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mercoledì 18 aprile 2012

ART. 81...



(AGI) Roma – Il ddl sul pareggio di bilancio in Costituzione ha avuto il via libera definitivo dall’aula del Senato con i due terzi degli aventi diritto (cioe’ 214 su 321) necessari per evitare il ricorso al referendum confermativo. I si’ sono stati 235, i no 11, gli astenuti 34.
Hanno votato contro la Lega e l’Idv, si e’ astenuta Coesione Nazionale, a favore tutti gli altri gruppi. In dissenso dai rispettivi gruppi, Mario Baldassarri (Terzo Polo) che non ha partecipato al voto; Mauro Cutrufo (Pdl) e Massimo Garavaglia (Lega) che si sono astenuti .
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Keynes secondo il punto di vista di H. Denis
L’avvento dell’economia politica keynesiana è strettamente connesso ad una profonda trasformazione verificatasi nelle politiche economiche dei principali paesi capitalistici. Ad es. dopo il 1933 già la Germania condusse una politica di lotta alla disoccupazione, basata sull’intervento dello stato nel campo degli investimenti e del credito. Anche negli Usa il presidente Roosvelt fece aumentare la spesa pubblica ed accrescere i salari affinchè si accrescesse il potere d’acquisto delle masse. Keynes è l’autore che prima della crisi ha sempre richiesto una simile trasformazione della politica economica.
L’atteggiamento di Keynes è quello di un borghese illuminato, desideroso di salvare il regime dell’impresa privata abbandonando ogni pretesa di liberismo integrale. La politica perseguita dall’Inghilterra dopo la prima guerra mondiale sembrava a Keynes pericolosa perché creava disoccupazione. Nel 1924 i disoccupati giunsero ad essere un milione e quando Lloyd George lanciò l’idea di un programma di lavori pubblici, Keynes appoggiò quest’iniziativa. Egli diceva che si dovrebbe imporre una qualche azione coordinata al fine di determinare il livello cui deve fissarsi il risparmio della comunità nel suo insieme e si deve stabilire in quale misura questi risparmi si debbano dirigere fuoi dei confini sottoforma di investimenti esteri. Inoltre bisogna sapere se la contemporanea organizzazione del mercato dei capitali distribuisca i risparmi secondo i canali più produttivi dal punto di vista dell’economia nazionale. Keynes si oppose anche nel 1925 alla politica di Churchill di riduzione dei salari, dicendo che questo avrebbe diminuito il potere d’acquisto dei consumatori e avrebbe accentuato lo squilibrio economico. Con la crisi del 1929 Keynes si decise a mettere a punto il Trattato della moneta. Scopo di questa opera è di chiarire il problema delle depressioni economiche ed in essa si avanza l’idea di una insufficienza degli investimenti. Come Marx, Keynes separa il settore della produzione dei beni strumentali da quello della produzione dei beni di consumo. Egli però modifica lo schema marxista, poiché ammette che non bisogna preoccuparsi di uno squilibrio tra l’offerta e la domanda dei beni strumentali, dal momento che questi vengono fabbricati su ordinazione. Dunque si tratta solo di vedere come si realizza l’equilibrio tra l’offerta e la domanda nel settore dei beni di consumo. Per Keynes la depressione economica si spiega con il fatto che il risparmio normale è maggiore dell’investimento, il che crea uno squilibrio sul mercato dei beni di consumo, obbligando i produttori di questi beni a vendere a prezzi inferiori ai loro costi. Una tale dimostrazione, rispetto a quella marxiana, si presenta semplificata grazie all’ipotesi della produzione su commessa dei beni strumentali. Egli poi, come Schumpeter, attribuisce all’investimento un ruolo attivo, che esso non ha negli schemi di Marx. Per Keynes l’aumento o la diminuzione del capitale dipendono dall’ammontare dell’investimento e non da quello del risparmio. L’insufficienza dell’investimento è dunque la causa della depressione. Ma inversamente Keynes spiega allora l’espansione degli affari con l’esistenza di un eccesso di investimenti che determina dei profitti eccezionali nel settore dei beni di consumo e incita quindi gli imprenditori ad aumentare la loro produzione. Rimane però da stabilire perché mai si produca un simile eccesso di investimenti e perché poi non duri la fase di espansione. Sul primo punto Keynes se la cava rapidamente dicendo che interviene qualcosa che non ha carattere monetario e che aumenta l’aspetto di attrazione dell’investimento (può trattarsi di una nuova invenzione, lo sviluppo di un nuovo paese, una guerra). Quanto poi alla fine del periodo della fine di espansione Keynes la spiega ricorrendo all’idea di Aftalion secondo cui le crisi sarebbero dovute al fatto che, nella fase espansiva, si ordinano troppi mezzi di produzione poiché occorre tempo per costruirli mentre, per tutto il tempo necessario, la persistente penuria di prodotti finiti continua a suscitare delle domande di beni strumentali.

