Operazione Polli di Renzo
FONTE QUI
Sessant’anni,
donna, operaia tessile.
Un giorno come un altro – immagino, sono un
uomo – il seno ti fa male e vai a fare il test; la risposta è senza appello:
cancro al seno, operare subito, siamo già in “zona rischio”.
Diligente, sai che non hai scelta: superi la
paura, ti fai ricoverare e ti operano. La tua unica speranza è sopravvivere: per
te, tuo marito ed i tuoi figli.
L’operazione va bene ed i medici sono
soddisfatti, anche tu tiri un sospiro di sollievo: sarà vero? Vedremo, intanto
poteva andare peggio, potevano non dirti niente e, con un po’ di sfortuna in
aggiunta, intravedere un camice bianco che scoteva la testa.
Terminata la convalescenza, ti contattano per
mettere una protesi: è giusto, perché una donna con un seno solo deve sentirsi
come una barca col timone bloccato, che non riesce a stare al vento e
sbanda.
Tutto va bene e te ne torni a casa col tuo
nuovo seno di silicone: non è più come prima – certo – ma anche l’occhio vuole
la sua parte e, almeno, sotto il golf sembra una cosa normale, che non ti sia
successo niente.
Fai la domanda per l’invalidità – non sei una
persona che fa un lavoro sedentario – e non sai cosa ti diranno, ma speri:
capiranno cosa ti è cascato sulla testa inaspettatamente? Il pianto ricacciato,
la paura che i tuoi cari intorno al letto d’ospedale non ti dicessero la verità,
che anche i medici mentissero per pietà.
Inoltre, anche dopo l’operazione, sollevare
pesi forza troppo i muscoli attigui alla parte colpita dal tumore.
La risposta arriva dopo mesi – tutto quel che è
un tuo diritto, oramai, in Italia giunge sempre in ritardo: ebbi il
riconoscimento della legge 104 per mia suocera, invalida su una sedia a rotelle,
ed il primo permesso me lo diedero il giorno del funerale! – e, lì per lì, non
ti sembra molto chiara: ti viene riconosciuto il 74% d’invalidità.
Cosa vuol dire? In pratica, che non hai diritto
a nulla: per avere qualche beneficio (del tutto aleatorio, tipo liste speciali,
ecc) bisogna arrivare al 75%. Par en punt Martin l’à perdü le braie
(per un punto Martino ha perso i pantaloni, raccontava mia nonna, torinese
“doc”).
T’hanno presa in giro.
Eppure hai raccontato che, in un turno di 8
ore, sollevi circa 1.400 kg: 175 chili l’ora non sono molto, ma dopo aver subito
un simile intervento chirurgico sono ben oltre le tue possibilità, e i medici lo
sanno! Perché?
Ci sono parecchie ragioni tecniche, anche se la
verità “che tutto muove” è la protervia del potere.
I medici, soprattutto quelli delle commissioni
mediche, sono sottoposti ad uno spietato forcing da parte dell’INPS, il quale si
arroga sempre di più strumenti di controllo sulle invalidità concesse: il che,
non impedisce che, gli stessi politici (vedremo in seguito) si diano un gran
daffare per proteggere i loro accoliti.
Da qui nascono i ciechi che giocano a carte e
gli invalidi che trotterellano sui campi di calcio: in altre parole, ci vuole la
classica “spinta”, altrimenti finisci col 74%.
Un secondo ostacolo riguarda i ricorsi: un
tempo, si faceva ricorso alla Commissione Medica Regionale la quale – erano,
spesso, medici militari – era meno soggetta alle volontà della Casta. Ci pensò
Berlusconi nella legislatura 2001-2006: pensi che ti abbiano fatto un torto?
Rivolgiti alla giustizia civile: ricorri al giudice monocratico…poi l’Appello,
la Cassazione, fino alla Corte Costituzionale, al CEDU…intanto, sarai certamente
morto.
I legali affermano che non è difficile vincere
in primo grado, dopo…non ci giocano più di un cerino.
