri, informa che Farina e Antonelli sono indagati. Per favoreggiamento, si apprenderà. Verrà fuori che Farina risultava a libro paga del Sismi col nome in codice Betulla.
Ma Farina quel giorno è ai Mondiali di Germania coi biglietti di Pompa, e rischia di perdersi la vittoriosa semifinale coi tedeschi.
Parla al telefono con Vittorio Feltri che lo rassicura: “Mi sembra che non stia in piedi… l’unica ca(…) che avete fatto è andare nell’ufficio del Spataro… andare lì a fare cosa?”. Farina: “Ma no… è stato loro che… insomma mi piacerebbe sapere che ricordi ha Antonelli… Antonelli diceva…”. Feltri: “Io ho parlato con Antonelli”.
Farina deglutisce e dice che insomma era andato dai magistrati solo “per tenere rapporti istituzionali”, ma Feltri s’inquieta: “Non abbiamo bisogno di loro, i servizi segreti non c’hanno mai dato mezza notizia… quando abbiamo avuto bisogno di un verbale, di qualcosa… abbiamo dovuto procurarcelo per i ca (…)nostri”. Ignora la doppia natura del suo vice, all’apparenza. Ignora, pure, che il suo vice su Libero aveva già piazzato paginate di veline: “Magari tu avessi la possibilità di muovere le pedine in quella maniera lì, avremmo 250mila copie, non 120… ma dov’è il problema? Dove sono i reati?”.
Farina non lo spiega, e Feltri non lo apprende: a meno che la telefonata fosse la duplice commedia di chi pensava d’essere intercettato. Ai magistrati, comunque, Farina dirà così: “Ho sempre informato Feltri, gli ho sempre detto di queste cose e di questi rapporti, anche perchè mi ha indirizzato lui a questo”.

L’interrogatorio di Renato Farina, immortalato il 7 luglio 2006 per quasi 200 pagine, è qualcosa che lo scrivente non aveva mai visto in vent’anni di professione. Più che interrogatorio è psicoanalisi, seduta autocoscienza, autoflagellazione e delirio di onnipotenza che si alternano nella scia di un progressivo distacco dalla realtà. A inquietare non è tanto la sua apparente insincerità nel raccontare alcuni fatti, ma la sua apparente sincerità nel raccontare come il mondo ritenga che si relazioni a lui.
I magistrati Maurizio Romanelli e Stefano Civardi, quel giorno, vedono passare le ore senza che nulla quagli. Farina ha raccontato per ore di un suo ruolo in Serbia nel 1999, quando da inviato del Giornale, dice, fungeva da tramite tra Milosevich e il governo D’Alema. Nota: la circostanza è stata smentita con una certa decisione sia dall’ex ministro degli Esteri Lamberto Dini che da Giulio Andreotti, tuttavia “C’è stato un momento in cui io ero quello che trattava con Milosevich… Io ero contro la guerra sulla base delle indicazioni del Papa e volevo pagare stando sotto i bombardamenti, una cosa un po’ eroica”.
Ma Farina spiega che un giorno l’avvertono che vogliono ucciderlo: “Devi ripartire subito”. Chi l’avverte? “Uno dei servizi, o un infiltrato dei servizi serbi, o uno dei servizi segreti del Pci”. Il nome? “Non vorrei che questa persona fosse eliminata… glielo dico in un orecchio”. “In un orecchio no”, s’imbarazza il magistrato. “Io comunque non volevo ripartire, avevo più paura di tornare a rapporto dal mio direttore che di quelli che mi ammazzano”. Il direttore era Maurizio Belpietro. Al Giornale, comunque, ricordano che Farina tornò senza preavviso, adducendo problemi di salute di un familiare.
Poi Farina passò a Libero, e Vittorio Feltri, dopo l’11 settembre, l’incaricò di contattare Francesco Cossiga per capire che cosa stesse combinando il Sismi. Cossiga gli disse che non nominare Niccolò Polari a capo del Sismi sarebbe stato un errore capitale, e Farina si diede da fare: “Fatto sta che mi faccio parte di questa campagna giornalistica fino a sottoporla alla persona di Martino, il quale effettivamente sceglie Pollari”. E’ merito di Farina.
Ecco perchè Pollari volle conoscerlo. E fu subito intesa, scambio d’informazioni: “Il 95 per cento della mia attività giornalistica si occupa di tutto, cioè io sono un universalista, cioè faccio cose politiche, naturalmente poi vado in trincea quando si tratta di fare anche cose giudiziarie, ma non sono uno sbirro del giornalismo, non sono un pistaiolo… Di terrorismo italiano ci capisco, quando Feltri mi telefona e mi dice che le Brigate Rosse hanno sparato a uno a Bologna, io lo sapevo che era Marco Biagi”.
Morale, Pollari chiede a Farina di attivarsi: “E allora lì c’è un problema di coscienza: se i servizi ti chiedono una cosa, tu che fai? Io ho pensato che c’era una guerra mondiale in atto”. Una guerra che nessuno immagina: “All’Hotel Cavalieri Hilton di Roma mi si avvicinò una sorta di plenipotenziario dei servizi americani. Mi spiegò che non esiste solo la Cia, e c’è questo servizio che dipende direttamente da Condoleeza Rice”. E chi era questo? “L’Ammiraglio Capra”. Prego? “Esiste, ho guardato su internet e ho visto che esiste un ammiraglio Capra”. La Cia parallela, spiega Farina, vedeva Pollari come una sciagura e lo descriveva come un corrotto troppo propenso al dialogo col mondo arabo, insomma “non organico all’intelligence occidentale”. Perciò Farina diffidò di Pollari, all’inizio.
Ma nel 2004, dopo l’attentato di Madrid, Feltri chiese a Farina di rifarsi sotto con Pollari. Il rapporto si riallacciò: “E’ come se mi fossi innamorato di Pollari”, dice Farina ai magistrati. Farina lesse un rapporto su possibili attentati a Londra che su Libero tradusse così: “Tettamanzi e Formigoni nel mirino del terrorismo”. “Fu una mia esasperazione”, ammette Farina.
Ma è il documento del Sismi “Rischi e speranze” datato 3 dicembre 2003 a scolpire le convinzioni del soldato Farina: “Il documento usava dei termini riferiti a Berlusconi che io interpretai come quasi tradotti dal linguaggio del cabaret della sinistra, per cui ho pensato che ci fossero elementi di convergenza con questi ambienti, no? E’ stato uno dei miei cavalli di battaglia, l’alleanza oggettiva o soggettiva tra marxisti e islamici… Questa Cia alternativa ha in mente di dustriggere il Sismi, è legata ad ambienti neoliberal americani che in coincidenza con l’avvento di Prodi e del centrosinistra vogliono cambiare i servizi. Questo saprei documentarlo”.
Probabile, ma i soldi? Farina racconta che fu Pollari a presentargli questo Pio Pompa, uno che sembrava Renato Rascel. Il rapporto si consolidò. Il primo pagamento fu di 1500 euro, e Farina dovette firmare una ricevuta col nome in codice.
Intere pagine dell’interrogatorio di Farina, dopodichè, sono occupate dal suo dilaniamento nel cercar di spiegare che altri soldi lui non ne voleva, non gliene importava: semmai, “per quello che avevo fatto in Serbia, il che avevo buttato lì anche a Minniti e Manconi”, Farina avrebbe gradito una nomina a commendatore. Non accadde: e accettò un rimborso forfettario per un totale di almeno 30mila euro. Questo sino a ieri: “5000 ad aprile, 4000 a maggio, o a giugno”, “Li ho usati d’accordo con mia moglie per delle liberalità… se uno invece li spendeva diversamente… cioè ho capito che dal punto di vista psicologico serviva a togliergli le inibizioni nel chiedermi delle cose”. Ossia: “Li ho presi con l’idea, dentro la mia testa e il mio cuore, che poi mia moglie realizzava, e in parte anche io realizzavo, di fare delle liberalità nei santuari”. Donazioni, elemosine. “Li ho messi dentro Santa Maria Maggiore, non volevo creare dei problemi, rifiutandoli”.

Alla fine dell’interrogatorio, segretato, arrivano i primi sms di solidarietà: da l’Opinione, dal Giornale, arriva anche una chiamata di Feltri che ha un’idea per toglierlo dall’ imbarazzo, dice. Forse è l’articolo che Farina scriverà entro sera, e che il mattino dopo infatti è su Libero, “Farina ci scrive”: “Ho aiutato i nostri servizi segreti a difendere l’Italia dai terroristi”, “La mia ambizione è sempre stata inconsciamente quella di Karol Wojtyla: lui morire nei viaggi, io sul fronte”, “Non ho scritto su Libero una sola riga che non coincidesse con i miei convincimenti”, “Sono reduce da sette ore di interrogatorio, ve lo vorrei raccontare, ma è stato segretato”.

