De Mita compra il superattico col supersconto
Dopo anni di cause legali l'ex premier e segretario Dc è pronto ad acquistare dall'Inps i locali nel centro storico di Roma in cui vive dal 1988. La cifra? 3,4 milioni di euro. Peccato che il prezzo di mercato sia almeno il triplo
Roma - Ciriaco De Mita sta per concludere uno dei più grossi affari della sua vita. Compra la casa-simbolo del potere della casta, quella dei tanti misteri che, dopo anni di cause e inchieste giudiziarie nessuno è riuscito completamente a svelare.
È il famoso attico e superattico in via in Arcione, a due passi da Fontana di Trevi, in pieno centro storico di Roma. Delle dimensioni esatte non si è mai riusciti a sapere, anche perché dal 1988 quando fu occupato dalla famiglia De Mita sono stati fatti diversi lavori e probabilmente chiuse delle zone del terrazzo: sarebbero circa 550 metri coperti e 200 aperti.
L’ex-presidente del Consiglio vuole pagare 3 milioni e 400 mila euro all’Inps, che ne è attuale proprietario. Otterrebbe così un immobile di pregio a meno di 5mila euro a metro quadro, quando il mercato ne pretende sui 15mila. La trattativa sarebbe praticamente conclusa, ma De Mita tira sul prezzo. Vuole ottenere tutti i vantaggi possibili oltre all’appartamento in sé. Da sempre ha monopolizzato uno dei due ascensori, che per uno speciale congegno si ferma esclusivamente al quarto piano, il suo.E per salire sull’unico rimasto fanno ogni mattina la fila i quasi 100 dipendenti della Commissione di vigilanza del fondo pensioni, che occupa un altro appartamento nel palazzo.
Ma a De Mita non basta, prima di comprare vuole definire la pertinenza di una serie di ampi spazi utilizzati negli anni dalla famiglia: da 2 cosiddette «cantine» di circa 40 metri quadri al mezzanino con belle finestre nel cortile (dove troneggiano enormi e rumorosi impianti di condizionatori d’aria), ad un ampio ex negozio su 3 piani usato come «magazzino», fino agli 80 metri quadrati di portineria una volta usati come alloggio dei domestici di casa De Mita e ora vuoti.
La splendida casa è nata dalla fusione di ben 3 appartamenti e ha 11 finestre su via in Arcione più 5 su via del Traforo del Tritone, con un superattico che è un appartamento in sé e sui 4 lati l’enorme terrazzo che vede il Torrino del Quirinale da una parte e Palazzo Chigi dall’altra.
Il tutto restaurato ad arte e superblindato con vetri antiproiettile, solidi pannelli contro gli sguardi indiscreti e porte d’acciaio, oltre che impreziosito da marmi, maioliche, parquet e rifiniture di grande pregio, secondo gli ordini dei De Mita. Proprio per questi lavori il politico della prima Repubblica finì negli anni ’90 di fronte al Tribunale dei ministri, che lo rinviò a giudizio con l’accusa di aver utilizzato fondi neri del Sisde.
Il boss di Nusco si trasferì nell’autunno dell’88 nel palazzo settecentesco appena ristrutturato a suon di miliardi di lire dall’Inpdai (allora proprietario), lasciando la ben più modesta e periferica abitazione di cooperativa sulla via Ardeatina.
Da allora, l’ex presidente della Dc attualmente eurodeputato dell’Udc, ha resistito ad ogni scandalo, causa, inchiesta giudiziaria, interrogazione parlamentare pur di rimanervi. D’altronde, per decenni De Mita ha usufruito di un affitto a dir poco agevolato. L’ammontare del canone è sempre rimasto un «segreto di famiglia », ma il rinnovo del contratto di locazione del 2000, l’ultimo consultabile con milledifficoltà all’Ufficio del Registro, parla di 71.562.540 lire annue ed evidentemente è poi stato prorogato in attesa dell’acquisto. All’inizio, assicurano fonti ben informate, l’affitto era attorno ai 50 milioni l’anno.
Fonte: ilgiornale.it - C.E. del 13/03/2010
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Patroni Griffi e la casa al Colosseo: non ci dormo
Filippo Patroni Griffi ROMA «Considero chiusa una vicenda che non presenta alcun elemento di illecito nè di immoralità e che ho già abbondantemente e definitivamente chiarito e sulla quale non intendo tornare più. Spero di poter a questo punto riprendere con più efficacia a parlare dell'attività di governo di mia competenz». Così il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi è tornato ieri sulla questione della sua casa al Colosseo: 109 metri quadri acquistati per 177 mila euro, grazie alle condizioni privilegiate ottenute dall'Inps per gli inquilini in seguito ad una causa. Nessun privilegio, ma una «posizione» in comune con le «migliaia di cittadini italiani, di ogni condizione sociale, che sono diventati acquirenti, alle condizioni e secondo le procedure volute dal Parlamento, di immobili di enti previdenziali», aveva chiarito ancora il ministro, in una lettera al «Fatto Quotidiano», nella quale ricostruisce l'intera vicenda, che definisce «personale». A partire dal suo trasferimento a Roma nell'86 dopo aver vinto il concorso pubblico per consigliere di Stato e dalla sua richiesta a vari enti per un alloggio da prendere in locazione. Il palazzo proposto dall'Inps, prosegue, «fu definito di pregio in virtù della sola sua ubicazione nel centro storico, mentre la legge dava una serie di altri parametri, tra cui lo stato di manutenzione. Da qui nacque il contenzioso con lo Stato che portò alla conclusione, sulla base di una consulenza tecnica, che quell'immobile non poteva considerarsi di pregio». Ieri in un'intervista a «Repubblica» Patroni Griffi aveva dichiarato: «Non dormo più bene, e non mi concentro. Devo fare il ministro, e non lo sto facendo come dovrei. Penso solo alla casa, a questa benedetta casa», sempre a proposito della sua casa al Colosseo. «Avessi saputo che sarebbe scoppiato tutto questo casino non lo farei mai più. Nella mia condizione attuale riterrei quell'azione giudiziaria per ottenere lo sconto sull'acquisto lecita ma inopportuna. Però oggi, non ieri». Il paragone con il caso Scajola, aggiunge, «è un'offesa insopportabile. Il mio è un atto lecito, che migliaia di altri italiani avrebbero fatto e farebbero».
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