Cara amica: non ti rimane che continuare a
sollevare i tuoi 1.400 chili per turno ancora per qualche anno…se sarai
viva…altrimenti, lascerai il tuo 40% di pensione alle casse dell’INPS che sa
cosa farne. Oh, come lo sa: ci sono molte liquidazioni milionarie dei manager di
stato che aspettano, più le pensioni d’oro…
Mi ricordo di te, anche se non ci sei più,
perché – per uno strano caso della vita – fui il tuo tutore per i passaggio in
ruolo.
Piccola parentesi: nel “nuovo che avanza”
sopravvivono usanze medievali come quella che – chi passa di ruolo nella scuola
– viene valutato, soppesato, attentamente scrutato da due colleghi che devono
stendere un’accurata relazione. I quali, spesso, saltano la barricata e
finiscono per essere gli avvocati difensori dei colleghi: chi non lo
farebbe?
Il tuo caso era un imprevisto accidente, perché
non eri passata in ruolo l’anno precedente – storia più unica che rara – giacché
avevi lasciato correre la verve di scrittrice nella tua relazione: soprattutto
era stato quel “strano a dirsi, giungere all’alfa quando già s’intravede
l’omega”. Non te lo perdonarono.
L’anno dopo ci mettemmo una pezza: il Dirigente
Scolastico sapeva che eravamo pronti alla sfida, che portavamo appresso una
serie di sentenze e lasciò correre. Brindammo al tuo passaggio di ruolo.
Già, l’omega: giusta la citazione, perché avevi
già 53 anni e una carriera da precaria alle spalle. Capii la tua ironia.
Eri anche scrittrice, una fine scrittrice, ma
pochi se n’accorsero: le tue storie inventate osservando i gatti nel cortile –
umanizzati, ma col dubbio che fossero umani dalle sembianze gattesche – erano
divertenti, come le tue peregrinazioni all’estero alla ricerca di un’adozione
perché non potevi avere figli. E li amavi tanto.
Però, non ce la facevi già più, a 53 anni. Come
lo ricordo.
Scorrevo il registro – una classe difficile,
d’accordo, più adatta per dei sergenti che per una mamma trepidante – e vedevo
le tue note: due, poi tre, quattro la settimana. Erano il segno che non
riuscivi, che la tua bontà non serviva: per quelli ci voleva un po’ di frusta –
chiedevano la presenza dell’autorità come una certezza nella quale credere, che
scambiavano per autoritarismo – e non una mamma pietosa innamorata dei
classici.
Fu un anno d’inferno: finalmente finì, entrasti
in ruolo e – come da contratto – facesti domanda di trasferimento. Ti persi di
vista.
Fu un giorno di Primavera quello in cui vidi il
tuo manifesto mortuario: era l’anno maledetto, l’anno della riforma Fornero.
Forse capisti che i tuoi 58 anni, oramai, non contavano più nulla, che saresti
dovuta rimanere ancora chissà quanto a lottare con classi sempre più demotivate
e, quindi, aggressive. Giovani senza colpa, come lo erano i nuvolosi che
correvano in cielo di quel giorno maledetto nel quale lessi della tua
morte.
Non fu una morte epica: fu un ictus scaturito
dal tuo sempre maggior nervosismo, dalle porte che si chiudevano improvvisamente
e che si riaprivano in un futuro lontano, del quale era difficile anche
pronunciare il numero. 2019? E cosa significa?
Spero che ti sia reincarnata in una gatta e
scruterò i gatti del vicinato: se ne vedrò una nera che fa sempre la matta,
saprò d’averti ritrovata.
Come sono belli i giardinetti coi bambini che
giocano, i ragazzini che flirtano in quello strano modo che non comprendiamo
più. I gesti sono meno evidenti ma, a ben vedere, gli sguardi sono gli
stessi.
Nessuno fa caso ad un uomo di mezza età che
sembra cercare solo una panchina: non ha fretta, il passo è lento e sembra
soppesare ogni istante, mentre osserva le gemme degli alberi che sbocciano, il
primo timido verde che s’affaccia al mondo, ad una stagione calda dove trionferà
di verzura per poi accettare la caducità della vita e finire nel bidone del
netturbino.
L’uomo la trova, si siede: estrae un pacchetto
dalla borsa che sembra un panino. Adesso farà merenda, osservando i ragazzi che
giocano a basket nell’attiguo campo coi canestri.
Invece no: estrae una pistola da tiro cal. 22 e
si spara. Muore sul colpo.