Ecco perchè non ha scritto una parola dei soldi, mentre continua il circolo solidale: sms di Magdi Allam e Rula Jebreal, preghiere dedicate alla Vergine Maria, frammenti dei vangeli di Marco e Luca, una chiamata a Bruno Vespa per complimentarsi di un suo articolo, messaggi anche da Gad Lerner: “Renato, questa tua storia mi ha turbato e addolorato… può darsi che io me la senta di scrivere qualcosa… Come puoi immaginare conoscendomi, avrei scelto di difendermi diversamente”. Presto Lerner scoprirà che Farina, suo collaboratore all’Infedele, l’aveva tirato in ballo in un’informativa del Sismi: e inscenerà uno spot contro di lui su La7. Angosciato, il 14 luglio Farina cerca anche il Presidente della Repubblica, ma non glielo passano. A un amico dice che è ormai un possibile bersaglio del terrorismo islamico, che è un anello debole a dispetto della sua capacità di analisi (“non voglio paragonarmi a Falcone, ma…”) sicchè potrebbero colpirlo anche le Brigate Rosse: “Non posso neanche chiamare Pollari.. devo chiamare il ministro degli Interni… devo chiamare il ministro della Difesa… devo chiamare Manconi, la Procura… la Procura deve mettermi in sicurezza”. Vorrebbe incontrare anche Bonini e D’avanzo, dice all’amico: per dir loro che aveva fatto solo il giornalista. “Feltri mi chiede silenzio”, dice.

Uno dei due. Il resto è cronaca. Il 28 settembre, Renato Farina si presenta all’Ordine dei giornalisti della Lombardia e chiede di poter patteggiare, fa “ammissione di responsabilità” e s’impegna a non occuparsi mai più di servizi segreti. Chiede una sospensione per due mesi, ma rifiutano. Ne propone quattro, rifiutano. Sei, rifiutano. Lo sospendono per dodici. Assolto il cronista Claudio Antonelli.
Il 30 ottobre la decisione dell’Ordine è impugnata dalla Procura di Milano, che per Farina chiede la radiazione a vita. Intanto alcuni consiglieri comunali di Forza Italia propongono di conferirgli la Medaglia d’oro del Comune: tanto per buttarla in . Obiettivo: buttarla in politica, an che se, un po’ come tutti i firmatori di appelli, molti probabilmente non sanno neppure di che si parla.
Il 9 novembre, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti rifiuta di audire Farina. Lui allora manda una mail in cui spiega che l’inchiesta gli ha impedito di intervenire sul Al Jazeera, e quindi di evitare gli attacchi al Papa dopo il discorso di Ratisbona: “Non posso fare nulla in settori che risentivano di una mia azione pacificatrice”. Scrive di aver ricevuto minacce di morte (troverà anche dei proiettili nella cassetta della posta) da parte del “Fronte rivoluzionario per il comunismo”. Scrive che era stato il tramite del Sismi durante tutti i rapimenti di italiani in Iraq: “Ho preso denari per pagare le spese, ma in nessun modo sono stato contrattualizzato”. Da allertare i sindacati: “Credo sia giusto che si ristabilisca la mia reputazione e mi si restituisca il lavoro”.
Uno dei due.

(Il Giornale, 18 novembre 2006)

giovedì 27 settembre 2012

VIGNETTA...


poi me ne vado...hao!

QUI ALTRE VIGNETTE

FIORITO...IL CONSIGLIO APPROVA..OVA OVA OVA...



Fiorito andrà in pensione a 50 anni
con vitalizio da 4mila euro al mese
Grazie ad un emendamento proposto dallo stesso Fiorito e approvato nel dicembre scorso


Non ci sono consiglieri che chiedono di parlare…

il consiglio approva…


LA POLVERINI ANCORA NON SI E' DIMESSA...


le TV se la litigano:

C'è un proverbio famoso che dice:

Chi piu' sporca la fa priore diventa!

mercoledì 26 settembre 2012

RENATA POLVERINI: RITORNO PRIVATA CITTADINA...CAZZO...


Cara "Signora" Renata Polverini, lei dichiara orgogliosamente di essersi dimessa e di tornare a fare la privata cittadina. Avrei voluto sentir dire: mi ritiro dalla politica, non ho saputo vigilare e fare il bene comune, mi vergogno, quindi mi mettero' a fare altro.
Insomma "Signora" Polverini, io direi che lei cosi giovane, ha gia' un bel bottino di "lavoro" tra il fare la sindacalista e il governatore alla Regione Lazio, mi risulta leggendo IL FATTO che lei possiede gia' 4 case di cui una a Parigi, 5 cantine, e un bel conto in banca. Siamo stati generosi noi italiani mi sembra, giusto? be' si tolga dai coglioni, e cosi naturalmente si dovrebbero togliere dai coglioni tutti quelli che fanno politica per mestiere, per arricchimento personale, per sistemare parenti amici mogli amanti compari e cognati...siamo alla disperazione, ma vede non mi viene l'idea di farla secca, e di fare secchi tutti gli altri profittatori, siete cosi ingordi che vi fate secchi da soli.
A non vederla piu, speriamo ma ci credo poco.


BERSANI...E CHI LE SPARA PIU' GROSSE...

NOI A SINISTRA DICE BERSANI NON ABBIAMO I BATMAN...

Si Bersani, noi a sinistra abbiamo gli appassionati di vela e di vino...
i fatti si commentano da soli.

martedì 25 settembre 2012

DIRETTORE POSTE AL SENATO SPACCIAVA COCAINA...


Cocaina, arrestato direttore poste Senato
Presa banda italo-albanese: 10 arresti

L'uomo è ritenuto il braccio destro di un boss dell'Albania che gestiva i pusher nella parte sud dell'hinterland di Roma. Le indagini durate sette mesi dei carabinieri di Valmontone hanno portato all'arresto anche di un autista Cotral e di un vigile urbano. Spacciavano anche con le auto di servizio
Lo leggo dopo
ROMA - Il direttore dell'ufficio delle Poste del Senato è stato arrestato dai carabinieri per spaccio di cocaina. L'uomo è ritenuto il braccio destro di un boss albanese che gestiva i pusher nella parte sud dell'hinterland di Roma. Secondo quanto si è appreso il 53enne Orlando Ranaldi, di Olevano Romano, lavorava insieme a un'autista Cotral, Alessandro Mele, 36enne, che gestiva il traffico di droga quando arrivava dalla Capitale tramite gli albanesi. A quanto accertato dagli investigatori, il sodalizio era ormai "consolidato".

Chi teneva i rapporti tra la banda di albanesi di Torre Maura, borgata romana, e la 'cupola' di Valmontone era proprio l'autista del bus che gestiva e coordinava le operazioni di spaccio. La cocaina, riferiscono i militari, arrivava appunto da Roma e serviva solo il territorio di Valmontone. Tutti avevano un ruolo prestabilito. Il direttore per esempio, non solo spacciava ma aveva rapporti diretti con l'autista del bus. Una struttura consolidata e verticistica, dove ognuno era a conoscenza dei compiti dell'altro e soprattutto di quanto e come funzionasse e fruttasse l'attività. Il direttore delle Poste è accusato di spaccio e peculato. Oltre all'autista Cotral e il direttore delle Poste, è stato arrestato anche un vigile urbano di Valmontone, Stefano Gallo. Tutti loro si sarebbero prestati, anche con le auto di servizio, a smerciare droga per conto dell'organizzazione.

L'alleanza italo-albanese per il rifornimento e lo spaccio di cocaina nel territorio della provincia a sud della Capitale è stata scoperta dai carabinieri della Stazione Valmontone che dall'alba di oggi ha notificato 10 misure cautelari - 6 in carcere e 4 agli arresti domiciliari - nei confronti di 3 cittadini albanesi e 7 italiani. Tuttora in corso decine di perquisizioni nei confronti di altri soggetti legati a vario titolo alle attività illecite della banda. Durante le indagini, durate circa sette mesi, sono stati arrestati diversi soggetti in flagranza di reato. Centinaia di dose di cocaina sono state sequestrate.


(25 settembre 2012) LA REPUBBLICA

BEPPE GRILLO


Con un'informazione libera l'Italia cambierebbe in 24 ore. I giornalisti italiani si suddividono in tre categorie: gli indipendenti (pochi, eroici e spesso emarginati), gli schiavi (tantissimi, sfruttati e pagati 5/10/20 euro a pezzo) e i Grandi Trombettieri del Sistema, nominati in posizioni di comando dai partiti e dalle lobby (direttori di testata, caporedattori, grandi firme, intellettuali per meriti sul campo). Sabato scorso a Parma tecnici e esperti hanno discusso per ore di inceneritori, dei danni alla salute, della loro assoluta inutilità, di rifiuti zero, dei tre miliardi di debiti di Iren, società quotata in Borsa e posseduta in maggioranza dai Comuni targati pdmenoelle. Nulla di tutto questo è stato riportato. La piazza vuota, semi vuota, quasi piena è stato l'unico argomento di interesse (in piazza della Pace erano presenti 3.000 persone e decine di migliaia erano collegate in streaming). Parlare d'altro per non parlar di niente.
Il conflitto di interessi tra informazione e potere economico e politico è diventato insopportabile. La maggior parte degli italiani è informata da sette televisioni e tre giornali. Rai1, Rai 2 e Rai 3 sono occupate dai partiti, Canale 5, Italia 1 e Retequattro sono di proprietà di Berlusconi, a capo di un partito, la7 appartiene a Telecom Italia. La Repubblica è di De Benedetti, tessera numero uno del Pdmenoelle, La Stampa è della famiglia Agnelli, gli azionisti di riferimento del Corriere della Sera sono le banche e Confindustria. Siamo manipolati dai partiti, dalle banche e dalle industrie che, attraverso i media, stravolgono la realtà. L'Italia è un'Isola dei Famosi, un reality show di sessanta milioni di persone che ascoltano favole, racconti fantastici in dosi così massicce e da così lungo tempo da aver trasformato il Paese in un gigantesco Truman Show in cui la verità è menzogna e la menzogna è verità. Più il Sistema si decompone, più i media ne diventano l'ultimo feroce baluardo (dopo infatti non c'è più alcuna difesa) perdendo ogni ritegno e vergogna. Gli attacchi al MoVimento 5 Stelle sono diventati parossistici, quotidiani, bipartisan, falsi, con notizie inventate di sana pianta, diffamatori verso chi non ha mai governato, rubato, che non candida condannati, non vuole poltrone o rimborsi elettorali. Il gioco al massacro è così chiaro, evidente da essere diventato imbarazzante, paradossale, quasi comico per chi lo pratica.
Vorremmo però sapere qualche cosa di più su chi ci informa. Una questione di reciprocità. Il perché talvolta non riportano i fatti, se sono costretti o se è una loro attitudine. Vorremmo sapere quali direttive ricevono da parte dei loro giornali o telegiornali. Perché fanno le domande che fanno (talvolta tendenziose per dimostrare una tesi a priori). Vorremmo conoscerli più da vicino: i loro nomi, il loro curriculum, i loro pensieri. Vorremmo sapere qual è il loro stipendio, se sono trattati da schiavi nonostante le testate per cui lavorano prendono rimborsi pubblici. Intervistiamo i giornalisti che si presentano a agli incontri pubblici e alla manifestazioni e pubblichiamo i video su Youtube. Lo faranno volentieri per salvaguardare il diritto all'informazione. Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere.

