Sono dovuti passare venti anni, prima che Silvio Berlusconi venisse condannato in via definitiva. Non è la fine della crisi di un paese che è considerato tra i più belli del mondo, ma la conferma di un fallimento politico ed economico.
“Guarda cosa è diventata l’Italia!”. Questa esclamazione, pronunciata a tavola durante una normale e pacata cena tra conoscenti, ricorda le solite esclamazioni nostalgiche delle persone di una certà età, che tendono a idealizzare i bei tempi della gioventù. ”Una volta la televisione trasmetteva, in prima serata, spettacoli teatrali ogni settimana e il responsabile artistico era Andrea Camilleri. Poi trasmettevano anche concerti e documentari. E adesso? La Rai non offre niente altro che pubblicità, ragazze seminude e talk show colorati da urla e liti.” La denuncia arriva dal presidente di una prestigiosa accademia del Nord Italia. La moglie gestiva una farmacia, entrambi sono benestanti, con appartamento in città, casa per il fine settimana e possibilità di viaggiare molto. Effettivamente potrebbero essere soddisfatti dei risultati raggiunti nel corso della loro vita e lamentarsi, come accade ovunque, del livello dei mezzi di comunicazione. Poi però il dirigente dell’accademia mi parla di sua figlia. Si è laureata in lettere e giurisprudenza con il massimo dei voti, ma non trova lavoro. Attualmente lavora in un call center. Se decide di prendere in affitto un appartamento di second’ordine in un triste sobborgo di Milano, il padre deve intervenire e farle da garante all’atto della firma del contratto, per una cifra esorbitante. Matrimonio? Nipoti? La figlia, dice tristemente l’uomo, si limita a scuotere il capo: non riesce nemmeno a mantenere se stessa. E’ chiaro che è lui che deve ancora mantenerla. “Presto, mia figlia compirà quaranta anni. Che razza di paese abbiamo lasciato ai nostri figli?”
Via dal paradiso
Storie simili nell’Italia di Berlusconi se ne possono raccontare a bizzeffe. Si potrebbe parlare di una ragazza di talento, con laurea in architettura di interni, che nonostante i suoi trentacinque anni vive ancora con i genitori e che, anche dopo aver inviato centinaia di domande di assunzione, non può che sperare in un lavoro come commessa in un mobilificio. O di studenti in università sovraffollate e fatiscenti che regalano al paese la più alta densità al mondo di avvocati e architetti – e allo stesso tempo uno dei più alti tassi di disoccupazione giovanile. Il figlio di un’amica ha una laurea in ingegneria, ma non vuole emigrare, e ora sta lavorando come skipper, con grande soddisfazione, in una scuola di vela per turisti . Prima di tutto – emigrare! Questa parola compare sempre più spesso nelle conversazioni sulla politica, sul lavoro, sui sistemi sociali, proprio nel paese più bello del mondo, che ha dato all’umanità l’arte più splendida, il cibo più squisito, i vestiti più eleganti, il design più raffinato. Su qualsiasi pianeta, questo paradiso dovrebbe spiccare luminoso come un faro sulla roccaforte del saper vivere, ma la gente vuole emigrare.
La famiglia è l’ultimo collante
C’è, per esempio, una coppia di sposi, li chiameremo Silvia e Paolo, che in realtà dovrebbero appartenere alla élite creativa: lei lavora come avvocato occupando un’alta posizione nella guardia di finanza, mentre lui disegna mobili, allestisce musei. Silvia non ne può più, da quando è stata trasferita in un’altra città. Lì ci sono molti finanzieri che arrotondano lo stipendio impartendo lezioni semi-legali sull’evasione fiscale a quegli imprenditori che in realtà dovrebbero controllare. Lo stesso capo-pattuglia è stato accusato di frode, ma ha goduto dell’immunità in quanto deputato di Berlusconi – e continua a detenere un certo potere sulla sua clientela. “Queste persone”, ha detto Silvia, “sono ovunque, si sono ramificate nello Stato infiltrandosi nelle istituzioni.” Chi si mette per traverso a questo flusso di soldi illegali, può andare incontro a problemi, può essere vittima di mobbing, essere trasferito d’ufficio, o trovarsi addosso una denuncia anonima. Silvia dorme poco, ma ha bisogno di tutte le sue forze per i due bambini piccoli. Paolo è ora alla ricerca di una scuola internazionale, così almeno i figli potranno coltivare il proprio talento fuori dall’Italia. Giudica l’istruzione pubblica pessima; si deve pagare da sé le lezioni di lingue straniere, la specializzazione e il soggiorno all’estero. La sua azienda se la cava ancora abbastanza bene nonostante la crisi, ma spesso deve darsi da fare per dodici ore al giorno, viaggiare molto e trovare nuovi contatti di lavoro. Tuttavia, la maggior parte degli ultimi concorsi si sono già conclusi. “La generazione dei nostri genitori”, dice Paolo, “poteva benissimo vivere con questo titolo di studio e relativa collocazione nel mondo del lavoro, potevano permettersi di comprarsi un appartamento al mare, andare al ristorante due volte alla settimana.” Lui e Silvia se la cavano appena. Ora i suoi genitori si sono ammalati, sono completamente esauriti, perché durante tutti e tre i mesi di vacanze estive hanno dovuto correre di qua e di là per andare a prendere i bambini da una famiglia all’altra, per occuparsi dei nipoti. Per quanto riguarda gli asili nido, scuole a tempo pieno, centri estivi, se la Germania si colloca ben alle spalle della Francia e della Svezia – proprio nella cattolica Italia, sembra che per le famiglie, soprattutto per le donne, le cose vadano molto peggio. è come se l’intero paese dipendesse dal denaro, dalle qualifiche, dalle case di proprietà, dalle pensioni e dall’utilizzo nel mondo del lavoro di nonni, zie, suoceri. La famiglia è l’ultimo collante.
