Marina Berlusconi, 48 anni, è presidente di Fininvest e del gruppo Arnaldo Mondadori Editore
«Momento difficile:
anche noi in azienda
stiamo coniugando
rigore e crescita»
LUCA UBALDESCHI LA STAMPA
milano
Se la regola di cui tanto si parla è coniugare rigore e crescita, posso affermare senza presunzione che le nostre aziende la stanno applicando». Non è casuale che la presidente di Fininvest e Mondadori, Marina Berlusconi, si affidi allo slogan preferito da tecnici e da politici per illustrare la salute del gruppo. Perché in questa intervista - la prima da quando il padre non è più a Palazzo Chigi - parte dalle questioni di business per arrivare a un'analisi delle scelte del governo Monti, cui non risparmia critiche.
Lei fa professione di fiducia. Eppure ha appena presieduto l'assemblea della Mondadori con un bilancio pieno di segni meno. Non c'è contraddizione?
«Abbiamo i problemi che vivono tutti a causa della peggiore crisi di sempre, che incide su consumi e pubblicità, ma le nostre aziende stanno facendo le scelte giuste».
Come sono cambiate le vostre strategie a causa della crisi?
«Da un lato portiamo avanti progetti per la riduzione dei costi per avere ancora più efficienza quando la crisi finirà, dall'altra continuiamo a investire su prodotto, qualità e innovazione. In ogni caso, in momenti difficili come questi, credo ci sia un approccio imprescindibile».
Quale?
«Non valutare i risultati di breve periodo, ma i fondamentali di un'azienda: solidità finanziaria, strategie, qualità delle persone. Su queste basi, abbiamo molti motivi per non perdere la fiducia. Sono altre le cose che mi tolgono serenità».
A che cosa si riferisce?
«A quell'esproprio da 564 milioni di euro che siamo stati costretti a pagare al gruppo De Benedetti».Esproprio? Ma è una sentenza della magistratura ad aver stabilito il risarcimento a favore della Cir per il Lodo Mondadori.
«Una sentenza che non sta né in cielo né in terra, contro la quale abbiamo fatto ricorso e la Cassazione non potrà non riconoscere le nostre ragioni. E' stata "la rapina del secolo" come qualcuno l'ha definita, e brucia doppiamente perché è arrivata in un periodo difficilissimo. A proposito di De Benedetti, poi, ho appena letto una delle sue tante frasi ad effetto, "la storia non la si cambia, la si racconta". D'accordo, ma da che pulpito! Proprio lui che da 20 anni stravolge la realtà del Lodo Mondadori e con i suoi giornali fa altrettanto con la storia politica italiana. Magari cominciassero a raccontarla la storia, anziché cambiarla per i loro comodi…».
Beh, quella degli ultimi 20 anni è la storia di suo padre in politica, del conflitto di interessi tra l'uomo di governo e l'imprenditore.
«Sono 20 anni che ci viene rinfacciata questa accusa e da 20 anni dimostriamo che il conflitto di interessi ha giocato semmai a nostro sfavore. Ma lo sa che le azioni Mediaset hanno raggiunto il massimo valore quando a Palazzo Chigi c'era D'Alema e risultati record quando governava Prodi nel 2006-2007?».
Non vorrà però negare tutti i benefici che sono arrivati al gruppo?
«Un gruppo che in 16 anni ha pagato 8 miliardi fra tasse e contributi, in media 2 milioni al giorno versati nelle casse dello Stato. Basta con la bugia della politica che ci aiuta. Ora che mio padre non è più a Palazzo Chigi le nostre aziende dovrebbero potersi muovere senza che ogni loro atto venga letto attraverso la lente distorta del pregiudizio politico».
Scusi, ma mi pare troppo semplicistico ridurre la questione in questi termini. Ancora oggi tiene banco un caso di commistione tra politica e affari, le frequenze tv.
«Sul beauty contest hanno già parlato Confalonieri e mio fratello Pier Silvio. Mi limito a dire che c'era una procedura approvata dall'Europa e che nel modo in cui sono state cambiate in corsa le regole è difficile non leggere un tentativo di penalizzare Mediaset».
Ma a parte il caso frequenze, che giudizio dà del governo Monti?
«Occorre una premessa. La crisi viene dall'Europa e lì va trovata la sua soluzione, affrontando il nodo della Germania e di un rigore eccessivo che innesca una spirale perversa tra austerità e recessione».
Capisco. Ma il lavoro di Monti?