E’ un insegnante di 58 anni, che è stato malato
di cancro e che non sa quanto la vita ancora gli concederà: per quanto tempo il
male starà fermo? Riuscirò a vedere il figlio sistemato, magari un
nipotino?
Quando legge i criteri della riforma Fornero
capisce che per lui non c’è speranza: a 62 anni ed oltre non c’arrivo più,
troppo distante, anche se sembra dietro l’angolo.
E così se ne va dal mondo con l’immagine dei
ragazzi che ha cresciuto per una vita: chiede quasi scusa per il disturbo, ma la
22 fa poco rumore, magari non tutti s’accorgono. Che sia finita.
Anche di te mi ricordo, perché la tua statura
non passa inosservata: non è che fossi una perla di sapienza, ma non è richiesto
per fare il netturbino. Due occhi placidi – t’amo pio bove – incorniciati dai
riccioli: non mancavi mai se c’era da farsi un bicchiere di bianco d’Estate o
sostare al bar per un caffè come rifugio d’Inverno, giusto per chieder tregua al
vento del Nord.
Poi ci prendesti gusto, ma sapevi di potertelo
permettere.
Non mancavi un festival dell’Unità, sempre in
prima fila se c’era da spostare le sedie o dare una mano in cucina: a volte,
addirittura, ti mettevano ad appiccicare gli adesivi all’ingresso, un mestiere
senza infamia né lode e privo di particolari “know-how”.
Già, ma tuo padre era un capoccione del partito
e tu eri entrato nel PCI già al concepimento: non lo sapevi, ma avevi già la
tessera in tasca quando eri in grembo. E, quando fu tempo, quel posto da
netturbino.
Gironzola, gironzola con la scopa e la
bicicletta col bidone: fermati a parlare con un passante, a fumarti una
sigaretta…poi entri in un negozio a fare due chiacchiere…nella bella stagione
c’è una macchia di fichi sul tracciato della vecchia ferrovia: il luogo perfetto
per piazzarci una brandina e sonnecchiare.
Così, ogni tanto sparivi e nessuno sapeva
dov’eri: fino al giorno nel quale il tuo capo ti sorprende a russare della
grossa, là, vicino all’imbocco – oramai chiuso – della vecchia ferrovia. Avrei
desiderato essere una mosca per godermi la scena: qualche cicala che canta,
vociare di bambini che giocano al pallone e tu che russi. Poi il capo che ti
riprende e tu che accampi scuse: quali? Mah…
Rivoluzione: si passa dalle bici col bidone
alle “Ape” col cassonetto: sei diventato un netturbino semovente, uno spazzino
motorizzato. L’Ape è perfetta per allontanarsi di più dai ficcanaso: c’è un
grazioso boschetto lassù, in alto ma non distante dalla città. Fai
trasloco.
Ossia: carichi la vecchia branda con tutti gli
ammennicoli e ti trasferisci in una macchia della boscaglia, fresca ed al riparo
dagli sguardi indiscreti. E ronfi.
Passa il tempo perché quel rompiscatole del tuo
capo deve setacciare le boscaglie, gli anfratti, le cantine…dove ti sei
cacciato? Gli servirebbe un “Apache” col radar per scovarti, ma ha solo una
vecchia “Uno” e pure senza radio.
Passano gli anni, ma è solo questione di tempo,
un giorno – di sfiga per te e di culo per lui – s’inoltra proprio in quella
macchia d’alberi e ti scova. Si ripete la scena d’anni prima, là, sulla vecchia
ferrovia: a questo punto della storia ci stai quasi simpatico ed il tuo capo
sembra un bel rompicoglioni. Ma sei pagato per fare quel mestiere: non
dimenticarlo.
Stavolta la cosa si fa seria – e ti pareva:
anni passati a fare il segugio… – ed il capo non molla: entra in scena il
paparino, che ti fa una ramanzina e racconta la storia di Stakanov per cercare
di redimerti ma – lo immagino – lo fissi coi tuoi occhi liquidi dove appena
traspare quel poco che t’interessa. Ossia la moglie, la pastasciutta ed i
bianchi.
M’arriva la notizia che sei andato in pensione.
Ma come?!? Hai poco di più di cinquant’anni…mal di schiena, hai il mal di
schiena.