Uno sguardo pieno di speranza al di là delle Alpi
Ci sono dei buoni motivi. Da quando il valore dell’Euro è calato, una coppia monoreddito riesce a malapena a tirare avanti. E se lavorano entrambi, resta in sospeso il problema della prole. E milioni non hanno trovato ancora lavoro, non hanno alcun appoggio, nessuna assistenza sanitaria, e un domani nessuna pensione. L’entroterra siciliano si sta spopolando, mi ha raccontato un vicino mentre prende il caffè della mattina, vogliono tutti trasferirsi in Germania lasciando il lavoro qui. E un altro si lamenta della situazione a Roma. L’amministrazione comunale di sinistra ha bisogno di quasi un miliardo di euro per pagare i funzionari, subito [in italiano nel testo ndt]. In poche parole, non hanno intenzione di risparmiare. Alla maggior parte degli italiani si illuminano gli occhi quando si parla della “Germania”. Là si che c’è lavoro, là si che lo stato funziona. Ma si fa fatica a convincerli, che in Germania non va poi così bene e non tutto è così in regola [come si pensa ndt] – e la grigia situazione che permane può deludere amaramente le aspettative degli italiani più esigenti. Comunque, a differenza della Grecia, i sentimenti antitedeschi non sono ancora radicati nelle loro menti, anche se molti politici non perdono occasione per scatenarli. Ma gli italiani sanno esattamente con quali soggetti hanno a che fare.
La crisi ha un nome: Berlusconi
Un’amica benestante scrive da settimane lettere di protesta al sindaco di sinistra di Milano, perché sono stati recentemente dimezzati i contributi comunali previsti per i servizi assistenziali destinati agli anziani più poveri della città; Milano è una delle città più care d’Europa. La nostra amica pensa indignata alla sua vecchia madre, cui non era rimasto più nulla dopo il fascismo, la fuga e i bombardamenti: “E’ tornato tutto come prima. Il nostro benessere è stato solo una bolla di sapone”. Tutti questi italiani amareggiati e disillusi sono unanimamente d’accordo : la colpa va addossata ai politici, la colpa è della” cast”, che occupa la maggioranza dei seggi in parlamento, con gli stipendi più alti, l’intreccio più tentacolare, il nepotismo più radicato. Silvio Berlusconi è solo l’incarnazione di questa crisi. Ma gli italiani lo hanno sempre rieletto – così come la sua incompetente, e non di meno corrotta opposizione [politica]. In effetti, Berlusconi ha messo insieme il suo impero fatto di imprese edili, agenzie pubblicitarie, case editrici, emittenti televisive, finanziando squallidi politici. Il suo modello, il corrotto socialista Bettino Craxi, è riuscito a sfuggire alla giustizia italiana rifugiandosi in una località balneare tunisina con un’enorme fortuna accumulata. Sul filo della legalità, spesso circondato da oscuri finanziatori, a volte grazie a modifiche legislative, spesso sotto la spada di Damocle dei processi, il figlioccio [di Craxi ndt] e padrino Berlusconi ha continuato a farla franca. Rampollo di un piccolo funzionario di banca è riuscito ad affermarsi, esponendosi in prima persona nel campo del commercio e sostenendo apertamente il principio di illegalità. Ha sbeffeggiato il malvagio stato che lo perseguita, ha promesso una vita senza tasse, senza controllori, senza rimorsi. Ed è riuscito a superare tutto ciò. Che ci siano voluti ben 20 anni prima di essere condannato in via definitiva, che nessun governo di sinistra sia riuscito a fare una legge per porre fine al suo eterno conflitto di interessi tra imprenditore e politico, che sia riuscito comunque grazie alle elezioni a mettersi al di sopra delle leggi – questo è il vero scandalo in un’Italia ormai ridotta fondamentalmente a uno stato di diritto a pezzi.
