Marco Travaglio per Il Fatto
15 8 2017 - Se c' è una cosa che invidiamo, segretamente, a Francesco Merlo è la mira: per lui chi comanda è sempre bello e buono, chi non conta nulla è brutto e cattivo. Il colore dei sommersi e dei sal(i)vati non conta nulla: conta il potere. Ai tempi di Craxi, gli piaceva Craxi: "Un applauso alla fatica, al sudore, alla rabbia, quasi al dolore. Il mento di Craxi gocciola come nei versi di Palazzeschi: 'plic ploc' sulla carta" (Corriere, 28.6.1991).
Ai tempi di B., detestava i nemici di B. e amava neppur tanto segretamente Marina, "primogenita di cinque cuccioli" che "regge la Fininvest con vigore" e "le cose vanno molto bene": "i capelli giustamente li preferisce biondi" su quel "viso piccolo, un po' geometrico che vuole addolcire", ma purtroppo "una volgarità gratuita si accanisce sui suoi capelli e su di lei, sul fatto che porta i tacchi alti ed è piccolina di statura"; invece "la femminilità che vi si indovina è una grazia giovanile alla ricerca di una solidità fittizia", "e c' è l' amore protettivo per il fratello minore Pier Silvio", eppoi "le piace il giornalismo d' autore".
Insomma - concludeva il Merlo marinato - una "ragazza fragile che, come una piccola Atlante, si mette il mondo sulle spalle" (11.10.1999).
Peccato per quei brutti oppositori che, come Luigi Pintor sul manifesto, invitavano gli italiani a rimandare al mittente Una storia italiana, il fotoromanzo autoagiografico spedito in 12 milioni di copie dal Cavaliere: "Un uomo colto che manda indietro un libro è come una donna che manda indietro i fiori Se il libro è la più alta forma della civiltà politica, come si può dichiarare guerra a un libro, invitare a non leggerlo? Berlusconi sperava solo nella provocazione. Come Luttazzi, contava sulla reazione indignata". Il censore e il censurato sullo stesso piano, infatti respingere il fotoromanzo era "una reazione khomeinista e talebana" (13.4.2001).
Nacque così il Merlusconi, che parlava come Silvio, anche quando passò a Repubblica: "La cultura di sinistra, nei suoi anni postcomunisti, ha prodotto il giustizialismo, il moralismo, la subordinazione all' etica dell' economia e della politica, lo statalismo e l' assistenzialismo" (17.6.2005). Nel 2011 ecco Monti e Merlo dietro: "Con l' inedito 'chiamatemi agenda', che è il tempo del dovere, Monti diventa il gerundio d' Italia con la veste sobria e rigorosa della virtù l' insicuro sicuro di sé che sale in campo per scendere in campo rivela l' efficienza e la disciplina del servitore dello Stato La conferenza stampa ha avuto più eco di quanta in Inghilterra un discorso della regina incontro con i giornalisti magnifico, ordinato e appassionato".
Praticamente un' autobiografia preventiva. Poi, alla vigilia della sconfitta referendaria del 4 dicembre, Merlo volò via dal Titanic che affondava senza lasciare gran traccia di sé, avendo scoperto con gran prontezza di riflessi che la politica interferiva ancora (l' avreste mai detto?).
Nacque il governo Gentiloni.
E noi pensammo subito che l' anti-Renzi piacesse a Merlo almeno quanto Renzi. Invece i mesi passavano e lui ci lasciava orbi dell' usuale incenso sul premier pro tempore. Temevamo avesse perso la lingua o rinunciato a completare l' album delle figurine. Invece ieri, con 8 mesi di ritardo sulla tabella di marcia, ha ipersalivato da par suo per un' intera pagina sull'"Invisibile Gentiloni, il grigio anti-leader che piace all' Italia stufa degli eccessi". "Rassicurante e affidabile, Gentiloni può davvero farcela", perché "con l' esempio mette in dubbio che il modello vincente debba essere quello del piacione, del gradasso, del Brancaleone".
