Mille € al mese per 1 anno a chi perde lavoro: ‘assicurazione’ a precari
ROMA – Mille euro al mese, anzi, fino a 1.119 euro lordi: è la nuova indennità di disoccupazione proposta dal ministro del Lavoro Elsa Fornero. Una “assicurazione sociale per l’impiego” che sostituirà le attuali tutele, compresa la mobilità, fatta eccezione per la cassa integrazione ordinaria.
L’indennità dovrebbe essere erogata per 12 mesi, che salgono a 18 per coloro che hanno più di 58 anni. La nuova Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) copre tutto quanto non rientra nella cassa integrazione ordinaria e la parte di cassa integrazione straordinaria che resterà dopo la riforma (il ministro ne ha però limitato il ricorso alle aziende che si devono ristrutturare – anche pesantemente – ma che non sono destinate alla chiusura), cioè le attuali indennità di mobilità, gli incentivi di mobilità, la disoccupazione per apprendisti, la una tantum co.co.pro. e le altre indennità.
L’indennità si applicherà a tutti i lavoratori dipendenti privati e ai lavoratori pubblici con contratto non a tempo indeterminato. Per avere diritto al sostegno l’ipotesi del ministro prevede due anni di anzianità assicurative e almeno 52 settimane lavorative nell’ultimo biennio. La prestazione si ridurrà del 15% ogni 6 mesi. L’aliquota contributiva sarà del 1,3%, incrementata di 1,4% per i lavoratori non a tempo indeterminato.
“L’obiettivo del governo è la riduzione strutturale e stabile dei livelli di disoccupazione portandola al 4-5%”, avrebbe detto Fornero, precisando che “è un tassello essenziale per la crescita con un forte coinvolgimento per il sud”, perché, ha aggiunto, “non c’è crescita senza equilibrio tra nord e sud”.
Nel corso dell’incontro con i sindacati il ministro Fornero avrebbe assicurato, secondo quanto scrive Repubblica, che le risorse per gli ammortizzatori sociali “non saranno presi dal fondo sociale”. “Non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse, il governo è impegnato a ricercarle”, ha detto, ma non saranno sottratte “ai capitoli del welfare”. “Il governo si impegna a trovare le risorse al di fuori dei capitoli di spesa sociale”.
Fornero ha anche detto ”sarà accorciato il periodo di transizione della riforma e il cambio del sistema degli ammortizzatori cominciamo nel 2012 e andremo a regime nel 2015″. La cassa integrazione straordinaria, avrebbe sempre chiarito Fornero, resterà e non scompare. Sarà eliminata solo la causale per cessazione attività. Il ministro ha ribadito poi che il contratto a tempo determinato “dovrà costare di più” (ci sarà un’aliquotadell’1,4%) e che è intenzione dell’esecutivo far nascere “un’assicurazione sociale per l’impiego”.
Le imprese saranno quindi scoraggiate a utilizzare i contratti a tempo determinato, mentre dovrebbero trovare più conveniente ricorrere al contratto di apprendistato, sul quale per i primi tre anni non si pagano contributi o se ne pagano pochissimi (a seconda dalla dimensione dell’azienda). Durante l’apprendistato il lavoratore dovrà ricevere una formazione certificata e non potrà essere licenziato se non per giusta causa o giustificato motivo. Al termine l’azienda deciderà se stabilizzare l’apprendista con un contratto a tempo indeterminato oppure se concludere il rapporto di lavoro.
Per quanto riguarda l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sparirebbe nella sua forma attuale. Il diritto al reintegro per chi è stato licenziato dovrebbe restare solo per i licenziamenti discriminatori. In tutti gli altri casi – cioè i licenziamenti per motivi economici e disciplinari – il lavoratore riceverebbe invece un indennizzo economico proporzionale all’anzianità di servizio (forse con un tetto pari a 18 mesi di retribuzione, come nel modello tedesco) deciso dal giudice o da un arbitro scelto tra le parti. L’esecutivo sarebbe però disponibile a rafforzare le tutele per i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti (oggi escluse dall’articolo 18).
Se invece passerà la proposta della Cisl, perderebbero il diritto al reintegro solo i licenziamenti per motivi economici (scatterebbe un indennizzo secondo una procedura sindacale, come per i licenziamenti collettivi) ma non quelli disciplinari. Se passerà la linea della Cgil, l’articolo 18 non verrebbe toccato ma si stabilirebbero norme per accelerare i processi riguardanti i licenziamenti e forse si aprirebbe alla possibilità di ricorrere all’arbitro.
La riforma degli ammortizzatori dovrebbe entrare a regime dal 2015. Il ministro Fornero e il presidente del Consiglio Mario Monti vorrebbero definire l’accordo entro il 23 marzo. Il vertice tra parti sociali e governo si terrà lunedì 19 marzo.
Al momento, però, le reazioni dei sindacati non molto positivi: Cgil, Cisl e Uil temono il rischio di una riduzione dell’efficacia della copertura e requisiti troppo stringenti per poterla allargare ad una ampia fascia di precariato.
Per Susanna Camusso è stato fatto ”Un passo indietro”. Per la segretaria dell Cgil l’accelerazione dell’ingresso della riforma degli ammortizzatori “si traduce nel breve periodo, durante la crisi, in una riduzione della copertura e nessun vantaggio sulla prestazione economica”.
Anche il leader della Cisl, Raffaele Bonanni è preoccupato: “L’eliminazione della mobilità, con l’innalzamento dell’età pensionabile e una crisi così forte può determinare un’ecatombe sociale”. E’ “il punto più delicato della proposta del governo che ci preoccupa moltissimo”.
Secondo Luigi Angeletti, Uil, al momento è da escludere la possibilità che si arrivi ad un accordo separato. “Non credo che esista questa prospettiva”, ha spiegato. Valutazione condivisa da Bonanni. A questa ipotesi, ha sottolineato, “non è interessato nessuno, né il governo, né le parti sociali”. “Al punto in cui siamo, in un’Italia che non ha più ossigeno, spero, credo che nessuno abbia voglia di non prendersi le proprie responsabilità. Per quanto riguarda noi, siamo qui per trovare le condizioni di garanzia per lavoratori, anziani e giovani”.
FONTE: BLITZ
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