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giovedì 22 ottobre 2015

SANITA'

MORTI PER SANGUE INFETTO, SVOLTA FINALE NEL PROCESSO A MARCUCCI E POGGIOLINI


1 giugno 2015 autore: Andrea Cinquegrani



mont 1 sangue 
Sangue infetto, sarà finalmente processo? Riuscirà ad iniziare il dibattimento a Napoli per nove famiglie che sperano ancora in un verdetto capace di inchiodare i responsabili e fare finalmente, dopo anni e anni, giustizia? Può darsi, nella corsa a ostacoli occorre ancora superare due udienze, quella dell’8 giugno e poi del 20 luglio. E sarebbe una goccia di giustizia nel mare: perchè le morti – in questa strage silenziosa, un vero eccidio di Stato – sono migliaia. Una strage che la Voce ha descritto negli anni, a partire da quei maledetti ’70 quando il sangue veniva raccolto in Centro Africa senza alcun controllo e immesso sul mercato nella più totale deregulation. Poi proseguita in quelli successivi, altre ‘raccolte’ killer, altre vittime sull’altare dei mega profitti di Big (o Pig) Pharma, i colossi nella distribuzione di emoderivati.
Ma procediamo con ordine, in questa ricostruzione. E partiamo dalle ultimissime. Alla sbarra, al processo di Napoli, due imputati “eccellenti”, Guelfo Marcucci, il re degli emoderivati in Italia a bordo di Sclavo, Kedrion, Aima e Farmabiagini, e Duilio Poggiolini, il re mida della Sanità quando il pli Franco De Lorenzo era ministro. L’8 giugno il tribunale dovrà decidere sulla riunificazione dei due procedimenti (circostanza che gli addetti ai lavori danno per scontata) e poi il 1 luglio si conoscerà l’elenco definitivo delle parti civili e verranno discusse le ultime eccezioni procedurali prima di fissare la data del dibattimento. I legali dei due imputati si oppongono a tutte le costituzioni di parti civili, tra familiari di vittime, associazioni e lo stesso ministero della Sanità, che chiede 55 milioni di euro come risarcimento danni, tra patrimoniali (per i risarcimenti alle vittime) e d’immagine, in quanto Poggiolini era all’epoca al vertice della burocrazia ministeriale.
Ma come mai sono presenti in aula solo nove familiari di vittime? Spiega l’avvocato Stefano Bertone, che ne assiste cinque. “Si tratta dei casi superstiti, perchè occorreva essere in presenza di alcuni requisiti: si tratta di persone decedute, la morte deve essere avvenuta non prima di 15 anni fa, devono aver assunto quei farmaci distribuiti da Marcucci”. A questo punto le prescrizioni hanno delle date molto lontane, quindi non si dovrebbe correre il rischio della solita mannaia. Ad esempio, una vittima è del 2012, con una prescrizione che scatta nel 2027. Resta il mare nero di altre morti, di altre croci senza giustizia. E poi i casi delle vittime che hanno assunto farmaci di altre industrie straniere, come Bayer, Baxter, Immuno. A quanto pare si tratta di un fitto elenco, almeno 200 vittime, e tutte in cerca di un processo e di una procura competente. “Se si crea un precedente significativo a Napoli, con una sentenza esemplare – osservano in tribunale – questo può rappresentare un precedente importante, una sorta di strada aperta per le altre procure e gli altri iter giudiziari”.
Un processo lungo una vita (o meglio tante morti), più di vent’anni. Parte a Trento, perchè al nord vennero scoperti alcuni carichi di emoderivati scaduti o infetti, poi per anni una danza macabra tra competenze, spostamenti, rinvii. Dopo una letterale via crucis tutto approda a Napoli dove comincia un’altra odissea. Uno dei problemi più grossi è quello della custodia delle carte e delle prove processuali: non solo quintali di faldoni, ma anche di scatoloni con campioni, reperti e tutto quanto possa documentare i fatti. Tutto buttato in depositi e scantinati senza alcun controllo, alla mercè di chiunque. E infatti molto di quel materiale sparirà. Passano gli anni, cambiano i magistrati, e anche i capi d’imputazione. Per approdare a quello finale, che ora porta alla sbarra Marcucci & Poggiolini: omicidio colposo plurimo, aggravato dalla prevedibilità dell’evento. “Quell’aggravato dalla prevedibilità – commentano alcuni – recupera in parte l’ipotesi che pure era concreta di epidemia colposa, e, pur se in piccola parte, anche il dolo. E’ un po’ come per gli incidenti stradali: mi ubriaco, guido e uccido, ora si comincia a guardare oltre la semplice colpa. Solo che nel caso degli emoderivati ci sono in ballo giganteschi interessi economici che fanno bypassare regole e controlli. E qui sta un altro nodo”.