Ah, quella "rassicurante normalità", perfetta per "la voglia di normalità degli italiani"! Basta con "carismi, paternalismi, divismi" e quelle "famiglie invadenti ed esagerate fatte di 'mammeta, pateto, frateto e sorete', di conflitti di interesse, sesso e banche". Allusione pornosoft agli scandali Renzi-Consip e Boschi-Etruria.
Che poi è quello che diciamo anche noi, ma da sempre, senz' aspettare il disastro referendario.
Merlo invece all' inizio stravedeva per le caratteristiche renziane opposte a quelle che ora esalta in Gentiloni: "L' ambizione esibita è la facoltà migliore di Renzi Anche Spadolini fu toscanaccio come lo è Matteo e non toscanuccio come Letta" (15.2.2014).
Quando Matteo salì al Colle da Re Giorgio, perse la testa: "Mogherini, Boschi, Madia, Guidi, Lanzetta e Pinotti sono la dolcezza della gens nova rassicuranti e pacificanti custodi dell' irruenza del capo Renzi ha imposto al passo lento di Napolitano il suo peso di libertà a volte baldanzosa e a volte birichina l' allegria del rilassamento, l' evviva del dopo-partita, la felicità della vittoria è rimasto l' attor giovane con il bellissimo torto di prendersi il futuro Il vecchio e il giovane, appaiando la spada che ferisce e separa con la spada che cuce e ripara hanno tenuto a battesimo la nuova classe dirigente" (22.2.2014).
Poi bastò che l' iperpresenzialista Re Giorgio abdicasse perché la lingua del Merlo si posasse rapita sull' iperassenteista Mattarella, "vedovo dolente e creativo tragico e superbo che brancatianamente vede il nero anche nel sole Sono così i siciliani muti, nodosi, solitari, sobri, schivi e diffidenti Il suo colore è il celeste, che può essere raccontato come un blu stinto, un blu indebolito, il gozzaniano 'azzurro di stoviglia' oppure come il cielo: ed è vaniglia la sua personalità: dolciastra indecisione o sobrietà e festa di nuances?". Ah saperlo.
Di certo "è un umbratile e sensibile siciliano fenicio" (31.1.2015): non un siciliano sumero o assiro-babilonese: fenicio.
Poi bastò che Matteo perdesse il referendum e il governo perché Merlo ne scrivesse tutto ciò che gli era rimasto fin lì nella penna: un "bullo bellimbusto", "pacchiano", "un potente spavaldo che si è gonfiato di boria", "l' uomo che non può che farsi scarafaggio" (8.12.2016). E ora, mentre Matteo rosica per la discesa dal carro dei leccaculi, Merlo slurpa San Paolo: "Discrezione e misura persino nelle foto al mare, con un lungo costume rosso che è il costume dell' italiano qualunque E quando torna dalla montagna, che è il suo ambiente operoso, organizza la cena dei Würstel che solo a noi, che li troviamo dozzinali, paiono tutti uguali" (invece, chez Paolo, non ce n' è uno uguale all' altro). E poi la "monogamia", "valore che in Italia è diventato di sinistra contro i disordini della destra (Berlusconi, Fini, Casini, Grillo, Bossi, Salvini)", tutti poligami.
Gentiloni no: lui solo "Manuela Mauro che, da quando il marito è al governo ha quasi smesso di lavorare. Gira ancora in motorino e si occupa con grande attenzione della mamma", mica come quei poligami di destra che la mamma l' ammazzano a mani nude; "affronta i vertici internazionali senza rinunciare ai pantaloni" (il marito invece è sempre in costume rosso); e "vorrebbe che non si scrivesse neppure il suo nome di battesimo".
Ma l' intrepido Merlo lo scrive lo stesso. Paolo il monogamo ha "la lentezza dell' Adagio di Albinoni, e il sorriso dolente della ragion di Stato", ma alieno da "una delle più vili e veloci abitudini nazionali: il voltafaccia" (notoriamente ignoto al Merlo). Ecco a voi "l' italiano che può salvare la patria senza essere il salvatore della patria".
E noi al posto di Gentiloni, visti i precedenti, una grattatina ce la daremmo.
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