Oddio, non discuto sui guai altrui ma il mal di
schiena l’ho avuto anch’io, e mica poco: ricordo giornate a scuola dopo nottate
trascorse in compagnia di Toradol, Contramal o Cortisone.
Il preside che un giorno mi disse: “Professore,
stia a casa”, mentre m’osservava piegato in due – al punto che i ragazzi mi
toccavano la gobba prima delle versioni di greco e latino – ed io risposi: “Già,
a casa sono solo col mio “compare” che non dà tregua: qui, almeno, mi distraggo
un po’…” Quando ce la facevo.
Anch’io feci la domanda per vedere “cosa mi
davano”: ricordo il medico legale che mi visitò, il quale mostrò la mia colonna
“dal vivo”, osservando “Guardate, guardate voi stessi la colonna…”
Non gliene fregò nulla: appena entrato, una
specie di medico che sembrava un ottuagenario colonnello degli Alpini mi
ragguagliò: “guardi che noi non diamo nulla”. La commissione di Ceva – per
inciso – è famosa per il suo “rigore” ed è ingolfata di ricorsi legali.
A te, invece, la pensione. Non è cambiato
nulla: continui a girare per i bar, fra un bianco, un caffè ed una partita a
cirulla, solo che non hai più né l’Ape e nemmeno la bici.
Ah sì, qualcosa è cambiato: adesso si chiama
“Festa Democratica”.
E qui finisce la cronaca, che spero v’abbia
divertito e rattristato: casi veri, persone a me vicine o che ho personalmente
conosciuto, ma basta inserire “insegnante suicida” in Google e compare la lista.
A me dà 1.210.000 pagine: certo, molte sono dei doppioni, ma sono più di un
milione.
L’ultimo caso è quello di Carmine Cerbera, il
docente precario di 48 anni che s’è suicidato a Calandrino, nei pressi di
Napoli, lasciando moglie e figlie: in molti casi, perdendo il posto, il suicidio
rimane l’unico modo di garantire la sopravvivenza alla propria famiglia. Abbiamo
il coraggio d’aprire gli occhi di fronte a questa terribile atrocità e
continuiamo a leggere. Il ministro Profumo “conosce bene e rispetta”, ma cosa
conosce? Cosa rispetta?
E poi ci sono i casi dei piccoli imprenditori:
chi si suicida perché non ha più un soldo e chi perché non avrà più anni. Le
pensioni d’oro? E chi le tocca…
Lontano da me difendere solo la scuola: la
riforma delle pensioni è e rimarrà (forse) l’unico provvedimento di questo
governo a rimanere in piedi. Perché? Poiché non è aria fritta: si nutre di carne
e sangue, come le bestie immonde.
Abbiamo visto scomparire la pagliacciata
dell’abolizione delle Province in una nuvola di fumo: già lo sapevamo, quando
“abolisci” qualcosa ma – prima – non fai una seria re-distribuzione delle
competenze, vuol dire che sei un mendace.
E poi: perché le Province? E’ tutta
l’architettura amministrativa che andrebbe rivista, dai piccoli Comuni alle
inutili Regioni (abbiamo vissuto meglio fino al 1979, anno della riforma
sanitaria e della loro “consacrazione”, e nessuno ne avvertiva la mancanza)
eppure, qualcuno nel 1970 pensò bene di dare attuazione all’articolo della
Costituzione che le riguardava. Gli altri 200 articoli, circa, li
dimenticarono.
La “Spending Review” è solo una delle tante
leggi Finanziarie, una roba inguardabile e buffonesca: ma chi è Enrico Bondi? Da
quando, lo Stato, vara un governo “tecnico” e poi fa scrivere una legge
economica a terzi? Cos’è, una legge in appalto?
La riforma del lavoro non ha cambiato nulla (in
meglio ovviamente): i ragazzi continuano a lavorare di tre mesi in tre mesi
(quando capita) oppure giocano a “Il Laureato” nei call centre. In compenso, per
i loro padri è più facile essere licenziati.
La vera chicca, però, è stata la creazione
della Fornero: ricordiamo che, il governo, sancì che non ci sarebbe stata
trattativa con le parti sociali per la previdenza. E per cosa c’è, allora? Per
le date del Campionato di Calcio?