Di fronte alle minacce di dissesto economico l’Inghilterra adottò una delle proposte di Keynes e cioè la svalutazione della sterlina. Ciò consentì all’Inghilterra di non subire troppo la crisi, ma, aumentando le esportazioni, scaricò la crisi su altri paesi e soprattutto sulla Germania dove la disoccupazione colpì la metà della popolazione della manodopera industriale e determinò l’ascesa di Adolf Hitler che riassorbì la disoccupazione con commesse industriali pagate dallo stato. Ma per gli industriali tedeschi, i lavori pubblici sono solo un palliativo, mentre la soluzione definitiva si poteva cercare solo nella conquista di sbocchi all’estero. La seconda guerra mondiale fu in parte la conseguenza di quest’istanza.

Durante questo periodo la maggioranza degli economisti occidentali continuava a negare il ruolo degli sbocchi esteri in quanti incentivi dello sviluppo dell’economia capitalistica, ma ammettevano sempre più di frequente che le vecchie tesi sull’equilibrio economico andavano riviste. Per Kahn gli investimenti in lavori pubblici potevano essere un rimedio estremamente efficace contro la disoccupazione. Ci si trova in presenza di un’analisi che nega l’esistenza di una tendenza naturale all’equilibrio del mercato del lavoro. La confutazione di un simile concetto fu il punto di partenza dell’opera di Keynes Teoria Generale dell’occupazione. Qui Keynes conduce la battaglia contro la concezione neomarginalista del mercato e contro la legge degli sbocchi di Say. Una simile legge aveva avuto per oggetto l’impossibilità di crisi di sovrapproduzione, ma essa determinava anche il rifiuto della possibilità di una sottoutilizzazione permanente della capacità di produzione. Keynes voleva dimostrare che un tale sottoutilizzo doveva inevitabilmente prodursi se vi era un insufficienza della domanda effettiva, domanda che viene ingenerata dalle spese delle aziende quando queste utilizzano normalmente la loro capacità di produzione. Keynes si domanda come si può spiegare che l’occupazione si fissi ad un determinato livello se non è determinata dal gioco dell’offerta e della domanda di lavoro. Keynes risponde a questa domanda dicendo che il livello dell’occupazione dipende dall’ammontare dell’investimento e cioè dall’ammontare degli acquisti di mezzi di produzione addizionali che vengono realizzati dalle imprese. Il risparmio deve essere uguale all’investimento. Se il risparmio dipende dall’ammontare del reddito globale e se l’investimento è dato, allora il reddito nazionale deve fissarsi in maniera tale che il risparmio raggiunga l’investimento. Ma poiché il reddito nazionale è legato all’impiego della manodopera anche questo dipende dall’investimento e non corrisponde necessariamente al pieno impiego. Il risparmio normale può essere diverso dall’investimento e tale differenza determina dei movimenti di espansione o di contrazione del processo produttivo. Un vero equilibrio economico può essere raggiunto solo nel momento in cui vengono a cessare i movimenti suddetti e cioè solo quando il risparmio normale risulta uguale all’investimento. In effetti si avrà allora un determinato volume di produzione e di impiego della manodopera. Ma nulla garantisce che tale occupazione corrisponda al pieno impiego della capacità produttiva delle imprese ed al pieno impiego della forza-lavoro. Quando l’investimento è insufficiente in rapporto alla propensione al risparmio, l’impiego effettivo è inferiore al pieno impiego e da allora si ha disoccupazione. Dunque attraverso l’insufficienza dell’investimento non viene più spiegata la depressione economica, ma la disoccupazione : Keynes si propone ora di spiegare il fenomeno della disoccupazione permanente che sussiste anche durante i periodi di espansione economica.

Se la disoccupazione permanente è dovuta all’insufficienza dell’investimento da cosa dipende una insufficienza siffatta ? Per rispondere Keynes tenta di formulare una teoria della determinazione dell’investimento. Le imprese investirebbero denaro negli affari sino a che l’efficienza marginale del capitale è superiore al tasso di interesse, anche perché gli imprenditori prendono a prestito spesso l’intero capitale da essi investito. Keynes però non può accettare interamente l’impostazione neoclassica che fa del saggio d’interesse il supremo regolatore che assicura l’investimento totale del risparmio. Egli si decide allora a sostenere che il saggio di interesse dipende dalla quantità di moneta in circolazione e non dall’ammontare dei fondi risparmiati. Si giunge così ad una teoria che fa dipendere gli investimenti da due fattori distinti :