Miracolosamente senza rughe
Silvio con il suo sorriso ha conquistato almeno un terzo degli italiani. Il geniale editorialista Massimo Gramellini ha fatto il punto sulla “Stampa” di Torino sullo stanco sarcasmo della maggior parte degli italiani per le rinnovate minacce di Berlusconi: è da vent’anni che questo uomo contribuisce alla crisi di stato con i suoi sporchi affari privati. Continua a usare la tivù per rivolgersi alla popolazione, seduto davanti ad una libreria di un finto soggiorno. “I miei libri”, ha detto Gramellini, “sono impolverati e sciupati dal tempo, mentre quelli di Berlusconi sono sempre intatti, perché sono di cartone e non si tratta del suo salotto, ma sempre dello stesso studio televisivo.” In questi anni bui in cui tutti si sono ridotti male, le rughe di Berlusconi sono miracolosamente sparite, i capelli sono ricresciuti e il sorriso gli si è stampato in volto, mentre gli italiani sono sempre più corrugati dalle gravi preoccupazioni, diventano sempre più calvi e dimenticano il sorriso. Come si è arrivati a questo? Il diabolico mago Berlusconi ha semplicemente trasformato l’affascinante, a volte sfacciato anarchismo di molti italiani in un obiettivo di Stato. Il Parlamento e le elezioni erano solo un mezzo per i suoi scopi egoistici, manipolabili da colorite promesse e bugie, attraverso compravendite nelle stanze oscure del potere e con continue agevolazioni fiscali. Non ha toccato l’apparato, ha adescato deputati per il proprio tornaconto – gli immensi privilegi dei politici di sinistra e destra non sono mai stati tagliati, non è mai stato licenziato un funzionario pubblico corrotto. In caso di necessità Berlusconi ha semplicemente pagato la sua maggioranza. Molti italiani ammirano tale audacia, non si accorgono delle partite di calcio truccate, fino a quando la propria squadra vince.
Fine della Dolce Vita
E la qualità della vita di questo paese con una polizia disinvolta e un traffico un po’ caotico non sono proprio così seducenti per questa specie di nonchalance? Non si vive meglio senza la supervisione meticolosa dei cantieri e senza orologio marcatempo all’uscita delle fabbriche? Senza una giustizia inesorabile e soprattutto senza ispettori fiscali, che senza pietà incassano soldi per uno stato che alla fine non offre alcuna possibilità? Le strade italiane sono ormai a pezzi, le scuole sono degradate, le università sovraffollate, gli ospedali fatiscenti, ma i municipi e le facoltà sono piene di funzionari ben pagati, consiglieri, assessori e portaborse. Per chi fa parte di questa schiera perché parente o legato da conoscenze – e a partire dagli ex-comunisti fino agli strepitanti della Lega Nord non sono così pochi – il ventennio di Silvio è stato un periodo glorioso. Ora la festa è finita, il buffet si è svuotato. Un paese che potrebbe esportare la moda, il cibo, i mobili, i vini, ma anche le vetture da corsa, moto e apparecchi di grande diffusione per la cucina, è sull’orlo della bancarotta. Non solo Beppe Grillo crede che in autunno l’Italia non si potrà più permettere di pagare i suoi troppi impiegati statali e può solo sperare che il connazionale Mario Draghi stampi moneta a Francoforte. Ora l’Italia è uno dei Paesi più cari d’Europa, e nonostante la crisi i prezzi aumentano e di pari passo anche le tasse. Ci sarebbe bisogno non solo delle dimissioni di un Berlusconi che spunta continuamente fuori all’improvviso, ci vorrebbe una sostituzione radicale di un’intera casta di politici che per anni ha con noncuranza allevato una popolazione italiana rilassata ed anarchica. C’è da aspettarselo da un nuovo governo di centro formato da ex democristiani, rassegnati berlusconiani e cinici tecnocrati di banca? L’immagine del paese una volta paradisiaco è senza dubbio sbiadita. “Un tempo il nostro paese era così seducente. Avevamo Fellini e Visconti, Mastroianni e Strehler, Milva e l’Arte Povera. E anche se lavoravamo duramente, le nostre vite avevano sempre uno splendore di Dolce Vita.” Così dice il nostro malinconico direttore d’accademia durante una deliziosa cena in una mite serata di fine estate. Di tutta la grandezza che egli ricorda, dopo una lunga generazione perduta, è rimasta solo la fama mondiale del Belpaese. Ma ora da un televisore dimenticato sul muro gracchia la volgare canzone che parla di bunga bunga e camorra, Berlusconi e Schettino. Il telecomando per spegnerla non si trova più.