MARIO MONTI



D'ALEMA A MONTINO... DA NEW YORK ..UN ERRORE ACCETTARE I SOLDI...




COSI NOI DEL PD SIAMO LADRI MA ANCHE ONESTI...(...)



BEPPE GRILLO...VECCHIO POST


YOU ARE NOT FREE/TU NON SEI LIBERO - 5 GIUGNO 2007
Ne fanno parte un centinaio di persone: esponenti dell’alta finanza, dei governi, dei giornali economici. Si chiama “Gruppo Bilderberg”. Si riunisce ogni anno in un albergo protetto dalla Cia. I nomi dei suoi membri sono noti. Chi ne fa parte è tenuto all’obbligo del silenzio. Nulla esce sulla stampa. Quello che decidono, di cui discutono, può cambiare le sorti del pianeta. E’ un club semisegreto di cui non si sa nulla. Dal 31 maggio al 3 giugno si è riunito a Istanbul. Secondo fonti ufficiose il Gruppo ha esaminato possibili operazioni contro l’Iran, lo sviluppo dell’energia e l’ingresso della Turchia in Europa.
A questi Gelli può solo portare la valigia.
Nel Gruppo ci sono alcuni italiani. Faccio subito i nomi: Mario Monti (Bocconi), John Elkann (Fiat), Franco Bernabè (Rothschild), Tommaso Padoa Schioppa (Ministro delle Finanze) e Giulio Tremonti (vice presidente Camera).
Nessun estraneo ha assistito all’incontro. Quindi possiamo solo presumere. E allora presumiamo.
Presumiamo che SchioppaTremonti agiscano come una sola persona. Si mandano a quel paese in televisione per trascorrore un week end di passione sul Bosforo. Presumiamo che un’organizzazione non eletta da nessuno influenzi i Governi. Presumiamo che cento persone controllino l’informazione economica finanziaria mondiale. Presumiamo che quando si incontrano siano sempre protetti dal Governo americano.
Dopo tutto questo presumere vorrei chiedere ai due dipendenti Schioppa e Tremonti. Siete stati a Istanbul? Portavate il cappuccio? Avete partecipato a incontri precedenti del Bilderberg mentre ricoprivate incarichi pubblici? Se eravate presenti riferite subito agli italiani scopo e contenuti degli incontri, altrimenti dimettetevi dal Governo e dalla Camera. Funzionari dello Stato non possono avere segreti. E’ contro la democrazia.
Si è scritto del pericolo di una nuova P2 in cui potrebbero essere coinvolte, come al solito, alte cariche dello Stato. Il giudice Woodcock ha denunciato la presenza in Italia di “logge massoniche in seno alle quali venivano svolte attività dirette a interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche di enti pubblici anche economici nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”.
Bilderberghisti, loggisti, massoni, criptospie, decisori occulti, servizi deviati, funzionari infedeli, addetti alla sicurezza Telecom, mi state facendo venire l’orchite.
Che la luce del sole vi trafigga e, soprattutto, se mi leggete, andatevene a fanc..o.

lunedì 24 settembre 2012

MASSIMO D'ALEMA IN AMERICA DA CLINTON...


IN ITALIA LO SCANDALO DELLA REGIONE LAZIO CHE HA COINVOLTO TUTTI I PARTITI...D'Alema in visita da Clinton nella sua Fondazione...L'Europa assente dice D'Alema - ci solo solo io...gli asiatici e gli arabi...manca l'Europa...
L'ex presidente Usa ha reso noti i nomi dei benefattori della sua fondazione su richiesta di Obama
per spianare la strada a Hillary al Dipartimento di Stato. Ma spuntano i primi interrogativi

Bill Clinton rivela i suoi finanziatori
Italia e Arabia saudita tra i governi

Molti i politici indiani. E c'è chi si chiede se questo potrà creare problemi con il Pakistan


WASHINGTON - Un elenco di 2.922 pagine e 208.000 nomi. E' la lista dei finanziatori della fondazione dell'ex presidente americano Bill Clinton e della sua biblioteca presidenziale. Finanziatori che in un decennio hanno versato oltre 500 milioni di dollari. Ma tra le righe spunta qualche nome che potrebbe creare imbarazzo a Hillary nel suo futuro ruolo di segretario di Stato.

La decisione. Le leggi federali non richiedono che un ex presidente riveli i benefattori di una sua fondazione e finora Bill Clinton si era opposto strenuamente alle richieste di trasparenza. Ma Hillary rischiava in caso contrario di trovarsi sotto attacco in Senato, al momento di sedersi di fronte agli ex colleghi per le audizioni sulla sua conferma a segretario di Stato. L'ex inquilino della Casa Bianca ha così rinunciato alla segretezza con cui finora aveva custodito la lista dei donatori, alla vigilia del decimo anniversario del giorno in cui il Congresso avviò contro di lui la seconda procedura di impeachment nella storia americana.

Media scatenati. Non appena l'elenco è stato pubblicato sul sito della fondazione, i media si sono scatenati nel dare la caccia ai nomi e la pagina web di Clinton è risultata per ore travolta dal traffico. I portavoce dell'ex presidente hanno sottolineato che Clinton non ha niente da nascondere e che la lista dimostra come il sostegno per le iniziative della Fondazione arrivi soprattutto da piccoli donatori, con il 90% dei contributi di entità inferiore ai 250 dollari. Ma l'attenzione si è subito concentrata sui governi.

I donatori. Nelle prime pagine della lista di Bill Clinton c'è l'Arabia Saudita, che figura nella fascia dei contributi compresi tra i 10 e i 25 milioni di dollari. Doni consistenti sono arrivati da Norvegia, Kuwait, Qatar, Brunei e Oman. Complessivamente, Clinton ha raccolto circa 41 milioni di dollari direttamente da governi stranieri.

L'Italia. Il nostro Paese, tramite il ministero dell'Ambiente, risulta aver versato tra i 50 e i 100 mila dollari. Il maggior finanziatore italiano è il Monte dei Paschi (100-250 mila dollari). Tra le altre realtà italiane che hanno contribuito, con somme tra i 25 e i 50 mila dollari, al lavoro della Fondazione, ci sono Autogrill, De Agostini, Enel, Lottomatica, Pirelli. L'italo-svizzero Ernesto Bertarelli (Team Alinghi) è a sua volta nella fascia 25-50 mila dollari.

Schumacher, Gates e Elton John. Tra i singoli benefattori, il pilota Michael Schumacher è tra i più generosi (5-10 milioni), meno della Fondazione di Bill e Melinda Gates (10-25 milioni), ma più di Elton John (1-5 milioni). Un gran numero di finanziatori molto attivi risultano indiani, in molti casi esponenti politici, e la circostanza sta già facendo sorgere interrogativi su possibili imbarazzi per Hillary nei suoi rapporti con l'India e il Pakistan in veste di segretario di Stato.

Interrogativi su Hillary. I legami della Clinton Foundation con entità straniere di ogni parte del mondo, sono stati in queste settimane uno dei principali dubbi sul rischio che la Clinton, come capo della diplomazia americana, possa trovarsi di fronte a conflitti di interesse per le attività della fondazione del marito. Tra i termini dell'accordo che ha spinto il presidente eletto Barack Obama a dare l'incarico a Hillary Clinton, c'era la diffusione della lista dei finanziatori del marito.
(18 dicembre 2008)

LA POLVERINI SI E' DIMESSA...ERA ORA...


ENRICO SASSOON...


La lettera
Sassoon, lascio la Casaleggio Associati
Sui blog calunnie razziste
«Su decine di siti, da quelli nazifascisti a certi Meet Up
di Grillo, torna "il complotto pluto-giudaico-massonico"»
Caro direttore,
le vicende riguardanti Beppe Grillo, il Movimento 5 Stelle e Gianroberto Casaleggio sono state ampiamente riportate dai media nei mesi passati, con una forte accelerazione nelle scorse settimane fino a oggi. Questa attenzione, di norma scarsamente informata, quasi sempre maliziosa e ostile, mi ha toccato marginalmente, ma non lievemente, in quanto socio della Casaleggio Associati. Poiché da oggi lascio la società, ritengo utile chiarirne i motivi, per evitare ulteriori distorsioni dei fatti.

