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sabato 1 settembre 2012

SOLDI PUBBLICI AI GIORNALI....


FINANZIAMENTI

Editoria, fondi pubblici 2011
A l'Unità e Avvenire 5 mln, a La Padania 3,4.
di Gabriella Colarusso



Un'edicola.
Negli ultimi tre anni, lamentava qualche settimana fa il presidente della Fnsi, Franco Siddi, «il taglio tra contributi diretti e indiretti per l'editoria è stato del 45%». Una débâcle per la stampa alimentata dalle risorse pubbliche, faceva notare il segretario, alla quale il governo ha pensato subito di porre rimedio portando il fondo per l'editoria del 2012 da 47 a 120 milioni di euro.
Eppure a giudicare dai contributi che lo Stato ha erogato ai giornali nel 2011, in piena crisi economica, non sembra che quello appena trascorso sia stato un annus horribilis per certa stampa.
A L'UNITÀ E AVVENIRE 5 MILIONI. Lo dimostrano i finanziamenti del 2011 relativi al 2010 che verranno pubblicati tra qualche giorno sul sito del dipartimento per l'Editoria e che Lettera43.it è in grado di anticipare.
A Italia Oggi vanno 4 milioni e mezzo di euro; ad Avvenire circa 5 milioni; 3 milioni e 200 mila euro per Il Manifesto, 5 milioni e 200 mila per l'Unità; 3 milioni e 400 mila per La Padania. Il Foglio, invece, dovrebbe ricevere circa 2 milioni e 900 mila euro, ma il contributo è ancora in corso di erogazione e, pertanto, la cifra non è definitiva. Se dovesse essere confermata, non corrisponderebbe a quella che il giornale ha messo a bilancio per il 2010, cioè circa 3 milioni e 400 mila euro.
CONTRIBUTI RIDOTTI DEL 15%. Questa differenza è dovuta al fatto che dal 2011 i fondi pubblici per l'editoria non vengono più assegnati secondo il cosiddetto «diritto soggettivo». Ora, data l'insufficienza di risorse, i contributi sono distribuiti a «torta» tra tutti gli aventi diritto. Le testate inoltre non riceveranno la cifra intera, ma l'85% di quello che spetta loro.
IL CASO DE IL FOGLIO. Il quotidiano di Giuliano Ferrara potrebbe trovarsi dunque a dover procedere con una sopravvenienza passiva a meno che i contenziosi giuridici in corso tra la presidenza del Consiglio e una decina di testate, tra cui Libero e Il Riformista, circa il loro diritto a ricevere i contributi, non si risolvano a favore dello Stato. In quel caso il quid pluris, cioè il denaro recuperato da palazzo Chigi, verrebbe ripartito tra gli altri aventi diritto.

Il mare magnum dei contributi indiretti
Paolo Peluffo, sottosegretario all'Editoria.
Anche nel 2011 dunque le risorse pubbliche per l'editoria sono state consistenti. Un fiume di denaro che non sempre va a beneficio del pluralismo dell'informazione, considerato che per anni anche testate fantasma come quelle di Valter Lavitola sono sopravvissute grazie ai soldi dei contribuenti. Nel caso di Avanti!, più di 15 milioni e 200 mila euro dal 2004 al 2009.
STOP AI SUSSIDI DAL 2014. Il decreto Salva Italia, all’articolo 29, ha abolito i contributi pubblici per l’editoria a partire dal 2014, ma non è detto che questo significhi l'interruzione di ogni finanziamento ai giornali da parte dei contribuenti.
Se infatti è vero che grandi testate come Il Corriere della Sera, Repubblica, Il Sole 24Ore, non ricevono sussidi diretti, è altrettanto vero che beneficiano ogni anno, come tutti gli altri giornali, dei cosiddetti contributi indiretti: un mare magnum all'interno del quale è difficile orientarsi e che è quasi impossibile censire, visto che le varie agevolazioni fanno riferimento a diversi ministeri e organi di competenza.
IVA AL 4%, MA SOLO PER LA CARTA. Il grosso dei contributi indiretti ai giornali viene dalle riduzioni fiscali e dalle «forfetizzazioni dell'Iva sulle rese». I quotidiani cartacei infatti pagano l'Iva al 4%, agevolazione che non è concessa anche alle testate giornalisitiche online perché la direttiva europea sul commercio elettronico non riconosce loro questo beneficio. Non solo, i giornali di carta hanno anche la possibilità di forfetizzare l'Iva sulle rese (art. 74, dpr 633): l'imposta cioè non viene pagata sulle copie effettivamente restituite, non vendute, ma calcolata a forfait.
Si tratta non di soldi dati direttamente ai quotidiani o ai periodici ma di mancate entrate per lo Stato, il cui importo è quasi impossibile conoscere visto che non risulta agli atti del bilancio della presidenza del Consiglio. È l'«Agenzia delle Entrate che ha questi dati», dice una fonte ministeriale a Lettera43.it, «ma finora non li ha resi noti».
ABOLITI I RIMBORSI ALLE POSTE. Dal primo aprile 2010 invece sono state abolite le tariffe agevolate per i servizi postali, per rimborsare le quali a Poste Italiane, ogni anno, per anni, lo Stato ha speso cifre nell'ordine di milioni di euro, circa 220 solo nel 2010.
Il sottosegretario all'Editoria, Paolo Peluffo, e prima di lui anche il premier Mario Monti hanno più volte ribadito che è necessario rivedere «i criteri per l'erogazione di risorse che si stanno restringendo», onde evitare che il costo dei tagli gravi esclusivamente su giornalisti e lavoratori e che, invece di ridurre gli sprechi, finisca per limitare il pluralismo e la libertà dell'informazione.
I nuovi parametri non sono ancora noti, ma Peluffo ha esplicitato le linee guida: i contributi saranno legati non più alla tiratura ma alle copie vendute, alla occupazione generata dalle diverse imprese editoriali, all'innovazione prodotta.

Venerdì, 02 Marzo 2012 QUI



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