Viale Mazzini dovrà risarcire l'Einstein multimedia di Luca Josi per aver interrotto la fiction. Bloccando la soap si è interrotta la creazione di un polo di produzione televisiva e cinematografica. Il prodotto seriale aveva dato lavoro a circa 300 siciliani tra tecnici, attori e comparse e altre centinaia con l'indotto che via via si stava creando
di David Perluigi | 17 maggio
Alla fine è stata la magistratura a decretare che Agrodolce era la fiction giusta per rilanciare una parte dell’economia in Sicilia. Solo la Rai, colpevolmente, non lo ha capito. Ora la tv di Stato, e cioè noi contribuenti, dovrà sborsare circa 4,5 milioni di euro per fatture non pagate nei confronti della società produttrice della soap opera di Rai3: l‘Einstein multimedia che le aveva intentato causa. Un giudice del Tribunale civile di Roma lo ha messo nero su bianco nell’ordinanza su richiesta di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 per “il pagamento delle fatture non pagate ed extra-costi per circa 12 milioni di euro per la serie tv”. In sostanza: i dirigenti di viale Mazzini non dovevano bloccare una produzione che stava portando tanti posti di lavoro al Sud e, soprattutto, la creazione di un polo cinematografico e televisivo come valida alternativa al declino degli stabilimenti Fiat di Termini Imerese.
UN PRODOTTO seriale che aveva dato lavoro a circa 300 siciliani tra tecnici, attori e comparse e altre centinaia con l’indotto che via via si stava creando. Restano poi decine di milioni di euro di Fondi Fas, circa 25, che la Regione Siciliana tiene ancora bloccati in attesa, chissà quando, che il governo si decida a far ripartire gli studios costruiti per l’occasione in provincia di Palermo. I dati contenuti nella documentazione che i legali della Einstein, Alberto Rossi e Antonio Tola, hanno allegato al ricorso in tribunale spiegano al meglio: “La serie, pur se in una fascia di orario sfavorevole, piazzata in contemporanea dei maggiori telegiornali nazionali, era arrivata a raggiungere il 10 per cento di share”. “La società produttrice – scrive il giudice nell’ordinanza di una ventina di pagine – ha fornito esaurienti elementi documentali da cui risulta: l’avvenuta assunzione di rilevanti obblighi bancari per l’esecuzione dell’opera, anche in forma di anticipazione su fatture, operazione avente diretto collegamento con le fatture rimaste inevase; l’esistenza – inoltre – dell’assunzione di consistenti impegni economiciconsoggettiterziperla predisposizione di mezzi, risorse e personale umano, sia a livello tecnico, sia a livello di maestranze di scena, l’esistenza di azioni giudiziarie per la riscossione dei suddetti derivanti crediti”.
TUTTO questo ha messo in difficoltà una società primaria del campo tv come quella di Luca Josi e Andrea Olcese che dopo i grandi successi legati ai quiz Mediaset con Passaparola, Sarabanda ha investito tutto, o quasi, nella produzione di una serie tv che si è rivelata una idrovora succhiasoldi. “Questi soldi che la Rai dovrà versarci finiranno alle finanziarie e agli istituti di credito, ma è la prova che c’è un giudice a Berlino dopo mesi, anni di attesa sfibrante in cui ci è stato detto di tutto, perfino che eravamo degli speculatori, quando invece cercavamo solo di far rispettare i contratti”. Ma il giudice aggiunge anche altro nell’ordinanza: dice che di fronte ad un’altra Corte civile ora si dovrà decidere se la Rai è tenuta a risarcire milioni di euro di extracosti affrontati per la produzione della prima, della seconda e terza serie. Le ultime due rimaste in buona parte sulla carta, però, con onerosi contratti assunti. “Questa ordinanza avrà un peso ai fini della causa che partirà a giorni al tribunale civile , alla Rai l’avvocato Alberto Rossi – chiediamo 10 milioni di euro: ci sono gli extracosti e c’è il danno di immagine ad un’azienda di persone alle quale hanno rovinato l’esistenza, quando si dice che le imprese restano strangolate dalla crisi – afferma -, non si fa mai riferimento ai dirigenti pubblici che giocano sulla pelle delle persone e che restano impuniti”.
POI C’È un’altra partita, quella che si sta giocando in procura a Roma, dove nel registro degli indagati sono stati iscritti alcuni ex dirigenti della tv pubblica, se ne occupa il magistrato Giuseppe Deodato, che ha ipotizzato il reato di concussione e altro. Tutto denunciato da Luca Josi, patron di Einstein, che ha allegato all’esposto presentato ai Carabinieri ore e ore di conversazioni registrate, senza che la controparte lo sapesse,dove si evincerebbe che dietro Agrodolce c’erano interessi di importanti funzionari Rai.
In una di queste Giovanni Minoli, ex potente direttore di Rai3 e di Rai educational, il padre putatitvo della soap siciliana dice ai manager della Einstein: “Voi siete ospiti e faccio quello che voglio”.
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