“La legge che vieta il lavoro minorile è una sciocchezza”. Urla il Repubblicano Gingrich,“Fateli lavorare a scuola, dopo lezione, e dategli una mancetta”.
Scrive Roberto Festa - 7 dicembre 2011 Roberto Festa
Faccio il giornalista, ho scritto alcuni libri e diretto un film sulla destra europea. Gli Stati Uniti sono il mio particolare luogo degli addii. Continuo a tornarci, e a perdere pezzi del mio passato.
Alcuni giorni fa Newt Gingrich, candidato repubblicano alla presidenza, è sbottato: “La legge che vieta il lavoro minorile è una sciocchezza”. Gingrich, che non manca di proposte in grado di sorprendere l’opinione pubblica, ha anche trovato un modo per far svoltare le vite dei bambini più poveri, spesso vittime di cattive compagnie e pessime abitudini: “Fateli lavorare a scuola, dopo lezione, e dategli una mancetta”.
Pochi giorni prima mi era capitato di seguire alcuni dibattiti tra i candidati repubblicani in Iowa (il primo Stato dove si terranno i caucuses, le primarie, il 3 gennaio). Tra le tante, spesso radicali proposte che avevo ascoltato, quella più singolare mi era parsa l’assassinio degli scienziati che in Iran si occupano di nucleare. Avanzata da Rick Santorum e Michele Bachman, la strage degli scienziati dovrebbe servire a mettere in difficoltà il governo di Teheran, nei suoi piani di espansione militare.
Verrebbe da chiedersi. Cos’è successo al partito repubblicano? Cosa è successo al partito di Lincoln e Teddy Roosevelt, a quei settori della società americana che un tempo chiedevano poche tasse, libertà di mercato, ragionevole regolamentazione statale, politica estera autorevole, e che oggi vogliono ammazzare gli scienziati, mandare a lavorare i bambini, far entrare una religione cupa e punitiva nelle case di tutti gli americani?
Non è facile spiegarlo. Molti tra gli stessi repubblicani – a disagio con il nuovo corso – se lo chiedono da mesi, da anni, e trovano difficile dare una risposta (su questo, vale la pena di dare un’occhiata all’articolo di David Frum, ex-portavoce di George W. Bush, sul numero di novembre della rivista “New York”).
Certo è che l’involuzione sempre più radicale, conservatrice, di destra del GOP è una realtà davanti agli occhi di tutti. Quindici anni fa George W. Bush, da governatore del Texas, bollava i tentativi di tagliare i crediti sulla income tax come un modo per “bilanciare il budget sulle spalle dei più poveri”. Oggi quei crediti sono visti dai commentatori repubblicani come inauditi privilegi delle “anatre fortunate”, i poveri americani.
Da governatore del Massachusetts, Mitt Romney approvò una riforma sanitaria che è la fotocopia di quella fatta votare da Barack Obama. Oggi l’Obamacare viene definito dai repubblicani come un esempio della “lotta di classe” scatenata dal presidente socialista. Ancora. Solo alcuni anni fa il senatore John McCain bollava come “antiamericana” la tortura dei combattenti nemici arrestati nella war on terror. Oggi il senatore Lindsay Graham spiega che “ai combattenti nemici che chiedono un avvocato, dobbiamo rispondere: Non lo meriti!”. Di più. Nel 2000, il candidato alla presidenza George W. Bush invocava “chiese, moschee e sinagoghe”. Oggi la costruzione di una moschea a Ground Zero è vista dai repubblicani newyorkesi e nazionali come “un oltraggio”.
Si potrebbe andare avanti a lungo, ma l’accumulazione non produrrebbe molto di più. La realtà è appunto quella di un partito repubblicano mai così a destra, mai così prono a rincorrere le tensioni populistiche, demagogiche, viscerali dei gruppi radicali del suo elettorato (che si chiamino Tea Party, social-conservatives, religious right).
Di qui appunto la domanda. Cos’è successo al partito repubblicano? Tra le tante ipotesi presentate in questi mesi, in questi anni, ce n’è una che (dopo aver passato l’ultimo mese, per ragioni di lavoro, a guardare Fox News) mi pare particolarmente convincente. Il partito repubblicano, i suoi politici, si sarebbero trasformati in una dependance di Fox, di Rush Limbaugh, di Glenn Beck, di tutta quella corte di TV, radio, programmi che in questi anni hanno nutrito indignazione, rabbia, risentimento dell’America più profonda.
I repubblicani, in altre parole, si sarebbero trovati a rincorrere i media di destra, con il loro bisogno di tenere incollato il pubblico con proposte sempre più shock, urla sempre più alte, insulti sempre più sguaiati. Il conservatorismo, da ideologia, proposta politica, architettura sociale, si sarebbe trasformato in segmento del mercato della comunicazione, in marketing che tiene incollati i compratori-elettori.
E per tenere incollato il pubblico, in fondo, c’è qualcosa di meglio della proposta di mandare a lavorare i bambini poveri?
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