Comunque sia, si tratta di fatti gravissimi. Che in modo preciso fotografò a fine 2013 Elio Lannutti – storico e battagliero presidente dell’Adusbef – in un’interrogazione parlamentare rivolta all’allora ministro della Sanità Renato Balduzzi. “Il sangue infetto è la pagina più nera di Tangentopoli: quella scritta sulla pelle della gente. Plasma umano, reperito a basso costo negli Stati Uniti, nei ghetti delle grandi metropoli e nelle carceri di Arkansas e Alabama, così come in alcuni Paesi centroafricani, fu introdotto in Italia a partire dagli anni Settanta in modo del tutto illegale. Sangue di provenienza illecita o non certificata che, senza essere sottoposto ad alcun controllo, veniva trasfuso nei corpi ignari di cittadini in cerca di aiuto e improvvisamente affetti da nuove, impreviste malattie. Vittime non di un errore medico, ma di un piano premeditato fondato sulla connivenza tra malapolitica prezzolata, vedi Poggiolini ed altri, e una ristretta cerchia di aziende farmaceutiche specializzate nel trattamento e nel commercio di emoderivati”. Da allora – così proseguiva il j’accuse di Lannutti – “quasi 4.000 morti e più di 80.000 infettati, una vera e propria strage silenziosa veicolata attraverso l’operato di persone prive di scrupoli, il cui delitto, ancora impunito, è stato quello di utilizzare, senza i dovuti controlli e con la complicità di funzionari corrotti, sangue infetto reperito a basso costo”. E concludeva. “Vittime che ancora oggi, a distanza di più di vent’anni, sono in attesa di quella giustizia che porti alla condanna dei responsabili di questa strage, causata dalla logica del profitto”.
Proprio in quelle settimane, antivigilia del Natale 2013, dal governo Monti un cadeau per la Kedrion del gruppo Marcucci: molto più blandi – e ci mancherebbe – i controlli per sangue ed emoderivati provenienti dagli Usa e dal Canada, non dovendo più ricevere obbligatoriamente la preventiva autorizzazione da parte dell’Aifa, l’agenzia italiana sul farmaco. E’ il secondo regalo dell’anno, dopo quello da 150 milioni di euro elargito alla sempre fortunata Kedrion dalla Cassa depositi e prestiti. Come dire, quando lo Stato si fa quasi socio: tutto fa buon sangue…
Carceri a stelle e strisce, Arkansas e Alabama, denuncia Lannutti. E raccapricciante era infatti il docufilm girato nel 2006 da un regista americano, Kelli Duda, “Fattore 8 – Lo scandalo del sangue nella prigione dell’Arkansas”: sullo sfondo, le regine internazionali degli emoderivati, impegnate ad approvvigionarsi sul mercato yankee, puntando proprio sul sangue più a buon mercato, quello delle galere, di tanti carcerati finiti dentro per droga e, nella gran parte dei casi, affetti da Aids. Scioccanti le riprese di Duda nel penitenziario di Cummings, tra larve umane, siringhe, sporcizia.
Non meno sconvolgente sempre dieci anni fa, metà 2006, e del tutto ignorato da noi (come del resto Fattore 8), “The price of blood” mandato in onda da Panorama, una sorta di Report al cubo, programma di punta di Bbc 2. Nel lungo reportage, 45 minuti di interviste e riprese da brividi, in primo piano le imprese targate Marcucci, in particolare il gioiello di famiglia, Sclavo, e le sue controllate off shore, Padmore ltd, Sarafia ltd, Cmm. Ma a chi era affidata la regia “estera” del gruppo? A quel David Mills allora alla ribalta delle cronache, italiane e soprattutto britanniche, come legale d’affari di Silvio Berlusconi, e grande protagonista nell’inchiesta All Iberian. E gli impietosi riflettori di Bbc 2 venivano puntati anche sulla gentile consorte di Mills, Tessa Brown, nientemeno che ministro, allora, per la Cultura nell’esecutivo Blair, la lady di ferro dei laburisti inglesi. Fra le immagini scorrevano, per fare un solo esempio, quelle girate nei depositi Sclavo di Padova, in una giungla di maxi freezer “dove vengono stoccati – così veniva descritto – decine di scatoloni con flaconi di emoderivati, 55 tonnellate di sangue non testato”. Stessa sorte che toccherà anni dopo a carte & reperti nei bui scantinati del tribunale di Napoli.