I motivi sono due. Il primo riguarda la mia presenza, come socio di minoranza, nella Casaleggio Associati. I media hanno speculato in merito interpretando il mio ruolo come rappresentante di più o meno precisati «poteri forti» intenzionati a infiltrare, tramite la Casaleggio Associati, il blog di Beppe Grillo e, tramite Gianroberto Casaleggio, il movimento politico. In breve, non rappresento alcun potere forte, né in generale né nello specifico, né ritengo che alcun potere forte si senta rappresentato da me. La prova del contrario la lascio ai maliziosi interpreti che si sono finora beati nel richiamare fantasiose teorie complottistiche degne di romanzi d'appendice più che di una stampa seria e informata.

Non conosco Beppe Grillo, non ci siamo mai incontrati né scambiati telefonate, mail o sms. Non ho partecipato alla gestione del suo blog in seno alla Casaleggio Associati, dove non ho mai ricoperto cariche operative; non ho mai avuto a che fare con il Movimento 5 Stelle, con il quale intrattiene relazioni il solo Casaleggio nelle forme e nei modi da lui stesso ripetutamente chiariti anche su questo giornale. Lascio la società perché i miei interessi personali e professionali sono altrove, ma anche per spezzare il filo delle speculazioni interessate. Mi auguro che serva.

Il secondo motivo è ben più grave e si sostanzia in una valanga apparentemente inarrestabile di diffamazioni e calunnie di violenta intensità, basate su ancor più farneticanti teorie del complotto, che sono apparse e continuano ad apparire in blog e siti di diversa connotazione: da quelli di ispirazione esplicitamente nazi-fascista a quelli di tendenza diametralmente opposta (come i Meet Up di supporto a Grillo) passando per una varietà di blog e siti di varia natura che vanno dai circoli vegetariani a club politici o territoriali delle più diverse tendenze. In questi luoghi la teoria assume i toni foschi del complotto pluto-giudaico-massonico di memoria zarista e hitleriana. L'attribuzione di rappresentante dei poteri forti origina da qui, per assumere contorni decisamente deliranti e razzisti.

Dal mio cognome ebraico si è risaliti a una famiglia con lo stesso nome che operava 250 anni fa nella Compagnia delle Indie che commerciava in droghe e spezie con Cina e India: tanto basta per vedermi associato, un quarto di millennio dopo, a una «potente dinastia di narcotrafficanti». E non si parla di un pazzo isolato: sono decine i siti che riportano queste piacevolezze, associandomi volta a volta a Bilderberg, Massoneria, Mossad, Illuminati, Lobby delle multinazionali, circoli esoterici e altre amenità di questo tipo da far impallidire Dan Brown o l'Umberto Eco del «Cimitero di Praga».

La cosa è seria e va avanti da anni senza che alcuno di questi luoghi di indecenza ne sia mai stato chiamato a rispondere, sotto il profilo della controinformazione e della legge. La questione che va qui sollevata, al di là di quella strettamente personale, è quella della Rete. Luogo democratico per eccellenza, al quale chiunque può accedere per dare voce alle proprie opinioni, può diventare arena di violenza incontenibile, diffamazione incontrastabile, vera e propria delinquenza mediatica.

Il primo punto è dunque come fare in modo che si salvaguardi la libertà di opinione ed espressione con la necessaria tutela di chi, per un motivo o per l'altro, venga preso di mira con intenti diffamatori e, nel caso in specie, anche razzisti. Ma i fatti non si fermano qui, perché la teoria del complotto dei poteri forti, che va avanti in Rete da almeno quattro anni, da un paio d'anni a questa parte è stata acriticamente assunta anche dai media «ufficiali», ossia radio, televisione e carta stampata. Avevo erroneamente giudicato tutto sommato sgradevoli ma innocui quei siti e blog, prevedendone un progressivo declino in funzione della palese idiozia dei riferimenti e argomentazioni.

Mi sono dovuto ricredere quando due anni fa, nel numero 5/2010 di «MicroMega» è stato pubblicato un articolo di una ventina di pagine che riprendeva le elucubrazioni reperibili in Rete, rielaborandole in modo apparentemente neutrale e dando loro un crisma di credibilità. Da lì a filtrare nella stampa «ufficiale» il passo è stato breve. Il teorema dei poteri forti è stato da allora ossessivamente riproposto, sempre in totale assenza di verifica alla fonte, spesso senza nemmeno modificare espressioni e terminologia di altri articoli e servizi, in un trionfo di «copia e incolla». Di recente, ad esempio, ho avuto il dubbio privilegio di sentirmi associato su La7 dal direttore di Rai4 Carlo Freccero ai poteri forti e al Bilderberg, per la felicità degli ospiti presenti. Altri, come l'ex politico Gianni De Michelis, hanno dichiarato a Radio24 che certamente dietro al successo di Grillo si ritrova la «destra americana». Decine di articoli e servizi televisivi hanno sostenuto e sostengono ogni giorno il teorema dei poteri forti dediti a infiltrare il Movimento, non si sa bene se per legittimarlo o delegittimarlo. Un'informazione distorta e malata, che impone una seria riflessione.
Enrico Sassoon


Enrico Sassoon
--------------------------


QUI ...AVEVO CHIESTO A BEPPE GRILLO  DELLE SPIEGAZIONI.

QUI...SE QUELLO CHE E' SCRITTO SUL SITO NON CORRISPONDE A VERITA' SI PUO' QUERELARE E CHIEDERE I DANNI...LO FACCIA PER LA MOTIVAZIONE  CHE LEI HA BEN MESSO IN EVIDENZA IN FONDO ALLA LETTERA





 

domenica 23 settembre 2012

AVV. GIUSEPPE ROSSODIVITA RADICALE - GLI SPRECHI ALLA REGIONE LAZIO




QUI TROVERETE INFORMAZIONI...

ESTERINO MONTINO...LADRO MA PENTITO...


Esterino Montino...produttore di vino come D'Alema...SI DICHIARA PENTITO DI AVER PRESO I SOLDI DALLA POLVERINI...MA SI DICHIARA ONESTO. lA SOLITA STORIA, CHI RUBBBA PER IL PARTITO E' MENO COLPEVOLE DI CHI RUBBBA PER METTERSELI IN TASCA E COMPRARSI UNA VILLA ABUSIVA

E LA BARCA ANCORATA AL CIRCEO...ETC ETC ETC......
D'ALEMA CHE DICE?



LUIGI GIAMPAOLINO...CORTE DEI CONTI


ALLA RAI GLI SPRECHI I COMPENSI E LE RUBERIE GRIDANO VENDETTA.




sabato 22 settembre 2012

MASTRAPASQUA SENZA VERGOGNA...


SCRIVE IL GIORNALISTA GIULIETTO CHIESA - Il povero Antonio Mastrapasqua guadagna soltanto 1,2 milioni di euro all'anno, circa 4,4 miliardi di vecchie lire. Ma la differenza sta nel fatto che gran parte dei suoi redditi il nostro ex Carneade la spilla dal denaro pubblico, o semipubblico. Anzi la spilla utilizzando i denari del pubblico, in prima battuta: in qualita' di Presidente dell'Inps. Benemerita e perfettamente legale attivita', per la quale e' stato nominato dal governo. Da quale governo non importa, essendo stati, in questi decenni, tutti uguali. Se non fosse che l'elenco delle sue presidenze, vice-presidenze, include anche Equitalia, la nota impresa cacciatrice di evasioni, anch'essa di fatto pubblica, poi Equitalia Nord, Equitalia Centro, Equitalia Sud.

E fanno cinque. Invito i lettori a immaginare quante poltrone possono essere distribuite stando in posti come quelli, quante prebende se ne possono ricavare, quante alleanze si possono inventare e gestire. Sarebbe interessante, ma non abbiamo tempo di farlo noi, andare a vedere quali gettoni e quanti ricava dalle riunioni dei rispettivi consigli di amministrazione. Ma ancora piu' interessante sarebbe fare i conti del tempo che impiega nel partecipare agli stessi. Non sono noccioline, sicuramente. La cosa piu' inverosimile e' il tempo. Quante ore ha il giorno di Antonio Mastrapasqua? Dobbiamo chiedercelo, perche', altrimenti, dovremmo giungere alla conclusione che Mastrapasqua e' un banale truffatore, che prende stipendi a tradimento. E noi questo non osiamo neppure pensarlo. l'ARTICOLO CONTINUA QUI


Quest'uomo che ben descrive Giulietto Chiesa, vorrebbe, per un errore dell'INPS commesso nel 2009, togliere da misere pensioni di meno di 700 euro al mese, 25 euro al mese per 12 mesi, oppure 12.50 euro al mese per 24 mesi.



MASTRAPASQUA SE LEI AVRA' IL CORAGGIO DI FARE QUELLO CHE RIPORTANO I GIORNALI, CIOE' QUELLO CHE HO SCRITTO SOPRA, LEI SI DOVRA' VERGOGNARE PER TUTTA LA VITA.





POLITICI LADRI...DOSSIER DEI RADICALI...




http://www.radicali.it/milano90

FACCE DA CULO...