«Vuole il mio giudizio da imprenditore? La manovra della fase 1 è stata caratterizzata per l'85% da un incremento delle imposte. Ho apprezzato la riforma delle pensioni, peraltro già avviata dal governo di mio padre, ma l'insieme degli interventi ha avuto un effetto fortemente recessivo. Forse inevitabile, ma pesante».
E le decisioni successive?
«Avrebbe dovuto arrivare la fase della crescita, ma cosa abbiamo visto? I provvedimenti su liberalizzazioni e semplificazioni sono stati molto enfatizzati, ma nella realtà hanno avuto un impatto limitato se non nullo».
Passera ha presentato l'agenda della crescita. Pollice verso anche qui?
«Non mi pare proprio rappresenti una svolta. E pensando alla riforma del lavoro, non si può dare un giudizio positivo. Mi sembra un mezzo pasticcio, sono state spese settimane in trattative estenuanti, ma alla fine la flessibilità non è aumentata, anzi».
Insomma, il governo è bocciato?
«Non sta a me né promuovere né bocciare. E comunque non vorrei essere fraintesa: questo esecutivo deve continuare a governare, auguriamoci tutti che lo faccia in modo più incisivo rispetto a oggi».
Il nodo è la crescita. A suo parere, come si può raggiungerla?
«Non sono un politico, né un docente di macroeconomia, ma vivo quotidianamente la realtà delle aziende e mi pare che ci sia soltanto una strada: abbassare la pressione fiscale attraverso una riduzione del debito ottenibile con tagli alla spesa e dismissioni di assets del patrimonio pubblico. Missione impossibile? Forse. Ma è proprio nella capacità di realizzare quello che per un governo politico sarebbe impossibile, che sta l'autentica ragion d'essere di un esecutivo tecnico».
E fra un anno, con il voto, quale sarà il quadro politico?
«Non ho naturalmente la risposta. Mi auguro due cose. Prima, l'unità fra i moderati».
Berlusconi che si riallea con Casini?
«Diciamo che l'orientamento storicamente maggioritario nel Paese deve continuare ad avere adeguata rappresentanza. E chi non dovesse fare di tutto perché questo avvenga si assumerebbe una grave responsabilità. Seconda, un governo tecnico non può che essere una parentesi. Dopo, serve una riscossa della politica, che sappia ridare alla comunità l'orgoglio di riprendere in mano il proprio destino, al di là dello spread e dei diktat sovranazionali».
Ripensando alla esperienza di governo di suo padre, quali errori pensa abbia commesso?
«Cominciamo col dire che alla luce di quel che sta facendo il governo tecnico e dei problemi che incontra, anche i critici più severi del governo Berlusconi, se fossero in buona fede, avrebbero molto su cui riflettere».
Sì, ma gli errori?
«Non mi pare un errore, ma governando si è reso conto di quello che è il problema numero uno di questo Paese: la sua sostanziale ingovernabilità. Ha provato a risolverlo, glielo hanno impedito. Mi auguro che questa riforma delle regole del gioco, che non è né di destra né di sinistra, ma semplicemente indispensabile, possa avvenire adesso».
Il clima sembra leggermente più propizio al confronto politico, forse anche sulla giustizia.
«Se parliamo di giustizia, mi pare difficile negare che alcuni magistrati, solo alcuni ma molto influenti e molto attivi mediaticamente, esercitino il proprio ruolo in un modo che con la giustizia non ha nulla a che spartire. Certo, prendo atto di qualche segnale, come la conclusione del processo Mills a mio padre o del processo Dell'Utri, che del resto non avrebbero neppure dovuto cominciare. Ma prendo anche atto del fatto che continua il processo Ruby, una ignobile farsa costruita sul nulla: stiamo parlando di normalissime cene in una casa privata, tra l'altro pagate da mio padre di tasca sua. Cosa che, alla luce di quanto leggiamo in questi giorni, mi pare quasi una rarità».
Ma insomma, questo clima più disteso c'è o non c'è?
«Mi auguro che ci sia, che gli orfani delle barricate, che sono ancora tanti, la smettano di intossicare e paralizzare con i loro veleni questo Paese. Mi auguro che chi ha la voglia e il coraggio di fare, possa concentrare su questo tutte le sue migliori energie, e non dover passare la vita a guardarsi da quanti non sanno vivere senza un nemico da eliminare. E soprattutto mi auguro che tutto questo non resti solo un sogno».
twitter@lucaubaldeschi
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