Juliette Binoche scandalosa a Berlino
Intervista all’attrice protagonista di “Elles”, presentato al Festival, sullo scotante tema delle giovani prostitute studentesse
Corbis
Tanto sesso anche esplicito, sesso di giovani prostitute, studentesse che con il denaro ricavato si pagano gli studi, ma che, invece di essere disperate, appaiono completamente a proprio agio con questa “professione”. Juliette Binoche interpreta un ruolo forte a Berlino in un piccolo film indipendente, Elles, della regista Malgoska Szumowska. In alcune scene si mostra senza trucco, rivelando tutta se stessa, mentre in un’accesa discussione col marito sullo schermo sostiene che in fondo le prostitute sono persone normali che fanno un lavoro come un altro. E mentre il suo film, appena proiettato, faceva già discutere, si è presentata all’incontro con la stampa in tutta la sua bellezza sofisticata e decisa nel sostenere il suo ruolo.
Perché ha deciso di accettare questa parte?
«La regista non immaginava che avrei accettato, mi considerava una star troppo di primo piano per il suo film, ma ha deciso comunque di provarci. E invece a me il ruolo della giornalista che indaga sulla prostituzione giovanile è subito molto piaciuto. Di solito cerco di evitare temi del genere, perché possono essere pericolosi e lanciare dei messaggi controversi, ma mi attirava la sceneggiatura. Porta lo spettatore a porsi delle domande, come quando viene chiesto alla giovane prostituta cosa non le piaccia nel suo lavoro, immaginando qualcosa di sessuale, e invece lei risponde: le bugie. Si riferisce alla doppia vita che deve condurre, quella di brava ragazza davanti agli amici, ai genitori e perfino al suo ragazzo e quella di prostituta».
In diverse scene compare totalmente senza trucco, non ha mai temuto di apparire brutta o invecchiata davanti alla cinepresa?
«Non ci ho pensato, perché ho cercato di immedesimarmi totalmente nel personaggio. La regista mi ha proposto di non presentarmi come la star importante, ma in tutta la mia debolezza. Lo considerava un atto di coraggio, ma per me è stato normale, fa parte della mia interpretazione. Non ho paura di vedermi per quella che sono. O anche imbruttita, alla fine invecchiare fa parte della vita, è un processo naturale».
L’hanno disturbata le forti scene sessuali?
«La regista e la sceneggiatrice hanno dovuto scendere in un’intimità molto profonda, immaginando cosa i clienti fanno con le prostitute. Hanno avuto coraggio, perché può essere rischioso affrontare temi del genere. Ma in fondo il film cerca anche di capire perché tanti uomini vanno con le prostitute».
La storia è raccontata dal punto di vista delle donne. Possiamo definirlo un film femminista?
«Non credo sia un film femminista, ma racconta le cose da un punto di vista molto femminile. Le donne si confrontano infatti con i desideri degli uomini, in famiglia e all’esterno. E’ un film che esplora la vita di coppia e le relazioni».
Questo film l’ha fatta riflettere sulla vita di coppia?
«Questo film pone molte domande sulla sessualità, sulla vita di coppia, sul rapporto tra marito e moglie. Forse la risposta a tutto è l’amore. E ci si domanda spontaneamente cosa sia l’amore e dove nascano questi desideri sessuali nascosti. Mi piace la fine di questo film, perché marito e moglie, dopo tutti i problemi che hanno avuto, si ritrovano a fare colazione come se niente fosse, nella loro armonia. E alla fine, come donna, mi rendo conto che nella mia vita ho bisogno di quella colazione e di qualcuno che apra ogni mattina il mio barattolo della marmellata».
FONTE: LEIWEB
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