Trenta milioni in due anni
Ecco le cinque delibere scandalo


Il sacco inizia nella primavera 2010. La Polverini fa salire da uno a 5 milioni il fondo per i gruppi. È Maurizio Stracuzzi, capo del trattamento dei consiglieri, a chiedere di allargare la dote di 8,5 milioni
di CARLO BONINI e CORRADO ZUNINO


"In Regione fatti gravissimi"
L'allarme della Corte dei Conti
Gioielli, vini e anche una Smart
tutte le spese folli del Pdl

Cinque delibere del presidente dell'Assemblea regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, documentano che l'assalto alla diligenza che, in due anni e mezzo, ha consegnato 30 milioni di euro di denaro pubblico all'inesauribile appetito dei consiglieri della Pisana sotto le due voci "corretto funzionamento dei gruppi" e "rapporto tra elettore ed eletto", ha una paternità politica (la governatrice Renata Polverini, il suo assessore al bilancio Stefano Cetica e, appunto, Abbruzzese), una mano tecnica e una complicità silenziosa (con la lodevole eccezione dei radicali) di chi "chiedeva e riceveva" senza fare troppe domande.

Arrivano i "forchettoni"
Racconta Franco Fiorito a verbale che "il denaro arrivava a pioggia". Che "non controllava nessuno". Che la decisione di aprire ciclicamente la cuccagna era affare "nella sola discrezionalità di Abruzzese", suo compagno di partito. Nelle sue parole, sembra esserci una parte di verità. Ma solo una parte. La storia di questo sacco ha infatti una suo incipit: le elezioni regionali della primavera del 2010. La Polverini è il nuovo governatore e la variopinta maggioranza di centro-destra che transuma alla Regione ha come primo assillo quello di mettere mano alla cassa per rabboccare le tasche dei nuovi consiglieri prosciugate dalla campagna elettorale. La vecchia giunta Marrazzo ha infatti stanziato in bilancio per quell'anno "solo" 1 milione di euro destinato al "funzionamento dei gruppi". Non fosse altro perché il Paese sta entrando nella peggiore recessione della storia repubblicana. Troppo poco per l'appetito della nuova maggioranza. Al punto che, il 14 settembre, il nuovo presidente dell'Assemblea Abbruzzese quella cifra la quintuplica, facendo lievitare quel capitolo di bilancio, da 1 a 5,4 milioni di euro. Non è esattamente un atto da contabile. È un atto politico, che, come tale, ha l'avallo della Polverini e del suo potentissimo assessore al bilancio, Cetica. Ma che non merita più di una striminzita paginetta di giustificazioni. Nella delibera numero 90, si legge infatti che "l'integrazione del "contributo" ai gruppi si rende necessaria dal cambio di legislatura, dai sostanziali cambiamenti nel numero dei gruppi e nella loro consistenza". L'atto è firmato da Abruzzese e da Nazareno Cecinelli, segretario generale della Pisana, un tipo con la licenza liceale presa ai salesiani di Caserta, nato in provincia di Latina e cresciuto politicamente nella Destra, all'ombra del padre-padrone di quelle plaghe, Claudio Fazzone, ex poliziotto di Fondi diventato signore delle tessere e dei voti.

La "torta" lievita
La coppia Abbruzzese-Cecinelli è di nuovo al lavoro nel 2011. In gennaio, la Giunta decide di confermare in bilancio la previsione di spesa per il "funzionamento dei gruppi" già rimpinguata tre mesi prima. Dunque, 5 milioni e mezzo. Ma, neppure due mesi dopo, il 5 aprile, l'auto-elargizione deve apparire del tutto insufficiente. E, per tre volte, di lì a novembre, vengono dunque nuovamente messe la mani nella cassa. Tecnicamente si chiamano "variazioni di bilancio al capitolo 5". Di fatto, è un giochino contabile di vasi comunicanti, che vede svuotarsi altre voci del bilancio regionale a vantaggio del costo di "auto-sostentamento" della politica. Il 5 aprile, dunque, i 5,5 milioni iniziali vengono "integrati" con altri 3 (delibera 33). Il 19 luglio (delibera 86), di altri 3 ancora. L'8 novembre (delibera 72), di 2,5. Per una tombola finale di 14 milioni.

"Chiedete a Stracuzzi"
Le motivazioni dei tre provvedimenti sono fotocopia. Segnalano "una richiesta di fabbisogno", senza dettagliarne le ragioni. Spiegano che la sollecitazione ad allargare i cordoni della borsa di ben 8 milioni e mezzo arriva niente di meno che da tale "Signor Stracuzzi Maurizio, Responsabile della Funzione Strumentale del trattamento dei consiglieri". È lui, si legge nelle delibere, che non solo suona la campana che avvisa della "riserva" nel portafoglio della politica, ma, addirittura, ne quantifica "il fabbisogno". Che è un po' come dire che un cda di una Banca fa un aumento di capitale su segnalazione dell'addetto allo sportello per i correntisti.
Ma tant'è. Nessuno obietta. Tantomeno al momento di rendicontare il bilancio di quell'anno. Ascoltato due giorni fa dai militari del Nucleo Valutario, Abbruzzese, con disarmante candore, spiega infatti che in quel lavoro sul bilancio non c'è nulla di illegittimo. "Sia nel 2010, che nel 2011 - dice - la proposta di "variazione" è stata prima approvata dalla commissione bilancio della Regione (di cui, guarda caso, Fiorito era presidente ndr.) sia dall'Organismo di controllo, il Co. re. co. co, sia dal Consiglio in fase di voto di approvazione del rendiconto consuntivo del bilancio con legge regionale". Semplice, insomma. Prima ci si auto-certifica un "fabbisogno aggiuntivo". Quindi lo si accolla in testa a un funzionario (il signor Stracuzzi Maurizio) e alla fine lo si legittima con il voto dell'aula.

"Ho preso, ma ora restituisco"
Una volta distribuita da Abbruzzese, la cuccagna diventa affare "privato" di ogni gruppo. Nel Pdl - come racconta lui stesso a verbale - lo stile della casa lo detta Fiorito. La "stecca para" ritagliata dal contributo ai gruppi prevede 100 mila euro netti l'anno a consigliere. Ma per lui è triplicata. Tocca i 300 mila netti. Perché - si giustifica - "sono consigliere, capogruppo e presidente di commissione". Per una busta paga che si muove così sui 35 mila netti al mese, con picchi che superano i 40. Attraverso il suo avvocato Carlo Taormina, dice ora Fiorito che parte di quei soldi - 400 mila euro, secondo il calcolo che ne ha fatto - è pronto a restituirli. A farli confluire su un conto che la Procura o la Guardia di Finanza gli indicheranno. Non è al contrario dato sapere cosa faranno gli altri consiglieri del Pdl.

"Richiedo e ricevo"
Per quel che Fiorito ha riferito a verbale, la quota dei consiglieri Pdl da 100 mila netti annui "veniva versata con cadenze di 25 mila euro a trimestre. Anche se poi qualcuno li finiva prima". Mentre la quota di 4.190 euro (da ieri dimezzata) alla voce "mantenimento del rapporto tra elettore ed eletto" veniva elargita mensilmente. Portando così la retribuzione media di un consigliere Pdl intorno ai 20, 25 mila euro netti al mese (senza contare i rimborsi chilometrici di chi alla Pisana arrivava in auto propria, come la Nobili, che faceva Roma-Rieti in Porsche). Per molti, non c'era neppure l'obbligo di giustificare una parte di quell'importo che pure ricevevano quale "anticipo" di spese ancora da sostenere. Era sufficiente un'autodichiarazione su un qualunque foglio: "Richiedo e ricevo per attività svolte sul territorio".

11.598 euro non possono bastare
Certo, nella notte della Pisana, non tutti i gatti sono stati necessariamente neri. Perché pur godendo della stessa manna, qualcuno, come il Pd e Sel, ha quantomeno stabilito regole di trasparenza sull'accesso ai rendiconti delle spese. I Verdi hanno rinunciato al rimborso chilometrico. I radicali di Emma Bonino non hanno giustamente smesso mai di strillare. Certo, la Polverini non deve averli mai sentiti in questi anni. A maggior ragione quando impose l'emendamento che riconosceva ai 14 assessori un vitalizio che assicurerà all'uomo a lei più vicino, Cetica, una vita libera da angustie quando lascerà la Regione. Anche se - è notizia che la governatrice ha voluto ieri rendere pubblica - lei, che "campa del solo stipendio da consigliere e Presidente della giunta", pare non arrivi a fine mese. "Ho il conto sempre in rosso", ha spiegato compiaciuta. Con gli 11.598 euro netti che prende ogni 27 in busta (cui vanno aggiunti i 100 mila annui da consigliere e i 4 mila 190 mensili per il rapporto "eletto-elettore") evidentemente non ce la si fa.
FONTE: LA REPUBBLICA

venerdì 21 settembre 2012

POLVERINI - DICE: SE VOI VE LA SENTITE IO ME LA SENTO...



DON MIMMO LADDAGA...L'ENNESIMA TRUFFA ALLA SANITA' ...



