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domenica 7 ottobre 2012

LUIGI BRUSCHI - LA CITTA' INVISIBILE...


Soffrire? Si può: ma in silenzio.
Portogallo
- Portogallo: un poliziotto abbraccia un giovane manifestante -

C’è un paese che non crea condizioni di lavoro e anziché fare ammenda chiama i disoccupati “sfigati” e “bamboccioni“.

C’è un paese in cui chi non ha niente – o ha molto meno – non lo deve dire, non lo deve far sapere, meglio ancora se non si fa neppure vedere in giro (in fondo ci si intristisce sempre un po’ alla vista dei bisognosi, no?).

C’è un paese nel quale i giovani senza futuro non possono sollevare la testa: devono chinare il capo, abbandonare la speranza, soffrire in disparte. Men che mai devono scendere in piazza, per rivendicare i propri diritti e gridare il loro disagio.

Quel paese è lo stesso per cui se nessuno scende in piazza siamo un popolo di senza palle, mentre se qualcuno scende in piazza rischia di ritrovarsi coinvolto in un girone dantesco di mazzate preventive.

Temo che il messaggio che arrivi, in un paese come quello descritto, è che chi si sente braccato da un domani inesistente, ingabbiato in un presente inane, schiacciato da un passato che magari non ha neppure contribuito a creare, debba sopportare in silenzio, non fare rumore, non aprir bocca.

Quel paese è il nostro paese. Lo stiamo costruendo così.

Forse è giunto il momento di porci qualche domanda.

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