Qui, ci sono un paio d’elementi da
sottolineare: il primo è la straordinaria (e voluta) inadeguatezza della
Fornero, una donna che la osservi e ti chiedi come possa una contadinotta
vestita a festa come lei essere salita così in alto.
La Fornero è docente universitaria soltanto
perché suo marito, il professor Deaglio, lo ha deciso: altrimenti, una persona
con la sua scarsa cultura non sarebbe diventata niente di più che una
commercialista qualunque. Quattro conti per l’IRPEF e l’IVA delle piccole
“boite” (officine) piemontesi.
Ella stessa, in un pazzesco ardire, si è
definita “non preparata” per fare il ministro, con un linguaggio ed
un’espressione più utile per descrivere chi salta un appello all’Università, di
certo non l’affidamento di un ministero cruciale!
Candidamente, lo ha ammesso: “erano i mercati e
l’Europa a volerla (la riforma)”. Senza accorgersi di confessare un altro reato:
tradimento. Che esisterebbe se lei avesse avuto un mandato politico (qui, lo
ammetto, la cosa è dubbia), e allora tutto torna nelle mani di Napolitano, che
ha eseguito la più scellerata alchimia politica ed oggi se ne duole: comprende
che la Storia lo giudicherà severamente, come il peggior presidente della Storia
Repubblicana.
Napolitano è il secondo aspetto, perché nel
momento in cui decise per le “non elezioni” s’assunse una responsabilità
istituzionale enorme: oggi, col Paese in macerie per la calata degli Unni
finanziari, sa di lasciare in eredità una nazione sconquassata da mille crisi
che s’intersecano. Sociali, economiche, finanziarie, industriali, culturali: e,
per prima, di fiducia nel futuro. Proprio l’esatto contrario di quello che
vorrebbero far credere: Wall Street è salva, Main Street è precipitata nel
fango.
Cosa possiamo fare?
Cambiare mentalità, capire come ci hanno
portato fino a questo punto: per riscoprire l’unità dei diseredati, dei sans
papier ai sans argent. Ai sans vie.
Jiddu Krishnamurti affermava che, in presenza
di un grande dolore, si doveva ricostruire minuziosamente la “mappa del dolore”
per potersi almeno muovere al suo interno e poter ricostruire. Un percorso
analitico, dunque.
Molti credono d’aver capito tutto delle vicende
economiche e, soprattutto, degli stratagemmi mediatici necessari per
sorreggerle: consentitemi d’avere qualche dubbio.
La nostra divisione è la loro vittoria. Ci
hanno lavorato per anni: siamo pressappoco un esperimento biologico, dei cani di
Pavlov o poco di più. Divide et impera, questo è sempre l’obiettivo.
Bisogna che i ricchi diventino più ricchi ed i
poveri più poveri, ma non possiamo dirlo: perché? Diamine! Noi (Casta,
imprenditori, faccendieri, boiardi di stato, prelati, bronto-crati, ecc) siamo i
più ricchi e dunque…difendiamo la nostra ricchezza!
Prova: il coefficiente di Gini (1) (che misura
la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza) ci pone al 37° posto, ma
nel 2005, e stanno molto attenti a non pubblicare più dati (veri). Ah, il 37°
posto, comunque, sta fra la Grecia e la Moldavia: gli altri Paesi europei sono
molto lontani (2).
Il 10% della popolazione possiede circa metà
della ricchezza nazionale: provate un poco ad immaginare, a “selezionare” una
persona su 10 – quando siete alla spiaggia, al supermercato – e poi dividere i
beni in due. Una casa a noi ed una a lui, e così via: come può reggere un simile
squilibrio? Come mascherarlo?
Scateniamo una guerra, anzi, più guerre. La
chiameremo “Operazione Polli di Renzo”.
La prima è fra dipendenti pubblici e privati:
magistrale nominare ministro Brunetta, un uomo così amato/odiato dove lo vai a
trovare? Polarizza subito i consensi/dissensi e ti fa scoppiare la bagarre: gli
italiani saranno impegnati nell’azzuffarsi fra idraulici evasori ed impiegati
nullafacenti, si scambieranno accuse al vetriolo e si dimenticheranno di noi.
Quando sarà ora di votare s’infileranno ordinatamente dietro le schiere,
abilmente preparate, destra/sinistra.