Lebbrosario fantasma, truffata la Regione
arrestati i vertici dell'ente ecclesiastico
Milioni di finanziamenti in cambio di conti gonfiati sull'acquisto delle attrezzature, i lavori di manutenzione, il costo dei pasti per la struttura fantasma costata 6 milioni di euro all'anno. In manette anche don Mimmo Laddaga, reggente della clinica ecclesiastica Miulli, indagato in un altro procedimento per una transazione da 45 milioni che coinvolge anche Vendola
Don Mimmo Laddaga
Una truffa milionaria per finanziamenti regionali indebitamente percepiti, per spese gonfiate sull'acquisto delle attrezzature, i lavori di manutenzione, i pasti dei pazienti. Tutto per un lebbrosario fantasma che alla Regione è costato 6 milioni di euro all'anno.

GUARDA LE IMMAGINI DELLA STRUTTURA

Due amministratori della 'Colonia Hanseniana' opera pia dell'ospedale regionale "Miulli" di Gioia del Colle, nel Barese, sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza con l'accusa di truffa aggravata e continuata perpetrata in danno della Regione Puglia. In manette don Mimmo Laddaga, il reggente dell'ente ecclesiastico Miulli, indagato anche nel procedimento sulla transazione da 45 milioni di euro con la Regione che coinvolge anche il governatore Nichi Vendola; e Saverio Vavalle, dirigente della struttura.

LEGGI L'inchiesta nata da un articolo di Repubblica

L'ordinanza cautelare ai domiciliari è stata eseguita dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria ed è stata emessa nell'ambito delle indagini sulla gestione struttura sanitaria ed in particolare sulle modalità con cui gli amministratori hanno ottenuto finanziamenti dalla Regione Puglia. Per gli stessi fatti risultano indagate, a vario titolo, altre 8 persone. Nessun dirigente della Regione è coinvolto, si tratta soprattutto di imprenditori e altri dipendenti del Lebbrosario.

L'INCHIESTA Trecento letti, nessun paziente

Dalle indagini condotte dai Finanzieri è emerso, in particolare, che nei bilanci della Colonia sono state inserite voci di costo insussistenti al fine di rappresentare contabilmente l’utilizzazione totale (anche in eccedenza) dei fondi assegnati dalla Regione per il finanziamento della spesa sostenuta per la gestione della struttura pari ad euro 6 milioni fino al 2009, la cui entità veniva stabilita nei Documenti di Indirizzo Economico Funzionale annualmente approvati dalla Giunta Regionale, al fine di ottenere il rimborso di spese superiori a quelle realmente sostenute. Tra le spese di cui è stato chiesto il rimborso figura anche l’acquisto di uno strumento chirurgico il cui costo è risultato essere cento volte superiore al valore reale, ovvero l’acquisto di derrate alimentari in quantità esorbitanti il reale fabbisogno degli utenti e qualitativamente incompatibili con le esigenze nutrizionali dei fruitori del servizio.

Agli indagati - Domenico Buttiglione, Donato Gatti, Vito Giordani, Nicola Martellotta, Giovanni Pietroforte, Saverio Antonio Resta, Francesco e Giovanni Romano - è stato inoltre contestato di aver ottenuto il rimborso di fatture per l’esecuzione di lavori edilizi di manutenzione straordinaria della struttura sanitaria senza la preventiva autorizzazione della Regione Puglia, proprietaria dell’immobile, certificando la regolare esecuzione dei lavori nonostante gli stessi fossero qualitativamente e quantitativamente non corrispondenti alle offerte-preventivo presentate dalla ditta esecutrice di Acquaviva delle Fonti.

La finanza ha sequestrato 25 immobili e 11 terreni nelle province di Bari e Taranto riconducibili agli indagati e all’Ente ecclesiastico, per un valore complessivo di € 2.070.407,60. Ma ha calcolato che la truffa e l'illecita percezione di finanziamenti si aggirano sugli oltre 28 milioni di euro.

Una storia travagliata, quella del Lebbrosario, per anni l'unica colonia hanseniana rimasta in Italia. Fino all'anno scorso, quando la giunta regionale ha deciso di disfarsene, dopo mesi di polemiche sui costi e un giallo che ha portato ad aprire un'inchiesta giudiziaria e persino ad arrestare un ex medico della struttura, che era stato licenziato dalla direzione. I pochissimi pazienti ospitati si sarebbero potuti curare a casa o in altre strutture, ma la gestione 'Miulli' ha sbancato le casse della Regione Puglia. Gli oltre 300 posti letto sono stati per anni praticamente tutti vuoti, nonostante la struttura impiegasse 60 dipendenti. I pazienti pochissimi, una cinquantina sulla carta, ma quelli effettivamente ricoverati erano 10-15, a seconda dei periodi.

Oltre allo scandalo dei costi, anche il mistero dei neonati dichiarati morti alla nascita nella struttura per essere poi dati in adozione. I fatti furono denunciati in un dossier a firma del 50enne Roberto Giannico, ex dermatologo del lebbrosario. Fu lui l'uomo arrestato il 19 novembre 2010 per falso e tentata estorsione e indagato per aver progettato di uccidere il suo ex datore di lavoro, lo stesso don Mimmo Laddaga, dopo che lo aveva licenziato. Le denunce sulle adozioni illegali non hanno trovato alcun riscontro nelle indagini e la procura l'anno scorso ha chiesto l'archiviazione.

(20 settembre 2012) La Repubblica



MA COME SE MAGNA BENE IN CONVENTO...



LA PAR CONDICIO DEI MAIALI ALLA REGIONE LAZIO...


LA PAR CONDICIO DEI MAIALI - PD - PDL





giovedì 20 settembre 2012

POLITICI LADRI...



POLVERINI VATTENE...



LI MORTACCIVOSTRI...



UNA DOMANDA A BEPPE GRILLO...


Caro Beppe,
fidandomi di te non avevo mai approfondito oltre il nome Casaleggio.
Su quanto è scritto sotto dovresti dare qualche chiarimento. Grazie.


La Casaleggio Associati è un' azienda uscita dall'universo Telecom, l'uomo
che cura il business e le relazioni ad ampio raggio è Enrico Sassoon, ex
giornalista del Sole 24 ore, ex direttore di Mondo economico e soprattutto
amministratore delegato dell'American Chamber of Commerce in Italy, di
fatto una lobby delle corporation americane in Italia. Dire Sassoon
significa dire anche i componenti del Cda di questa camera di commercio nel
quale figurano tra gli altri Mediaset, Twentieth Century Fox Home
Entertainment Italia, Ibm Italia, Walt Disney, Esso, Rcs, Standard &
Poor's, Impregilo Spa, Aspen Institute. Inoltre ha una partnership con la
Enamics, società statunitense leader in Business Technology Management con
alle spalle Pepsico, Northrop Grumman, il Dipartimento del Tesoro Usa, Bnp
Paribas, American Financial Group e JP Morgan, banca d'affari del gruppo
Rockefeller, Coca Cola, Bp, Barclaycard, Addax Petroleum, Shell, Tesco,
Kpmg Llp, Carbon Trust, Unido (United Nations Industrial Development
Organisation), London Pension Fund Authority (Lfpa).

BEPPE GRILLO


Questo video, estratto da un video caricato su Youtube a febbraio 2012 da Staff Grilli Romani, è testimonianza dell'incontro pubblico avvenuto a Roma in cui si è discusso delle questioni tecniche relative al portale on line. Già allora era stato confermato che il portale sarebbe stato pronto per fine anno.

M5S Roma: "Abbiamo raccolto queste domande su facebook e abbiamo cercato di dividerle in 5 argomenti. Il primo è il portale. Uno degli argomenti più votati è stato il portale perché ovviamente è lo strumento sentito come indispensabile per il MoVimento. Però allo stato attuale non soddisfa le aspettative
Gianroberto Casaleggio: "Per quanto riguarda il portale ci sono due temi. Uno l'abbiamo sviluppato parzialmente e l'altro non l'abbiamo ancora sviluppato. Quello relativo alle votazioni non l'abbiamo ancora sviluppato. Ma il sistema per le votazioni sarà però pronto per la fine di quest'anno e sarà soprattutto legato alla votazione per le politiche nazionali.
Per quanto riguarda l'organizzazione il discorso è semplice nel senso che non c'è organizzazione. La persona sul territorio è libera di fare le sue scelte autonomamente. Per quanto riguarda le liste a livello comunale, ognuna di queste liste fa esattamente ciò che gli pare senza organizzazione, senza riferimenti, senza chiedere permesso al referente regionale, senza chiedere permesso al referente nazionale. Queste cose sono la morte del possibile sviluppo del MoVimento. Perché poi alla fine c'è sempre un capopanza anche se magari lo fa in buona fede. Però è la massima libertà quella che fa circolare il sangue nel MoVimento e fa si che chiunque possa entrarci senza avere delle barriere. Chi è entrato tre anni fa non è né migliore né peggiore di chi ci entra domani. Ha accumulato più esperienza ma non può pretendere di avere una posizione organizzativa. Se cominciamo a farlo siamo nella china che ci porta alla creazione di un partito. E a questo punto tanto vale iscriversi a un altro partito: facciamo prima."