Nelle immagini di “The price of blood” era un susseguirsi di navi, navi che approdano, caricano, sbarcano col loro carico mortale. Ma da dove venivano quelle navi? Quali sono state le mete preferite? Ecco la precisazione geografica di Bbc 2: Stati Uniti, Canada e, soprattutto, Africa. In particolare il Congo di Mobutu. Le telecamere di Panorama intervistano l’allora parlamentare europea Tana De Zulueta, giornalista, che traccia un identikit del patriarca e re del sangue Guelfo Marcucci descritto come “un vero e proprio Dracula”, mentre sullo sfondo scorrono le immagini di Klaus Kinsky-Dracula nel suo castello avvolto tra le nebbie. E precisava, in quel 2006, De Zulueta: “Era un grande amico di Mobutu”. Un altro ‘re’, non meno sanguinario.
Riavvolgiamo il nastro e andiamo proprio alle origini. Ci spostiamo nel 1977 e sfogliamo la raccolta della Voce (allora Voce della Campania) . Ecco un articolo di luglio sulle “imprese” di Marcucci all’ombra del Vesuvio. Così scrivevamo, la bellezza di 38 anni fa: “Ha l’oligopolio del sangue in Italia. E’ infatti proprietario degli stabilimenti Isi della Campania per la produzione di emoderivati e degli stabilimenti Aima Plasma e derivati spa con sede a Città Ducale, in provincia di Rieti, ad altissima densità di capitale e pochi addetti, una sessantina”. E poi: “Quali le fonti di approvvigionamento del sangue trattato negli stabilimenti Marcucci? In gran parte il terzo mondo, fino al ’75 prevalentemente il Congo ex belga. Qui l’abile finanziere aveva impiantato un centro poliambulatoriale e un centro di raccolta sangue dove, mediante una tecnica assai sofisticata, veniva prelevata agli ignari donatori una quantità tripla di plasma sanguigno, reimmettendo in circolo i globuli rossi in apposita soluzione fisiologica” . E ancora, scriveva quella Voce ’77: “Marcucci gestisce diversi centri raccolta di sangue in varie parti del mondo, impiantando enormi speculazioni, per gli elevatissimi costi di vendita, basti pensare al Kryobulin che costa 162.400 lire a confezione! Marcucci ha poi letteralmente ricevuto in dono dai multinazionali americani dell’ex Richardson Merrell i due stabilimenti di Napoli, in via Pietro Castellino e Sant’Antimo, valore tra i sei e i sette miliardi di lire”. A decidere quel lucroso (per i Marcucci) spacchettamento della casa farmaceutica Usa era stato l’allora ministro del Bilancio Giulio Andreotti, coadiuvato dal suo rampante sottosegretario, poi pluriministro Vincenzo Scotti.
E nel volume “Sua Sanità – Viaggio nella De Lorenzo spa” edito dalla Voce e dalla trentina Publiprint nel 1992, campeggiava proprio la famiglia Marcucci. Non solo Guelfo, il patriarca, ma anche il fratello Leopiero e la prole. Da Marialina, una passione per l’editoria sfociata nelle tivvù della Toscana fino a Telemontecarlo, e poi al timone dell’Unità; ad Andrea, una passione smisurata per la politica. Ecco alcuni passaggi da “Sua Sanità”: “I Marcucci sanno bene dove vogliono arrivare e se danno i numeri non lo fanno senza un preciso scopo. Degli ottimi numeri, sul fronte delle preferenze, li ha raggranellati il più giovane onorevole italiano eletto alle ultime politiche del 5 aprile 1992, Andrea, figlio del padre-padrone Guelfo. Sotto il vessillo tricolore dell’Altissimo (Renato Altissimo, allora segretario Pli, scomparso pochi mesi fa, ndr), naturalmente. E l’amico Franco De Lorenzo, non a caso, si è presentato proprio nel collegio di Firenze: ‘si sono dati un buon aiuto scambievole – raccontano in ambienti politici fiorentini – i Marcucci hanno appoggiato De Lorenzo, il ministro ha sponsorizzato il giovane rampollo’. Missione compiuta, con reciproca gran soddisfazione. E non basta a turbarla un fresco avviso di garanzia recapitato ad Andrea Marcucci per abusi edilizi che sarebbero avvenuti al Ciocco, la tenuta di famiglia”. Così nel ’92.
Acqua strapassata, adesso ci sono nuove stelle comete e diversi approdi, altro che le anticaglie di casa liberale. Ora Marcucci siede, con la maglietta del Pd, tra gli scranni di palazzo Madama, “l’antenna di Renzi al Senato”, ed è presidente della commissione Cultura.
Ma tutte queste cose, forse, Matteo non le sa…


In basso, l’articolo della Voce di luglio 1977 e, a destra, la copertina di Sua Sanità, 1993

voce luglio 77
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leggi anche l’inchiesta della Voce di luglio 2009

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