Siracusa - Una nuotatrice romana di 14 anni da cinque giorni lotta tra la vita e la morte nel reparto di rianimazione dell’ospedale Umberto I di Siracusa a causa di una bravata. È in coma a seguito di un edema cerebrale «provocato dal forte squilibrio elettrolitico», come recita il bollettino medico. Avrebbe ingerito una dose massiccia di bicarbonato di sodio, Citrosodina e un farmaco anti infiammatorio.
Un mix che le avrebbe provocato convulsioni epilettiche e uno scompenso nell’organismo, con l’alterazione dei livelli di sodio e potassio. La ragazza si trovava a Siracusa insieme alle altre nuotatrici della sua squadra per uno stage di preparazione di una settimana in vista della stagione agonistica. Sabato sera il ricovero in ospedale e il trasferimento nel reparto di Rianimazione in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni.
Il bicarbonato di sodio è una pratica usata dagli atleti per abbassare la produzione di acido lattico, ma in questo caso non si tratterebbe di un caso di doping come conferma tra le lacrime la mamma della ragazza. «Mia figlia - spiega - aveva una scatola di bicarbonato comprata al discount. Lei sapeva che poteva sciogliere un pò di bicarbonato nella vasca per rilassarsi. Quella maledetta sera si è riunita insieme alle altre compagne della squadra e hanno cominciato una sfida a chi assumeva più bicarbonato. Non era un tentativo di migliorare le prestazioni ma solo uno stupido gioco, anche se adesso mia figlia rischia la vita».
A una «bravata da ragazzina» pensa anche una campionessa di nuoto affermata come Alessia Filippi: «Esistono pasticche di bicarbonato minuscole che si prendono contro l’acido lattico - spiega - ma solo sotto controllo medico. Le prendevo anni fa prima delle gare. Ma a 14 anni non ha senso, è troppo presto. Escluderei che sia stato un medico a prescriverle».
Di sicuro c’è che la giovane nuotatrice, che doveva rientrare a Roma lunedì insieme ai due accompagnatori e alle compagne di squadra, è adesso ricoverata in condizioni gravissime, nonostante i tentativi dei medici che hanno cercato di ridurre l’edema cerebrale. «Mi auguro - conclude la mamma della ragazza - che questa vicenda possa essere da monito perché anche la sostanza più innocua può far male se ingerita in grandi quantità. Lo staff dell’ospedale si sta prodigando per salvare la vita di mia figlia. Io chiedo solo rispetto per il dolore di una mamma e la tutela per una minore alla quale serve solo un soffio di vita».FONTE QUI
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