Postato il 19 Settembre 2012

FEDERICO RAMPINI...



mercoledì 19 settembre 2012

Alberto Capece Minutolo...DAL BLOG...ilsimplicissimus


Grillo, Casaleggio e i paradossi del vuoto politicoBy ilsimplicissimus
Non me lo dite: dietro Grillo si nasconde Casaleggio. La scoperta dell’acqua calda nella quale i nostri media hanno un’invidiabile specializzazione, arriva dopo le dichiarazioni fuori onda di un tal Favia diffuse da PiazzaPulita, suscitando polemiche fuori e dentro il movimento. Eppure è da qualche anno che questa realtà è ben conosciuta e che da molte parti si chiede a Grillo di chiarire il senso, la qualità e la dimensione dei rapporti con la Casaleggio Associati la quale cura il blog e i meetup. Il comico genovese – colpevolmente – non ha mai risposto, mai chiarito la situazione, probabilmente perché ammettere l’intervento di Gianroberto Casaleggio nella vita del movimento gli avrebbe tolto carisma e avrebbe nuociuto all’idea di indipendenza assoluta del cinque stelle.

Come sempre ci troviamo a vivere nel Paese delle Meraviglie dove un premier può dire che stiamo uscendo dalla crisi senza essere sommerso da una salva di pomodori maturi al punto giusto o dove nessuno si sogna di pensare che chi possiede i mezzi di produzione – . nel nostro caso i meetup e il blog – è il vero padrone o comunque, se vogliamo dirla in maniera discorsiva, conta parecchio. Persino la nostra ingenuità può essere ipocrita o la nostra ipocrisia ingenua e francamente non mi rendo contro dei motivi per cui dentro il movimento comincino solo ora le domande e lo stracciar di vesti di fronte ad una situazione così chiara.

Ma queste cose, scritte in tempi non sospetti anche su questo blog, stanno determinando una situazione grottesca visto il vuoto pneumatico della politica: i partiti tradizionali hanno l’occasione di azzannare il M5S, grazie alla rivelazione dell’acqua calda, ma non possono affondare più di tanto i denti senza infliggere gravi ferite a se stessi. Perché anche una volta accertato che Casaleggio è il vero stratega del movimento, cosa abbiamo saputo di così terribile? Forse Casaleggio è un rapinatore, è un confidente telefonico di Mancino, prende soldi da Riva per regalare il cancro a Taranto, ruba i fondi del finanziamento pubblico? No di certo: la cosa di cui può essere accusato è di essere semmai l’altra faccia della medaglia degli “altri”, magari più aggiornata e moderna.

La Casaleggio Associati è un’ azienda uscita dall’universo Telecom, l’uomo che cura il business e le relazioni ad ampio raggio è Enrico Sassoon, ex giornalista del Sole 24 ore, ex direttore di Mondo economico e soprattutto amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy, di fatto una lobby delle corporation americane in Italia. Dire Sassoon significa dire anche i componenti del Cda di questa camera di commercio nel quale figurano tra gli altri Mediaset, Twentieth Century Fox Home Entertainment Italia, Ibm Italia, Walt Disney, Esso, Rcs, Standard & Poor’s, Impregilo Spa, Aspen Institute. Inoltre ha una partnership con la Enamics, società statunitense leader in Business Technology Management con alle spalle Pepsico, Northrop Grumman, il Dipartimento del Tesoro Usa, Bnp Paribas, American Financial Group e JP Morgan, banca d’affari del gruppo Rockefeller, Coca Cola, Bp, Barclaycard, Addax Petroleum, Shell, Tesco, Kpmg Llp, Carbon Trust, Unido (United Nations Industrial Development Organisation), London Pension Fund Authority (Lfpa).

Insomma se Gianroberto Casaleggio non fosse il deus ex machina dei grillini, sarebbe un personaggio conteso da destra e sinistra per la sua vicinanza, quanto meno in affari, proprio a quella galassia di poteri economici e finanziari che stanno imponendo al Paese l’impoverimento, la distruzione del welfare e il rogo dei diritti. Tutte cose sulle quali pare che la politica tradizionale abbia un accordo quasi unanime. E allora cosa possono dire al M5S: dietro le spalle avete Casaleggio? Ma questo paradossalmente sarebbe l’ammissione che il movimento di Grillo è legittimato a governare esattamente quanto gli altri e forse anche di più.

Si tratta dei paradossi della politica inesistente.

FONTE QUI

LUCA TELESE...


Ho scritto una email a Telese chiedendogli se avendo aperto un giornale, prendera' soldi dal finanziamento pubblico all'editoria...speriamo di no.
Luca Telese con la moglie figlia di Berlinguer e anche lei giornalista... lavora per Silvio Berlusconi...per la par condicio...una Berlinguer alla Rai e una a Mediaset al TGCOM 24.
FONTE QUI


PS: “Così Cossiga convinse Laura a stare con me” scrive Luca Telese...insomma non manca nessuno...PCI DC PDL...(...)

POLITICI LADRI...NON VOGLIONO CONTROLLI...



BEPPE GRILLO...


Questa denuncia di Federico Tulli sugli abusi a dei minori sordomuti non è uno scoop. I fatti sono già stati oggetto di numerose lettere ai giornali, al Vaticano e persino citati in una proposta parlamentare di Maurizio Turco, Farina Coscioni e altri il 15 dicembre del 2010. Sulla vicenda c'è però un silenzio irreale, tranne pochissime eccezioni come l'Espresso. Dopo aver letto l'articolo sono rabbrividito. Non ho parole. Questi orrori non devono più succedere.
Testo di Federico Tulli, giornalista
"Masturbazioni, sodomizzazioni, rapporti orali forzosi. Tra le mura dell’Istituto religioso per bambini e bambine sordomuti “Antonio Provolo” di Verona, dagli anni Cinquanta fino al 1984 si è consumata una agghiacciante vicenda criminale ai danni di circa 40 giovani ospiti, di cui ancora oggi troppo poco si parla. Fondato nel 1830 da don Antonio Provolo, l'istituto è stato considerato per decenni tra i più rinomati centri a livello internazionale nel campo dell'educazione scolastica per minori sordomuti. Una fama crollata miseramente nel giro di qualche anno quando a poco a poco la forza vitale delle vittime è riuscita ad aprire delle crepe sempre più ampie nel muro dell'omertà dietro cui la Curia veronese ha tentato di celare gli abusi compiuti nei loro confronti da alcuni sacerdoti e fratelli laici dipendenti dell'Istituto. Dopo aver tentato per anni, inutilmente, di ottenere ascolto prima ancora che giustizia dalla diocesi locale, in particolare dal vescovo Giuseppe Carraro (deceduto nel 1981), e cozzando contro la prescrizione del reato stabilita dalla legge sia italiana che vaticana, una quindicina di vittime più forti psicologicamente, ha deciso di cambiare strategia e denunciare pubblicamente la vicenda sui media nazionali. Era l'inizio del 2009 e la loro storia ebbe anche un discreto risalto. È dovuto però passare ancora un anno prima che il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, si decidesse ad accogliere una delegazione degli ex studenti abusati. Una scelta obbligata, quasi sofferta quella di Zenti, maturata sulla scia delle nuove indicazioni che giungevano dalla Santa Sede. Si era infatti nel pieno dell'onda lunga di indignazione popolare montata durante la prima metà del 2010 in seguito all'impressionante serie di scandali pedofili che via via venivano alla luce dagli istituti religiosi cattolici di mezza Europa, isole comprese. Dopo infinite trattative col vescovo, le vittime ottennero - per la prima e unica volta in Italia - l'istituzione di una commissione curiale presieduta da un laico, che accertasse la veridicità delle loro denunce. La commissione, incaricata dal Vaticano e guidata dall’ex presidente del Tribunale di Verona, Mario Sannite, ha finito il proprio lavoro a febbraio 2011, dopo aver raccolto e videoregistrato le testimonianze sia delle vittime che di sacerdoti e fratelli laici presenti nell’Istituto all’epoca dei fatti contestati. È passato un anno e mezzo, che ne è dei risultati di quella inchiesta? Ancora oggi le vittime, riunite nell'associazione sordi Provolo, attendono di conoscere le conclusioni come convenuto con le autorità vaticane. Di certo si sa che la documentazione fu consegnata dopo pochi mesi a monsignor Giampietro Mazzoni, il magistrato del Tribunale ecclesiastico della diocesi di Verona. Ma nessuno dei testimoni è stato informato o ha ricevuto una copia della sua audizione. Eppure qualcosa è già trapelato e ha del clamoroso. Intervistato a Matrix su Canale 5 il 24 maggio 2011, il presidente Sannite, dichiarò che «almeno tre, tra sacerdoti e fratelli laici, hanno ammesso gli abusi». Da allora più nulla. Non un cenno, non una comunicazione. Niente. Un'omertà totale da parte di Mazzoni che nemmeno i proverbiali tempi biblici della Chiesa possono ormai più giustificare.