La seconda guerra deve mettere a confronto
giovani ed anziani, ma qui il lavoro deve essere più attento perché si va ad
“operare” all’interno delle famiglie.
Posto che qualsiasi provvedimento deve toccare
marginalmente chi è già in pensione – un elettorato enorme, che vota e che non
bisogna giocarsi – si deve colpire pesantemente chi è al lavoro. Ma, sempre, con
la giustificazione della “disparità” fra chi è garantito e chi no: togliendo,
ovviamente, a chi è garantito senza aumentare le garanzie per chi non lo
era.
Qui è essenziale l’aiuto dei sindacati: daremo
l’impressione di due sindacati “venduti” (CISL ed UIL) e di uno “che lotta” ma
sia chiaro, è solo una montatura. La CGIL è saldamente controllata dal PD, solo
alcune schegge impazzite s’allontanano.
Qualcuno scopre i nostri trucchi, ma è
destinato all’anonimato (3), poiché il fuoco di fila nei confronti dei giovani
è, per fortuna, intenso.
Per prima cosa bisogna agire sulla naturale
frizione fra generazioni: i genitori (che sono coloro che li mantengono fin
oltre i 30 anni!) devono essere presentati come retrogradi e conservatori, come
sempre.
Per i giovani, devono aumentare le trasmissioni
Tv nelle quali è il successo la chiave vincente: non sulla bravura, per carità!
Solo bellezza, qualche bravura ma in campi secondari come la musica o la
canzone: insomma, più dei fenomeni da baraccone che vera bravura, così tutti la
bevono. In compenso, molta attenzione a modelli che premiano la bellezza e
basta, meglio se un po’ volgare.
In questo modo otterremo una continua
eccitazione nei confronti delle vicende (virtuali) che coinvolgono gli
adolescenti “di successo”: essi vedranno genitori, insegnanti ed adulti in
genere come un modello perdente e saranno succubi della continua “acquolina in
bocca”, proprio come i cani di Pavlov.
Qualcuno s’accorge del trucco e rimane
schifato? Ragazzi, le porte dell’emigrazione sono sempre aperte…
Ci sono poi una serie di guerre “secondarie”
che bisogna alimentare: TAV/No-TAV, Ponte-No-Ponte, ecc.
Che se ne parli, bene o male, ma che se ne
parli: mai, però, discorsi approfonditi sull’utilità di quelle opere (che, siamo
matti?), solo cronache di botte e qualche gossip, se si trova.
Intanto, osservo dal finestrino dell’auto
l’uomo con la paletta dei lavori stradali: quanti anni avrà? Mi sembra vecchio,
più vecchio di me che ne ho già 62. O è solo mal tenuto? Ha lo sguardo spento:
meno male – penso fra me e me – che lo mettono a fermare le auto con la
paletta…c’è un giovane, ma è sulla pala meccanica che sta lavorando…accanto, un
nero appoggiato alla pala.
Ma come si fa, a quell’età, a restare otto ore
al freddo, in piedi: e se hai veramente mal di schiena? Gli diranno, come hanno
detto a me, “noi non diamo niente”? E cosa farà?
C’è una generale incomprensione della falcidia
sociale che è stata la riforma Fornero: se lo chiedi ai quaranta-cinquantenni ti
rispondono “tanto io non c’arrivo”, “per noi non ci sarà più”, i giovani “io
morirò prima”, eccetera.
E’ una bella rimozione collettiva del dolore,
per sopravvivere, come succede negli ambienti estremi: mai pensare al
dopodomani, già sopravvivere oggi è dura. Eppure arriverà, inesorabile: anzi,
c’è da sperare d’arrivarci. Cos’è?
Se ti va bene è soltanto un malessere generale,
una stanchezza che prima non provavi: hai bisogno di fermarti a riposare. Quando
avevo 40 anni avevo un appezzamento di terreno con gli albicocchi, 37 per la
precisione: in un mesetto li potavo tutti. Ora ne ho uno e ci metto giorni e
giorni a potarlo.
