Disabili, fondi azzerati. Protesta in piazza: “L’aiuto diretto costa meno dei ricoveri”
Il 31 ottobre manifestano a Roma i "reclusi del welfare". Il governo Monti ha azzerato il fondo per la non autosufficienza e tagliato del 90% le spese per le politiche sociali. Ma il modo per risparmiare, dicono le associazioni, c'è: i "progetti di vita indipendente", alternativi alle cliniche. Elisa, affetta da atrofia muscolare spinale: "Se il denaro lo gestisco io riesco a costare la metà"
Ecco perché, a oggi, i progetti avviati sono appena un migliaio. E con una spesa pro-capite per i servizi alla disabilità di soli 23 euro contro i 125 della media europea, il welfare italiano rimane a carico delle famiglie che pagano un prezzo altissimo al disimpegno dei governi. Paragonate alle altre, infatti, sono più povere: il reddito dei nuclei con almeno una persona con disabilità è sotto la media, mentre già nel 2007 il 40% di queste famiglie dichiarava di non poter affrontare una spesa imprevista, contro il 28% delle famiglie senza membri disabili (dati Istat). Una realtà ben lontana dagli impegni sottoscritti nel 2009 dall’Italia con la ratifica della convenzione Onu sul diritto all’autodeterminazione delle persone con disabilità.
Sui fondi si sta lottando, come dimostra la manifestazione di oggi. Ma il messaggio vuole arrivare anche oltre Montecitorio. Che esista un diritto esigibile e un percorso di affrancamento previsti per legge, infatti, i disabili neppure lo sanno. L’informazione stessa non viene loro neppure notificata. Se ne guardano bene le strutture, le Rsa, le cooperative di assistenza che perderebbero un prezioso “cliente”; e se ne guarda lo Stato che non arriva erogare neppure le risorse. In questo imbuto finiscono uomini e donne, giovani e coppie condannati a vivere prematuramente un’esistenza da anziani. Alcuni riescono a ottenere i finanziamenti per il loro progetto. Ma sono pochissimi e le loro storie hanno il comune denominatore di una lotta solitaria a un sistema che contrappone interessi economici, inerzia della politica, necessità per lo Stato di scaricare problema e costo alle famiglie.
Elisa, una donna di 31 anni affetta da atrofia muscolare spinale, voleva uscire di casa e condurre una vita dignitosa e autonoma insieme al suo compagno. Ha chiesto i fondi al Comune di Carugate (Milano) e davanti all’ennesimo diniego ha minacciato di incatenarsi al municipio. “La cosa incredibile – racconta – è che se il denaro lo gestisco io direttamente riesco a costare la metà e ad avere tutte le ore di assistenza che mi servono. Monti dovrebbe vedere il mio quaderno dei conti”. Chi sta nelle cliniche ha ancora meno chance. Perché il suo nome è abbinato a un numero di conto corrente. E’ un “ospite”, ma in realtà è un prezioso cliente la cui presenza garantisce rette molto alte: da 3 a 6mila euro al mese. E gli annunci per andarsene non sono mai esposti in bacheca, mai un volantino sulla vita indipendente.
Claudio ha scoperto di poter gestire i soldi per la sua assistenza grazie a internet e alle associazioni. E insieme hanno organizzato un progetto di vita indipendente con tutte le caratteristiche della fuga da un carcere: “Ero come prigioniero – racconta – vivevo con sofferenza la condizione di assistito che a soli quarant’anni spegne la luce quando vogliono altri ed esce solo quando c’è la gita di gruppo. Ho perso 21 chili in pochi mesi”. Poi si è imbattuto nel sito dell’Enil, un’associazione che promuove i progetti di vita indipendente. “Se l’avessi saputo prima – racconta Claudio – non avrei sofferto per tre anni una mancanza di libertà che non era motivata dalle mie reali condizioni di salute e di bisogno. Come me erano almeno dieci ricoverati su trenta a poterlo fare, ma nessuno si era preso la briga di informarli”. E il sospetto che qualcuno ci marci è forte.
Ma il punto è anche un altro, diffondere la conoscenza di questi progetti dovrebbe essere interesse di tutti. Perché a pagare le rette sono i contribuenti italiani e ancora una volta Claudio è in grado di dimostrare che oggi – libero e restituito alla società – ci costa meno. “Quando ero in struttura il mio costo per lo Stato era di 6.700 euro al mese. Oggi sono a casa mia, mangio e dormo quando voglio e scelgo in prima persona quanto e da chi farmi assistere. E il tutto per 2.300 euro. La mia personalissima spending review”.
di Franz Baraggino e Thomas Mackinson
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