Testimonianze
«Guarda là! Quella finestra, che s’affaccia verso il cortile interno, un po’ stretta ma alta con un muro divisorio dove ci sono i gabinetti … non lo vedi all’interno lo sciacquone?» «Si è lì, e allora?». «È lì che dopo essere stato violentato ...da quel prete mi sono recato per lavarmi…». Questa testimonianza è stata inviata a chi scrive da uno degli ex allievi del Provolo, il quale mi chiede di citarlo con lo pseudonimo Balla coi lupi. È stata raccolta durante la Giornata della memoria che ogni anno si organizza a Verona il 30 giugno. La vittima si chiama Gianni Bosoli e si trova insieme a Balla coi lupi in via Rosmini, sede dell’Istituto. «Più sopra, vedi di nuovo quella finestra rotonda, con le inferriate?». «Si certo…» «Spesso “Lui” mi portava lì, mi chiudeva a chiave e mi costringeva a spogliarmi e dal di dietro mi violentava con foga…mi masturbava …mi sodomizzava con violenza…». «Ma com’è possibile? Tu non urlavi d’aiuto? Non riuscivi a scappare?» «Niente affatto, avevo paura anche di raccontare ai miei famigliari, anche se sono scappato per due volte dal collegio…». «E i genitori mi avevano riportato indietro e loro continuavano ad abusarmi di nuovo più ferocemente…». «Provengo da una famiglia povera come i miei compagni ed ex allievi, per cui di convenienza ci internavano lì…». Con lui, mi spiega Balla coi lupi, «ci capivamo abbastanza e per chiarire meglio ripetevo le domande fino alla noia». E Gianni «rispondeva sempre bene perché non sempre i nostri gesti tra sordi coincidono come i dialetti fra lombardi e veneti». «Guarda di nuovo al secondo piano quell’ampia finestra. Lì – dice Bosoli - c’è il lungo corridoio… Mentre i miei compagni si allontanavano e scendevano le scale per recarsi in cortile per la solita ricreazione… “Lui” mi tratteneva, aveva dei ribollii in faccia… e mi portava di forza lassù fino all’abbaino, una specie di solaio…mi ci richiudeva di nuovo e come altre volte mi abusava ma più forte e più intensamente con tanto tempo a disposizione …». «Sono stato abusato da 16 persone fra sacerdoti, fratelli laici e mi avevano portato perfino nelle stanze del vescovo…..dove quello mi aveva abusato…. Ricordo che mi aveva regalato un paio di scarpe porporate…». Ma sono passati tanti anni, gli risponde la mia “fonte”. «Macché, quelli sono ancora lì e vivono indisturbati grazie ai continui insabbiamenti dalla curia. Mentre io sono stato abusato da quando avevo nove anni fino ai quindici».

Non è ancora dato di conoscere i risultati della commissione curiale sul Provolo, ma testimonianze come quella di Bosoli, tutte in grado di descrivere dettagliatamente la stanza del vescovo, hanno provocato nel 2011 il blocco della procedura di beatificazione di Giuseppe Carraro, il vescovo di Verona al tempo dei crimini." Federico Tulli, giornalista, autore nel 2010 del saggio “Chiesa e pedofilia” edito da L'Asino d'Oro

Proposta di legge di Maurizio Turco per l'istituzione della Giornata della memoria
Lettera al Papa, a Bertone e Bagnasco in cui le vittime del Provolo chiedono la sconsacrazione dei luoghi in cui sono avvenute le violenze
Lettera ai principali quotidiani locali e nazionali

Chiesa e pedofilia. di Federico TulliUn'approfondita inchiesta su un crimine che attraversa indisturbato 20 secoli di storia, un'originale indagine sul pensiero all'origine della violenza nei confronti dei bambini.

SATIRA...


Non credo che Vauro abbia voluto colpire la ministra perche' donna. Ricordo le vignette di Forattini sui vari ministri della prima repubblica e non erano tenere...tanto da beccarsi diverse querele. La satira non deve guardare in faccia a nessuno, uomo o donna, non fa differenza.

martedì 18 settembre 2012

RIFORMA ELETTORALE...



I PREGIUDICATI VIP INVECE CHE IN GALERA...VANNO IN CONVENTO


I pregiudicati vip? Vanno in convento anziché andare in prigione

An­che Lui­gi Lusi, l’ex te­so­rie­re del­la Mar­ghe­ri­ta in­da­ga­to per aver sot­trat­to i fon­di dei rim­bor­si elet­to­ra­li, po­treb­be ag­giun­ger­si alla li­sta di per­so­nag­gi fa­mo­si che, nei guai con la giu­sti­zia, sono sta­ti ac­col­ti fra­ter­na­men­te in con­ven­ti e mo­na­ste­ri. O sup­por­ta­ti da re­li­gio­si che ne cer­ti­fi­ca­no la re­den­zio­ne. Pro­prio la sua di­fe­sa ha chie­sto al tri­bu­na­le, ri­por­ta Il Mes­sag­ge­ro, gli ar­re­sti do­mi­ci­lia­ri in con­ven­to, sen­za pos­si­bi­lità di co­mu­ni­ca­re con l’ester­no.

Sem­pre tra i po­li­ti­ci, già l’ex pre­si­den­te del­la Re­gio­ne La­zio Pie­ro Mar­raz­zo, ave­va chie­sto per­do­no al papa per le sue scap­pa­tel­le con le trans cer­can­do poi ri­fu­gio in un luo­go spi­ri­tua­le. Più re­cen­te­men­te Mi­chel­le Mar­ti­ne, l’ex mo­glie del pe­do­fi­lo as­sas­si­no Marc Du­troux con­dan­na­ta a trent’anni per aver­lo aiu­ta­to, si è sta­bi­li­ta nel con­ven­to del­le suo­re cla­ris­se. Con l’ok del­la Cor­te di Cas­sa­zio­ne bel­ga. An­che Lele Mora si è re­den­to, dopo ver det­to che vo­le­va far­si fra­te. E Pie­tro Maso, che nel 1991 uc­ci­se i ge­ni­to­ri, è sta­to re­den­to dal pre­te di Te­le­pa­ce, Ma­rio To­de­schi­ni.

Una vera e pro­pria moda spi­ri­tua­le, quel­la di ri­far­si una ver­gi­nità ri­vol­gen­do­si a sa­cer­do­ti op­pu­re osten­tan­do la fede. Nes­su­no può ov­via­men­te giu­di­ca­re la ge­nui­nità di cer­te ‘con­ver­sio­ni’ ma­tu­ra­te nell’in­ti­mo del­le per­so­ne. Ma de­sta qual­che dub­bio il fat­to che i tri­bu­na­li at­tri­bui­sca­no alla re­li­gio­ne un ef­fet­to ne­ces­sa­ria­men­te po­si­ti­vo nel re­cu­pe­ro di cer­te per­so­ne. Con­ce­den­do, con un vul­nus per la lai­cità del­lo sta­to e pri­vi­le­gian­do la fede, pre­ro­ga­ti­ve a sa­cer­do­ti e strut­tu­re re­li­gio­se. Sen­za che ci sia qual­che pro­va tan­gi­bi­le sull’ef­fet­ti­vo mi­glio­ra­men­to del­la si­tua­zio­ne, ma solo as­se­con­dan­do un con­di­zio­na­men­to so­cia­le già mar­ca­to. In tal modo la Chie­sa può mo­stra­re al mon­do che tut­te le ‘pe­co­rel­le’, an­che le più nere, sono de­sti­na­te tut­te a tor­na­re all’ovi­le.

Il car­ce­re do­vreb­be es­se­re rie­du­ca­ti­vo. Men­tre il con­ven­to è un ri­ti­ro re­li­gio­so. Ma la no­stra Re­pub­bli­ca ri­tie­ne una pena ade­gua­ta la vita in un mo­na­ste­ro? Non c’è poi chia­rez­za sul­le ca­rat­te­ri­sti­che di que­sta ‘de­ten­zio­ne’, che pare be­ne­vol­men­te ap­pal­ta­ta ai re­li­gio­si: ci si chie­de se il con­ven­to sia sot­to chia­ve, se c’è li­bertà di usci­ta, la pos­si­bi­lità di ri­ce­ve­re vi­si­te. O ade­gua­ta sor­ve­glian­za.

Ri­sul­ta evi­den­te che il sog­gior­no in con­ven­to di­ven­ti un pri­vi­le­gio per i cre­den­ti, con di­scri­mi­na­zio­ne nei con­fron­ti di de­te­nu­ti non cat­to­li­ci. Le con­di­zio­ni di fa­vo­re e l’at­ti­vi­smo dei cap­pel­la­ni pos­so­no an­che di­ven­ta­re un in­cen­ti­vo al pro­se­li­ti­smo re­li­gio­so, con l’as­sen­so del­lo Sta­to.

Ma non si può ri­te­ne­re a prio­ri che un’or­ga­niz­za­zio­ne re­li­gio­sa dia ga­ran­zie giu­ri­di­che. Anzi, come com­por­ta­men­ti ben poco vir­tuo­si si po­treb­be ci­ta­re il dif­fu­so im­pe­gno del­le ge­rar­chie ec­cle­sia­sti­che per in­sab­bia­re casi di pe­do­fi­lia che han­no coin­vol­to sa­cer­do­ti. Sen­za con­ta­re la vi­ci­nan­za im­ba­raz­zan­te tra cer­ti pre­ti e per­so­nag­gi in odo­re di ma­fia.

La so­lu­zio­ne non è di cer­to sti­pa­re le car­ce­ri già pie­ne, ma in­ve­sti­re nel mi­glio­ra­men­to del­le con­di­zio­ni di vita del­le pri­gio­ni. Una via lai­ca e ci­vi­le, pur­trop­po de­sti­na­ta ad es­se­re una ec­ce­zio­ne, per­cor­sa dal Go­ver­no Mon­ti all’ini­zio del suo man­da­to. De­le­ga­re il re­cu­pe­ro dei de­te­nu­ti a strut­tu­re pri­va­te mar­ca­ta­men­te re­li­gio­se fa in­ve­ce pen­sa­re an­co­ra una vol­ta ad una sus­si­dia­rietà ma­la­ta. In cui lo Sta­to ab­di­ca alle sue fun­zio­ni nel­la tu­te­la dei di­rit­ti fa­vo­ren­do la re­li­gio­ne.
FONTE QUI