Non parliamo della scuola: passavo le notti a
correggere – quasi mi piaceva perché c’era la Coppa America di Vela e tenevo la
Tv accesa – adesso, dopo un “pacco” di relazioni m’addormento. I ragazzi li
sopporti per un paio d’ore, poi hai bisogno di una boccata d’aria, di sederti
tranquillo in un posto senza rumore, eppure ci devi stare.
Qui interviene un’altra frattura: c’è chi pensa
che solo chi ha un lavoro manuale sia “usurato”. E’ un errore di percezione:
eppure, tanti ci cascano.
I casi sono tanti e molto diversi: nel privato,
ad esempio, viene spesso usata la legge sull’amianto per pensionare persone (gli
anni di contribuzione raddoppiano) che l’amianto l’hanno appena sfiorato. Chi
l’ha lavorato veramente – la Eternit di Alessandria, l’ACNA di Cengio – è morto
da tempo oppure l’ha solo visto, e così sopravvivrà, come capita all’ACNA dove
ci sono pensionati di 50 anni.
La legge sull’amianto non si applica nel
pubblico, eppure nei laboratori l’amianto c’era: nel privato ne hanno goduto
anche gli impiegati. E’ stata una valvola di sfogo per mandare in pensione
persone della quali il ciclo produttivo non sapeva più che farsene: è arrivata
la Fornero e sono diventati “esodati”.
Nel pubblico sono “soprannumerari”, ma è stata
la Gelmini (la folle) a dimezzare le ore di laboratorio negli Istituti Tecnici:
un’ora la settimana. Mi dite voi che si fa? Profumo ha confermato tutto, salvo
promettere “la priorità e l’importanza dell’istruzione tecnica e professionale”.
Una buffonata, visto che la quota/PIL che l’Italia destina alla scuola è
sensibilmente inferiore a quello che destinano gli altri Paesi Europei
(5).
Eppure gli operai ti guardano come un
privilegiato se racconti che non ce la fai più a tenere una classe, che esci col
mal di testa ogni giorno: tu capisci la fatica fisica, loro non capiscono la
fatica mentale.
E’ un’altra affermazione dell’operazione Polli
di Renzo che va a segno.
Cosa devono farci pagare?
La scarsa risposta che gli italiani hanno dato
alla previdenza complementare (6), i quali non hanno consegnato diligentemente
il loro TFR ai forzieri delle banche: il cambio – speriamo che la capiscano,
afferma l’INPS – hanno ricevuto la controriforma delle pensioni più pesante
d’Europa.
Converrebbe chiedere a Mastropasqua (presidente
INPS) che mestiere fa, visto che ha 25 incarichi per un milione di euro l’anno
di compenso (8).
Giocando sull’aumento della speranza di vita –
che è stata pressappoco di un anno in un decennio (7) – raccontano d’incrementi
pazzeschi: le statistiche sono le peggior menzogne. Quanto ne risentirà la
qualità del lavoro?
Già oggi, la scuola – che è il settore che
conosco – è al lumicino: nonostante le apparenze, le dichiarazioni, le promesse,
ecc, fra i corridoi a nessuno frega più niente. E ti credo, hanno alzato l’età
della pensione di 5 anni in un botto! Rovinando la vita alle persone che s’erano
già preparate il “passaggio”, con un avviso dato con l’anticipo di sei
mesi!
I colleghi, tristissimi, i conti se li sono
fatti: incrociando la riforma Fornero con quella Sacconi, dalla prima ricavi 66
anni, ma dalla seconda una tabella di marcia – tre mesi la volta in più – che ti
porta fino a 70 ed oltre.
La vita che ti viene concessa, dopo, è quella
col pannolone: sì, anche per i giovani che fanno finta di non pensarci.
A loro frega meno ancora: si preparano ad una
scuola privata (finanziata dallo Stato) d’elite nella quale mandare i loro
rampolli…degli altri…e chi se ne frega! La Sanità? Noi paghiamo, gli
altri…quando ascolto mia cugina, in Francia, raccontare che tutte le medicine
sono gratis, tutti i ricoveri sono gratis, tutte le visite specialistiche sono
gratis o rimborsate al 90% mi prende lo sconforto. Anche da noi era così: 40
anni fa.