· Le produttività marginali del capitale, ossia le redditività che ci si può attendere dai capitali addizionali investiti in un determinato periodo di tempo

· Il saggio d’interesse, fenomeno essenzialmente monetario

Gli investimenti sono troppo esigui e la disoccupazione è molto grave perché le redditività dei capitali addizionali sono minori di un tempo. Keynes lo riconosce esplicitamente e dice che nell’800 l’incremento demografico, il progresso tecnologico, la valorizzazione di nuove zone, la frequenza delle guerre sono stati in grado (insieme con la propensione al consumo) di mantenere una curva dell’efficienza marginale del capitale, che permetteva ad un soddisfacente volume dell’occupazione di essere compatibile con un saggio dell’interesse abbastanza elevato da diventare accettabile per i detentori della ricchezza. Ma Keynes pronostica che a partire dalla sua epoca la curva dell’efficienza marginale del capitale è molto più bassa di prima. . quanto al saggio dell’interesse Keynes si sforza di dimostrare che esso venga mantenuto ad un livello troppo alto dalla preferenza per la liquidità. Egli dice che il saggio dell’interesse prima del 1914 dipendeva dalla riserva aurea posseduta da ogni paese mentre l’afflusso dell’oro dipendeva dallo sviluppo delle esportazioni. Dunque proprio per aumentare la propria riserva aurea (allo scopo di abbassare il saggio di interesse) che le grandi potenze industriali hanno voluto conquistare all’estero nuovi mercati. Keynes aggiunge che in un’economia regolata da contratti stipulati su basi monetarie e caratterizzata da consuetudini stabili nella quale le riserve auree e il saggio d’interesse dipendono soprattutto dalla bilancia dei pagamenti le autorità governative hanno a loro disposizione un solo mezzo ortodosso per lottare contro la disoccupazione : creare una eccedenza di esportazioni e di importare loro a detrimento delle nazioni vicine. Secondo Keynes nel corso della storia non si è mai inventato un sistema più efficace del gold standard per scatenare gli uni contro gli altri i differenti interessi delle varie nazioni. In un simile sistema infatti la prosperità interna di ogni paese dipende direttamente dal risultato di una lotta per il possesso dei mercati e per soddisfare il proprio bisogno di metalli preziosi. Per Keynes l’abolizione dello standard aureo sopprimerà ogni lotta per la conquista degli sbocchi e liquiderà le cause economiche delle guerre. Questo è un modo sbrigativo di risolvere il problema dell’imperialismo : in realtà l’origine dell’aspra concorrenza tra le potenze industriali non sta nel loro desiderio di procurarsi loro, ma discende semplicemente dal loro bisogno di accaparrarsi dei mercati in cui poter vendere i propri prodotti industriali e poter piazzare i propri capitali.

In definitiva (secondo Denis) non abbiamo nella teoria di Keynes una vera esposizione delle circostanze concrete che hanno determinato nel sistema capitalistico una disoccupazione così forte tra le due guerre. Tuttavia Keynes ha cercato di formulare una serie di proposte pratiche allo scopo di garantire il pieno impiego : egli insiste sulla necessità di realizzare una diminuzione del saggio d’interesse, che potrebbe essere ottenuta grazie ad una politica più liberale di creazione di moneta. Questo non è però sufficiente e dunque bisogna che sia lo stato a sviluppare i propri investimenti. La diminuzione del saggio d’interesse può e deve consentire di trasformare profondamente l’assetto economico, facendo scomparire i percettori di rendite e sopprimendo l’eccessiva disuguaglianza dei redditi. La possibilità di un credito quasi gratuito è in Keynes l’utopismo reso necessario dalla mancanza di dialettica all’interno della sua concezione. Il pensiero di Keynes tende a mascherare i conflitti sociali e la sua idea dell’eutanasia del rentier è in realtà una negazione del fatto che l’essenza del capitalismo sta nell’opposizione tra capitale e lavoro. Alla fine la scomparsa dei rentier trasferisce la rendita nel capitale degli azionisti. Inoltre Keynes nega l’importanza degli sbocchi esteri e sostiene che la marcia precipitosa alla conquista delle colonie è solo la conseguenza dello standard aureo. Contestabile inoltre è la tesi di Keynes che la socializzazione dell’investimento non implichi necessariamente la proprietà pubblica dei mezzi di produzione. Infatti sinora gli investimenti pubblici sono stati fatti in ambiti improduttivi così che lo stato non ha avuto bisogno di sostituire i capitalisti privati, ma se si volesse andare più avanti nella socializzazione dell’investimento sarebbe stato necessario assumersi compiti e responsabilità che sono tipici di un proprietario e questa sarebbe una contraddizione in regime capitalistico.



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