Il danno, corrispondente ai due “e chi se ne
frega”, incrociati, sarà lampante fra qualche anno: prepariamoci ad una società
sempre più violenta, dove si uccide per uno sguardo ad una ragazza o per rubare
una collanina d’oro ad una vecchietta. Succede già oggi: moltiplicate, gente,
moltiplicate…
E così andremo a votare: a destra il Partito
dei Briganti, al centro quello del Rotary…a sinistra? Non saprei se definirlo
dei Ladroni – rubano tutti – ma quello dei Falsoni senza dubbio.
Nella generale ingiustizia e protervia della
riforma Fornero c’è anche un errore, sì, proprio un errore che sta condannando
3.500 persone che avevano diritto ad andare in pensione: ci sono anch’io fra
quei 3.500, non mi nascondo dietro ad un dito.
Lo hanno riconosciuto tutti – persino “a denti
stretti” la Fornero – e c’è una memoria giuridica dell’ex sen. Imposimato
(oltretutto, Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione) la
quale ha un titolo che è tutto un programma: Caro Polillo “Quota 96” ha
ragione e voi torto, marcio (11). Polillo è sottosegretario
all’Economia.
Semplicemente, si sono “scordati” che la scuola
va ad anno scolastico, non ad anno solare: tutti i calcoli vanno quindi riferiti
al 31 Agosto, non al 31 Gennaio, che per il calendario scolastico (dal quale
dipendono tutte le operazioni sul personale) è una data senza senso.
Premesso che è tutto l’impianto della riforma
Fornero ad essere disastroso, alcuni parlamentari si sono battuti per sanare,
almeno, quello che a tutti gli effetti è solo un errore.
Essi sono Manuela Ghizzoni, Mariangela Bastico
e Vincenzo Vita, tutti del PD: nessuno di loro è più in lista, nonostante i
mille trucchi per raggirare chi ha votato alle primarie (9).
“Auspico che il prossimo governo di centro
sinistra, se otterrà i voti necessari, con Bersani premier, assuma “quota96”
come impegno prioritario. Auspico, inoltre, che ci sia in parlamento chi, come
me e Manuela Ghizzoni, voglia condurre con altrettanto impegno e determinazione
la nostra-vostra battaglia.”
“È ufficiale: Matteo Richetti ha vinto le
primarie del Pd a Modena…Sconfitte le deputate uscenti Manuela Ghizzoni e
Mariangela Bastico.”
“Non andrà in Parlamento, e nel frattempo
si dimette anche da segretario dell’Umbria Lamberto Bottini, arrivato penultimo.
Non senza mandare accuse molto pesanti: “In occasione di queste primarie, si
manifesta infatti con chiarezza un atteggiamento protagonista e pervasivo di
alcuni vertici istituzionali che hanno giocato una partita dal mio punto di
vista discutibile per il ruolo di governo che compete alle istituzioni, che ha
influito in maniera decisiva sui risultati della consultazione”.”
(Fonte: L'Unità)
Questo ci chiarisce qualcosa del futuro:
Berlusconi, da parte sua, farà l’accordo con la Lega (conviene ad entrambi) per
poi mollarla ed andare con Monti, Monti starà dov’è (non serve altro) perché
Bersani, dopo le elezioni, mollerà Vendola e qualche altro rompiscatole come
Fassina. Preventivamente, si cerca d’escludere le “ali” estreme: i montani –
tanto se ne andranno con Monti, Bersani lo sa – e, più pericolosi, una schiera
di prim’attori e di peones che ritengono ancora che i diritti delle persone
siano preminenti rispetto a quelli delle banche. Anche se poi – per onore di
verità – hanno votato tutte le leggi di Monti.
Perciò, mentre Berlusconi sputa su Monti,
Bersani tace per non scoprire troppo le sue intenzioni – ossia che tutto
continuerà come prima – e Scalfari da penoso è diventato vomitevole (10), quando
afferma di essere “cambiato” nei confronti di Monti (glielo avrà detto De
Benedetti?) e noi già intravediamo il nostro futuro.
Soltanto se i “contro Monti” – Lega, Grillo,
Ingroia e domani Vendola – saranno abbastanza da creare grattacapi si può
sperare qualcosa, soprattutto mettendosi in testa che non andare a votare, a
loro, non frega nulla: governerebbero col 30% dei votanti, e vi direbbero pure
che nelle “grandi democrazie” funziona così. Per loro, ovviamente.
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